L’uomo nasce buono o cattivo? Una risposta ebraica

Riportiamo per i nostri lettori un brano del libro Kedusha Vi’teva di Rabbi Oury Cherki, in cui si affronta il tema della natura umana e dello yetzer harà’ (l’istinto del male o “cattiva inclinazione”).

Jean-Jacques Rousseau, il filosofo francofono del XVIII secolo, sosteneva che l’uomo nasca fondamentalmente buono e che sia la società a renderlo malvagio. Egli coniò persino un termine per descrivere questo concetto: il “buon selvaggio”.

Rousseau credeva che i nativi americani e i membri delle tribù africane fossero persone migliori rispetto agli abitanti delle città europee urbanizzate, poiché la civiltà non li aveva ancora raggiunti, e dunque tra loro non si trovavano gelosia, inganni, atti di distruzione e altri elementi negativi.

Su questa base, Rousseau scrisse un libro ottimista in cui descriveva la maniera ideale di educare i bambini. Egli stesso, tuttavia, fallì miseramente come educatore dei propri figli, finendo per abbandonarli uno per uno in orfanotrofio. Tuttavia, in senso teorico, egli sosteneva una visione positiva, secondo cui la natura umana è fondamentalmente buona.

D’altra parte, troviamo anche coloro che affermano che l’uomo sia fondamentalmente malvagio, indomabile per natura. Ciò è scritto nel libro di Giobbe (11:12): “L’uomo nasce come un puledro d’asino selvatico”, ed era anche il punto di vista di Plauto, l’autore romano, che coniò la frase homo homini lupus est (cioè “l’uomo è un lupo per l’uomo”).

Questa opinione sostiene che, per l’essere umano, l’unica speranza di miglioramento risieda necessariamente nei valori imposti dalla società.

Sigmund Freud descrisse il processo di rettifica in modo più dettagliato: l’uomo nasce con desideri inconsci e sfrenati di omicidio e lussuria; ma la società, reprimendo tali impulsi primordiali – attraverso la punizione, la paura, la delegittimazione e i codici comportamentali rigidi – li tramuta in una forma più civilizzata.

Secondo Freud, quindi, i valori morali non si trovano nelle profondità dell’anima umana, ma sono il risultato della coercizione sociale, proprio l’esatto opposto della prospettiva di Rousseau.

Un terzo punto di vista, comune tra gli psicologi contemporanei, è quello secondo cui l’uomo non è fondamentalmente buono né cattivo; piuttosto, è una tabula rasa, e ciò che vi viene scritto determinerà ciò che egli sarà nella sua vita.

La quarta opinione è quella dei Saggi dell’Ebraismo, i quali affermano che l’uomo è sia fondamentalmente buono sia fondamentalmente malvagio. Come riportato nel trattato Berakhot (61a):

“Rav Nachman disse a nome di Rav Chisda: Perché, nel passo biblico “E Dio formò l’uomo…” (Genesi 2:7), la parola “formò” (וַיִּיצֶר – vayitzer) è scritta con due lettere Yud? Poiché Dio creò l’uomo con due inclinazioni: una per il bene e una per il male. [Nota: la parola vayitzer, “formò”, ha la stessa radice della parola yetzer, “inclinazione” o “desiderio”]. Perché allora la lettera Yud compare due volte nel passo relativo alla creazione dell’uomo, ma solo una volta nel passo relativo alla creazione degli animali? Ciò è per alludere alle due inclinazioni con cui l’uomo fu creato: una per il bene e una per il male”.

Secondo i Saggi, entrambe le inclinazioni sono innate e fondamentali nella natura umana, e nessuna delle due proviene da una fonte esterna. L’uomo non può liberarsi delle pulsioni basse presenti nella propria anima sostenendo che esse siano entità estranee. D’altra parte, non si può nemmeno affermare che le aspirazioni al bene siano soltanto il frutto dell’educazione o della cultura.

Questa comprensione – che entrambe le inclinazioni siano intrinseche all’essere umano – è rassicurante. Quando un individuo morale riflette sulle forze degradanti che sono presenti nella propria anima, può spaventarsi e cadere nell’ansia. Ma i Saggi sembrano dirgli: “Rilassati, Dio ti ha fatto così, con impulsi contrastanti dentro di te, ed è così che dovevi essere. Non devi seguire le pulsioni basse, ma esse fanno parte di te in modo naturale“.

A questo punto si può notare una differenza notevole tra la posizione dei Saggi d’Israele e quella del Cristianesimo. La visione cristiana considera le inclinazioni basse come una maledizione, conseguenza del peccato originale, e dunque l’uomo, in quanto tale, non potrà mai essere veramente gradito a Dio. Al contrario, secondo i Saggi ebrei, questa era l’intenzione originale e ideale di Dio già nella Creazione.

Perciò, l’uomo, con tutte le sue inclinazioni, è accolto da Dio. La visione dei Saggi ci libera inoltre dal senso di colpa legato agli impulsi carnali: se l’uomo è stato creato in questo modo, non deve provare vergogna o sensi di colpa per la propria natura. […]

Rav Avraham Yitzhak Hacohen Kook insegnava che il desiderio del male è necessario affinché una persona abbia una personalità equilibrata; in altre parole, esso fa parte della salute mentale dell’individuo. Il semplice fatto di desiderare di mangiare, ad esempio, non è qualcosa di malvagio: si tratta di un’inclinazione naturale, ed è giusto che una persona desideri soddisfare tali impulsi.

Detto ciò, l’amore per questo mondo può facilmente condurre al peccato, ovvero a un eccesso che oltrepassa i confini morali, ed è per questa ragione che si parla di “inclinazione al male”.

Una persona sana nasce con un forte amore per la vita terrena, ma se lascia che sia questo amore a guidarla, inevitabilmente andrà fuori equilibrio e compirà azioni malvagie. Questa distinzione è di importanza essenziale: le inclinazioni, di per sé, sono positive; ma le azioni malvagie restano malvagie.

Anche su questo punto i primi cristiani abbandonarono la via tracciata dai Saggi ebrei. Essi vedevano l’attrazione dell’uomo verso il mondo materiale come un vero e proprio disastro esistenziale.

Paolo di Tarso afferma infatti che il desiderio del male è un demone presente nell’uomo, “una spina nella carne”, e che ciò rende impossibile ottenere la redenzione con le proprie forze. È dunque necessario per l’uomo aspettare un intervento divino per poter essere salvato. Tale visione del mondo è intrinsecamente pessimista, e alla lunga conduce al disprezzo per questo mondo.

I Saggi, al contrario, insegnano all’uomo a stipulare un patto tra il desiderio del bene e quello del male, affinché si bilancino a vicenda. Commentando il versetto “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua forza” (Deuteronomio 6:5), essi spiegano (in Berakhot 54a): “Con tutto il tuo cuore – cioè con entrambe le tue inclinazioni, l’inclinazione al bene e quella al male.”

L’uomo deve perciò servire Dio con entrambe le sue inclinazioni, perché se lo facesse solo con una, perderebbe il proprio equilibrio spirituale.

6 commenti

  1. Interessante argomento. Le scoperte delle neuroscienze dimostrano che il cervello umano è una combinazione di bene e di male, che sono proprietà innate stampate nei geni. Tuttavia la differenza la fanno i neuroni, la famiglia. l’ambiente, le esperienze personali e gli esempi che provengono dalla società, dalla televisione e da internet ecc…Il problema del male è in verità una sfida alla ragione. Il perché del male è un mistero ed è noto solo a Dio. Comunque la mia visione su questo argomento lascia spazio al libero arbitrio, ma secondo me, bisogna riconoscere che alcune persone possano partire con una tendenza più marcata verso il male fin dalla nascita.

  2. E sono d’accordo con il redattore che l’uomo deve perciò servire Dio con entrambe le sue inclinazioni, perché se lo facesse solo con una, perderebbe il proprio equilibrio spirituale. Verissimo!

  3. E bravo, hai bannato il mio commento stavolta.

    Ma servire Dio con l’inclinazione al male è una grande contraddizione, un ossimoro. Una grande confusione proprio dopo aver mangiato di quell’albero dove bene e male sono confusi

  4. basterebbe leggere e tenere a mente sempre la Genesi.. (cap. 8):
    – il cuore dell’ uomo è inclene al Male sin dalla sua adolescenza… Una verità confermata da secoli, secoli e secoli !!!

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