La venuta del Messia è da sempre intesa come un evento di portata globale. Ma quale funzione può essere attribuita alle nazioni non ebraiche nel contesto della Redenzione? Che tipo di futuro attende il genere umano secondo la fede ebraica?

La venuta del Messia è da sempre intesa come un evento di portata globale. Ma quale funzione può essere attribuita alle nazioni non ebraiche nel contesto della Redenzione? Che tipo di futuro attende il genere umano secondo la fede ebraica?
Tempo fa vi abbiamo parlato di Brit Shalom (“Patto di Pace”), l’opera scritta da Rabbi Oury Cherki allo scopo di offrire a chi non è Ebreo una guida pratica per vivere secondo i principi morali universali della Torah, pur senza convertirsi all’Ebraismo.
Terzo appuntamento con i nostri “Percorsi della Torah”. Questa volta si parlerà dei sette precetti noachidi, i sette principi di moralità universale che la tradizione ebraica ritiene vincolanti per l’intero genere umano.
Fornire a chi non è Ebreo una guida pratica per imparare a vivere seguendo i precetti universali della Torah, senza convertirsi all’Ebraismo. Con quest’obiettivo è stata realizzata l’opera Brit Shalom (“patto di pace”), il nuovo libro del rabbino Oury Cherki
Uno degli aspetti più significativi della Torah è l’enfasi che essa pone sull’amore e sulla protezione rivolti al gher, lo straniero.
L’importanza attribuita al trattamento degli stranieri da parte degli Israeliti è immensa. Essa deriva da ciò che gli Israeliti stessi dovevano aver appreso dalla loro esperienza di esilio e sofferenza in Egitto.
Nel Talmud e nel Midrash gli antichi Maestri fanno derivare, in modo alquanto curioso, tutti i sette precetti noachidi da un unico verso biblico, cioè da Genesi 2:16, che contiene il comando rivolto da Dio all’uomo nel Giardino dell’Eden.