Quello che non vi hanno mai detto su Adamo ed Eva

GanEden

E il Signore Dio piantò un giardino in Eden, ad oriente, e vi pose l’uomo che aveva formato. E il Signore Dio fece spuntare dal suolo ogni sorta di alberi piacevoli a vedersi e i cui frutti erano buoni da mangiare. In mezzo al giardino vi erano anche l’albero della vita e l’albero della conoscenza del bene e del male (Genesi 2:8-9).

La vicenda di Adamo ed Eva è considerata una storia notissima, come le favole che tutti abbiamo ascoltato fin da piccoli e che ci appaiono perciò banali e persino irrilevanti. Ma cosa sappiamo veramente di questo racconto?

Molti sarebbero sorpresi nel constatare che il testo della Genesi non parla affatto di una mela, del diavolo, del “peccato originale” e neppure della corruzione della natura umana. Numerosi elementi associati al racconto dell’Eden provengono in realtà da varie tradizioni e da culture differenti che spesso costituiscono un ostacolo alla comprensione della storia biblica e del suo messaggio originale. Cerchiamo allora di accostarci al misterioso giardino e ai suoi abitanti primordiali nel tentativo di apprendere ciò che la Torah intende davvero trasmettere ai suoi lettori.

La struttura

Il testo si presenta come un perfetto esempio di chiasmo biblico, una struttura simmetrica in cui ogni sequenza del racconto ha un suo parallelo posto in posizione speculare.

adam

Come si può notare dallo schema qui riportato, il centro del racconto è occupato dalla vicenda del peccato della prima coppia. È infatti proprio il peccato a creare una sorta di “inversione” nella storia, che si riflette sia nella narrazione che nella struttura letteraria. Il testo appare quindi diviso in due parti simmetriche, di cui la seconda è il capovolgimento della prima. La costruzione dell’impianto narrativo, evidenziata dallo schema, ci porta già a comprendere l’unità e la coerenza del racconto e ad apprezzarne la complessità.

Realtà o allegoria?

All’interno dell’Ebraismo, questa storia è stata interpretata nei modi più diversi.
Gli antichi Midrashim hanno cercato in ogni singola parola del testo insegnamenti morali di grande importanza, e la Kabbalah ha caricato il racconto di innumerevoli elementi mistici e concetti spirituali. Nel XV secolo, confrontandosi con gli autori precedenti e contemporanei, Isaac Abravanel faceva il punto della situazione:

“Alcuni commentatori interpretano questa sezione secondo il significato semplice del testo. Rashi e Ramban (Nachmanide) scelgono questa via, e anche Ibn Ezra segue questo approccio, poiché asserisce che tutti gli eventi del racconto siano accaduti nel modo in cui sono narrati. Un altro approccio sostiene che la storia non debba essere intesa letteralmente, e che essa non sia realmente accaduta, poiché si tratta di una parabola o di un’allegoria. Questa è l’interpretazione di Rambam (Maimonide), ed in verità è anche quella seguita segretamente da Ibn Ezra. Ralbag, nel suo Commentario alla Torah, sceglie anch’egli questa via. […] Le varie difficoltà riscontrate da Rabbeinu Nissim lo hanno spinto a non commentare questa sezione, poiché egli non ha avuto la forza di contendere con i suoi colleghi nella spiegazione allegorica, e non è stato capace di interpretare il significato letterale. Perciò egli ha deciso di rimanere in silenzio sulla questione”.

L’interpretazione che ha influenzato fortemente la cultura occidentale negli ultimi duemila anni è senza dubbio quella imposta dal Cristianesimo, secondo cui il peccato di Adamo ed Eva avrebbe provocato la “caduta dell’uomo dalla Grazia“, corrompendo così la natura umana e rendendo necessaria la venuta di un redentore per poter ottenere la salvezza dell’anima. Anche se oggi la Chiesa Cattolica sostiene che i primi capitoli della Genesi siano stati composti in un “linguaggio di immagini”, e che non siano di natura puramente storica, la dottrina del peccato originale ha mantenuto il suo ruolo centrale.

In ambito ebraico, l’idea che l’anima umana sia stata macchiata a causa del peccato della prima coppia viene da sempre rigettata. Rabbi Samson Raphael Hirsch definisce il peccato originale “una menzogna sconsolante che compromette il futuro morale dell’umanità” (Commentario a Bereshit 3:19).

Le scoperte scientifiche degli ultimi secoli sull’origine della specie umana e sullo sviluppo della civiltà, rigettate e contestate in molti ambienti religiosi, hanno fatto sì che la storia di Adamo ed Eva sia spesso divenuta oggetto di disprezzo e di derisione da parte di coloro che la vedono come un mito infantile incompatibile con le conoscenze odierne. Contro questo atteggiamento superficiale, alcuni autori, sia Ebrei che Cristiani, hanno affermato che il racconto della Creazione e quello del Giardino dell’Eden siano da interpretare in maniera non letterale e che in essi si nascondano metafore e insegnamenti elevati.

Ma il desiderio di riuscire a riconciliare la Bibbia con le moderne teorie scientifiche non basta per farci ritenere questa narrazione un’allegoria. Una simile pretesa necessita di essere dimostrata attraverso uno studio obiettivo del Libro della Genesi, senza cedere al semplice bisogno di accordare la fede con la ragione.
All’interno del testo, in effetti, si possono rintracciare alcuni indizi a favore dell’ipotesi che il racconto non sia da interpretare alla lettera:

1) I nomi dei protagonisti si addicono più a personificazioni allegoriche che a personaggi reali. Adam significa infatti “Umano”, mentre la donna è chiamata Ishah, che significa appunto “Donna”, finché in seguito le viene dato il nome di Chavah (Eva) in quanto ella è la “madre di tutti i viventi (chayim)”.

2) Il racconto è pieno di elementi favolistici insoliti: un giardino soprannaturale in cui la conoscenza e la vita eterna crescono sugli alberi, un serpente parlante, la donna tratta dal corpo dell’uomo e tanti altri.

3) Se interpretiamo il racconto alla lettera, la punizione che Dio infligge alla prima coppia umana ci appare inappropriata e terribilmente severa in rapporto al lieve peccato commesso. Questo problema ci stimola a ricercare significati metaforici che chiariscano la relazione tra il frutto proibito, l’espulsione dal Giardino e la morte.

4) Dio viene descritto in termini antropomorfi e materiali particolarmente eloquenti. Egli plasma l’uomo dalla polvere della terra, gli infonde un respiro vitale, lo sottopone a una sorta di “operazione chirurgica”, passeggia nel Giardino e veste Adamo ed Eva con delle tuniche. Dal momento che la Bibbia rifiuta di associare il Creatore ad una forma fisica, tutti questi particolari risultano più idonei a una parabola che a una storia da intendere letteralmente.

Come interpretare il testo

A prescindere dalla questione della storicità, ciò che risulta davvero fondamentale è cercare di comprendere il messaggio del racconto dell’Eden, l’insegnamento che esso vuole comunicarci attraverso una vicenda che può apparire semplice, ma che in realtà è piena di dettagli enigmatici, espressioni oscure e immagini da decifrare.

Innanzitutto, che cosa rappresenta l’albero della conoscenza del bene e del male (etz hadaat tov varà)?

Secondo un’interpretazione un po’ maliziosa, esso non sarebbe altro che la scoperta della forma più completa di “conoscenza”, cioè il rapporto sessuale. Nachmanide afferma invece che tale conoscenza sia da identificare nel libero arbitrio, ma Abravanel osserva che ciò è impossibile, poiché “un comandamento si applica solo a chi ha la possibilità di scegliere”, e dunque l’uomo doveva necessariamente possedere il libero arbitrio fin dal principio.

Ma lasciamo da parte ogni divagazione psicanalitica e filosofica, e chiediamoci semplicemente che cosa sia la conoscenza del bene e del male nel linguaggio strettamente biblico.

Nel Deuteronomio, in riferimento ai bambini del popolo d’Israele, il testo dichiara: “I vostri figli, che oggi non conoscono né il bene né il male (Deuteronomio 1:39).

Nel Libro dei Re, il giovane Salomone afferma davanti a Dio: “Io sono solo un fanciullo e non so come comportarmi […] Concedi dunque al tuo servo un cuore intelligente, perché possa amministrare la giustizia per il tuo popolo e discernere il bene dal male (1 Re 3:7-9).

Isaia, parlando del bambino chiamato Imanuel, profetizza dicendo: “Prima che il fanciullo sappia rigettare il male e scegliere il bene, il paese che temi a motivo dei suoi re sarà abbandonato” (Isaia 7:15).

Dunque, secondo la Bibbia ebraica, la conoscenza del bene e del male è ciò che manca ai bambini, la maturità che consente agli uomini di effettuare delle scelte in modo consapevole. La chiave per decodificare il racconto è nascosta proprio in questo concetto.

Se leggiamo il brano con attenzione, ci accorgiamo che in esso si trovano continui richiami al mondo incantato e illusorio dell’infanzia. L’essere umano è posto in un ambiente puro e protetto in cui tutte le sue necessità vengono soddisfatte. A causa della sua ingenuità primordiale, egli non prova vergogna pur essendo nudo. Non conosce il pudore e la malizia. Il rapporto con la natura è sereno e diretto. Dio, il genitore premuroso, fa sì che al proprio figlio non manchi nulla, ma impone anche una semplice regola. L’uomo, non avendo ancora una coscienza morale, capisce di dover rispettare questa regola solo per evitare di incorrere nel castigo, proprio come un bambino.

Dio ha stabilito anche dei doveri per l’essere umano: occuparsi del giardino e custodirlo (Genesi 2:15). In realtà, tuttavia, il testo ci lascia intendere che non ci fosse molto lavoro da fare, dato che l’Eden si irrigava da solo. Dio si comporta quindi come un genitore che chiede al figlio di tenere in ordine la propria stanza.

Un cambiamento significativo avviene nel momento in cui Adamo si rende conto di non essere solo. Esiste un altro sesso, un altro “lato” dell’esistenza umana: il termine tzela, spesso tradotto con “costola”, significa principalmente “lato”.

In questo paradiso infantile in cui il tempo appare eterno, si insinua però una figura negativa: il serpente (nachash). Nel Midrash, i Maestri spiegano che questo personaggio rappresenta lo yetzer harah, l’istinto del male, che nel contesto del racconto è il desiderio che induce a seguire i propri impulsi e a mettere in discussione i limiti imposti dall’autorità paterna. Il dialogo tra Eva e il serpente ha infatti tutte le caratteristiche di un vero monologo interiore.

Dopo aver ceduto alla tentazione, l’innocenza e l’ingenuità scompaiono: “Allora si aprirono gli occhi di ambedue ed essi si accorsero di essere nudi” (Genesi 3:7). Rabbi Mordecai Breuer spiega:

“Il lento sviluppo che ogni individuo attraversa gradualmente, cadde su Adamo in un solo istante. Un momento prima egli era perfetto e innocente, puro come un bambino, ed ora è già diventato un adulto. Egli acquisì tutto ciò che il mondo degli adulti ha di buono, ma anche tutte le parti negative: il dissidio, la vergogna e il peccato” (R. Mordecai Breuer, Pirkei Mo’adot I, p. 113).

Dopo il peccato, la natura umana non è degenerata; anzi, essa ha acquisito virtù superiori. La conoscenza del bene e del male ha reso Adamo ed Eva “simili a Dio” e diversi dagli animali (Genesi 3:4; 3:22).
Una domanda sorge spontanea: Dio voleva davvero privare l’umanità della conoscenza del bene e del male? Non era forse il proposito iniziale del Creatore quello di rendere l’uomo a Sua immagine e somiglianza?

Secondo il Midrash (Bereshit Rabbah) il peccato di Adamo non è stato un incidente di percorso, bensì qualcosa di inevitabile, un evento già previsto fin dall’inizio. Non è un caso che la Torah ci dica che l’albero della conoscenza si trovava al centro del giardino (Genesi 2:9). In altre parole, tutte le strade conducevano ad esso. Adamo ed Eva non avrebbero potuto ignorarlo. Forse la maturazione di cui l’uomo aveva bisogno poteva essere ottenuta solo a causa della trasgressione di una norma. Sappiamo infatti che la crescita psicologica dell’individuo passa inevitabilmente attraverso una temporanea messa in discussione dell’autorità paterna.

Con la fine dell’infanzia, gli esseri umani devono iniziare ad affrontare la durezza della vita, la fatica, la realtà ostile che li circonda. Si esce dal paradiso incantato per entrare in un mondo più aspro e concreto, e si acquisisce così anche l’idea della morte, sconosciuta ai bambini e agli animali: “Finché tu ritorni alla terra perché da essa fosti tratto; poiché tu sei polvere, e in polvere ritornerai” (Genesi 3:19).

La donna diviene portatrice di vita (Genesi 3:20), ma da ciò consegue inevitabilmente il dover fare i conti con i dolori della gravidanza (Genesi 3:16). Quelle che nel racconto biblico sono presentate come condanne inflitte da Dio, nella realtà sono aspetti importanti della condizione umana di cui si prende coscienza attraverso la maturazione.

Nonostante la disobbedienza, Dio non abbandona i suoi figli e non li priva della sua misericordia. Al contrario, prima di lasciarli andare per la loro strada, Egli compie per Adam e Chavah un gesto d’amore: “Poi il Signore Dio fece all’uomo e a sua moglie delle tuniche di pelle e li vestì” (Genesi 3:21).

In questa riflessione non possiamo tralasciare la condanna riservata al serpente:
E il Signore Dio disse al serpente: «Poiché hai fatto questo, sii maledetto fra tutto il bestiame e fra tutte le fiere dei campi! Tu camminerai sul tuo ventre e mangerai polvere tutti i giorni della tua vita» (Genesi 3:14).

Leggendo questo verso, è facile cadere nell’errore di credere di trovarci davanti a un mito sull’origine della particolare anatomia dei serpenti. Ma un’interpretazione così semplicistica non sembra pertinente a quanto abbiamo compreso fino ad ora. Un mito di questo genere, inoltre, si avvicinerebbe più alla cultura greca che a quella semitica.

Se il racconto è allegorico, allora il giardino non è un luogo fisico, gli alberi rappresentano concetti astratti, e dunque anche il serpente non è un vero serpente. Del resto, come è stato osservato, i Maestri hanno sempre identificato il viscido tentatore con l’istinto del male. È quindi plausibile che il testo voglia insegnarci che chi cede alle proprie pulsioni carnali “cammina sul proprio ventre”, cioè finisce per essere dominato dai suoi appetiti. L’istinto del male ci appare astuto (Genesi 3:1), ma chi segue la sua via incontra miseria e insoddisfazione, come “mangiare la polvere”.

La maledizione prosegue: “Io porrò inimicizia fra te e la donna e fra la tua discendenza e la discendenza di lei; essa ti schiaccerà il capo, e tu ferirai il suo calcagno” (Genesi 3:15).
In tutta la sua lunga storia, l’umanità è chiamata ad affrontare una lotta contro le proprie tendenze animalesche ed egoistiche. Il serpente deve essere schiacciato, nonostante abbia il potere di ferirci. Il Cristianesimo ha frainteso questo verso interpretandolo come la promessa della venuta di un redentore capace di sconfiggere il peccato, mentre di fatto esso esprime un dovere che riguarda “la discendenza della donna“, ovvero l’intera razza umana.

Se tutto ciò che abbiamo affermato fosse corretto, il racconto del Giardino dell’Eden sarebbe da interpretare come una parabola che descrive la condizione dell’umanità e la perdita dell’innocenza infantile. La storia di Adamo ed Eva non sarebbe una vicenda limitata a due individui del passato, ma una rappresentazione di ciò che accade in ogni epoca a ciascuno di noi. Tutto ciò priverebbe forse i primi capitoli della Genesi della loro validità? E quali sarebbero le conseguenze per le religioni che dichiarano di basarsi sul testo biblico? Lasciamo che ognuno formuli le proprie risposte.

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44 commenti

  1. Mio caro redattore ci sono spunti e riflessioni interessanti nel suo articolo, ma non essendo molto rispettoso del testo, inevitabilmente cade in contraddizioni logiche. L’albero della conoscenza non era posto al centro del giardino, ma è Eva che fa confusione, cosi come aveva aggiunto un comando che Dio non aveva dato, quello di non toccare l’albero. I rabbini dicono che il comando originario Dio l’aveva dato ad adamo che poi lo ha riferito ad eva, ed in questo passaggio vi deve essere stato un errore di trasmissione ed interpretazione, e cosi eva si è fatta ingannare. Scherzando mi verrebbe da dire che i primi esseri umani che hanno interpretato e trasmesso la parola di dio, hanno fatto un gran pasticcio, e se il loro nome indica tutto il genere umano nella sua evoluzione storica, siamo belli che fritti. Chissà se forse è per questo che i profeti dicono che un giorno tutti saranno ammestrati dal Signore…….
    Cmq per venire a noi, ci sono tante domande da porsi prima di poter trovare la soluzione, e la più importante è domandarsi perchè mai erano posti sullo stesso albero bene e male, confusi e mischiati insieme, Il processo di creazione è un processo di separazione, e il signore tutto separa,ma solo il bene e il male non ha separato. La sapienza è l’arte del discernimento del bene e del male, allontanarsi dal male e scegliere e fare il bene, ma perché mai il signore ha detto che se avrebbe mangiato di quell’albero certamente ne sarebbe morto? coem si fa a separarlo se prima non lo conosciamo? Certamente ha detto, ed è inutile fare sofismi o arrampicarsi sugli specchi, perché se non prendiamo sul serio questa sua parola ed eludiamo il suo primo ed unico comando che ci ha dato, viengono meno tutti gli altri. Se ne mangi certamente morirai, mentre il satan disse l’opposto, non morirai affatto, anzi diventarai come dio conoscendo il bene ed il male aggiunse, e cosi mangiarono, diventando adulti e finalmente uomini dice qualcuno. Chi trova un amico trova un tesoro è scritto nella bibbia, ed è come se dio li avesse messi alla prova ed il satan li aveva aiutati a superare la prova, rivelandolgi quello che anche dio sapeva. Dio ama farsi vincere da coloro che egli ama, dice un detto rabbinico, ma in questo episodio è molto diffcile poter scoprire e capire chi ha effettivamente vinto e perso. Con il suo atto conquista la libertà adamo dice qualcuno, ma se aveva mangiato, vuol dire che a differenza degli animali era già libero prima del peccato e forse la libertà l’ha persa più che conquistala, perchè toccherà al signore liberarlo poi dall’egitto, e se qualcuno ritiene che solo peccando diventa uomo, in base al racconto non sembra affatto che prima era un animale, ma anzi conversando e passaggiando con dio magari era coem un dio, o semplicemente dire che uomo lo divenne quando conobbe eva, e che è animale è molto più facile che lo diventa dopo il peccato, dopo aver consociuto il bene ed il male come ci dimostra la storia. Ci sono molte contraddizioni logche nel testo biblico, insanabili si potrebbe dire, e tutte le scritture si avviluppanoin questa contraddizione, ed anche il pesniero cristiano cade in contraddizoni. Dio si è fatto uomo affinchè l’uomo si faccia dio dicono, ma perchè mai allora l’ha scacciato dal paradiso proprio quando voleva diventare come Dio ? Il Signore ha previsto ogni cosa nella sua prescienza, ha quasi costretto adamo a peccare, e poi viene detto che lui non ha dato a nessuno il permesso di peccare, e mai nessuna parola può venire meno. certamente ne morirai e se adamo non morrà sembra che debba ringraziareil il satan perchè ha vinto contro dio. E’ pieno di contraddizioni il testo, ma in realtà, per dogma di fede o meno, non ci può mai essere nessuna contraddizione in dio. Sia confuso chi tradisce per un nulla dice davide, e lei lo sa che il signore ama farsi beffa e burlarsi della sapienza ed inteligenza umana. E’ un meraviglioso gioco di parole il racconto del peccato, perchè con le parole dio ha creato il mondo, ed è un meraviglioso gioco di logica che forse solo i bambini posso risolvere, perché mosè ricordò che i bambini che non conoscevano il bene ed il male sarebbero passati a corna ed entrati nella terra promessa , ma non loro perchè erano stati presuntuosi. Se vuole mi piacerebbe discutere con lei , o darle solo delle piccoli indicazioni per poter risolvere il dilemma affinchè poi ci arrivi logicamente da solo.
    saluti

    1. Caro anonimo,
      Sono contento di ricevere commenti da parte tua (possiamo darci del tu se per te va bene), ma se vuoi iniziare una discussione esegetica è necessario che i tuoi messaggi siano un po’ meno dispersivi e più chiari, a beneficio nostro e dei visitatori che ci leggeranno, altrimenti per me è difficile ricostruire il pensiero dietro i tuoi (pur apprezzabili) interventi.
      Per quanto riguarda questo articolo, non mi pare di essere stato poco rispettoso del testo. Che entrambi gli alberi si trovassero nel mezzo del giardino (betokh haGan) è spiegato in maniera convincente nel Commentario di Umberto Cassuto, sulla base di un’analisi accurata del testo ebraico.
      Sul fatto che il ruolo di Dio nel racconto di Genesi 2-3 sia meno semplice e lineare di quanto spesso si crede, sono assolutamente d’accordo. Considera che questo articolo contiene solo spunti e accenni di interpretazione: Al libro di Genesi, e in particolare a questo racconto, “Sguardo a Sion” ha deciso di dedicare un libro che si spera possa essere terminato nei prossimi mesi.

  2. Ho moltissimo piacere di intraprendere ed inziare una discussione con te, e ti confesso che anch’io sto scrivendo un libro sulla bibbia, tutto in bozza che non mi è facile completare, e nemmeno posso rinunciarci. Ma ti premetto che io non sono studioso, qualcosa ho letto e sentito, ma ciò che mi affascina è la lettura e il misticismo logico della Bibbia. Lo so che a volte sono prolisso e dispersivo, ma non è mai facile parlare di Dio, in continua polarità e tensione fra particolare ed universale. Ti ho detto che non sei stato molto rispettoso del testo, solo perché non hai riportato l’ammonimento di Dio che certamente adamo sarebbe morto, un ammonimento che non ci fa piacere leggere, ma con cui dobbiamo confrontarci e mai eluderlo. Il mio libro verte tutto su qesto argomento, sul perché di quel divieto, cercando di trovare conferma della sua validità e bontà in tutto il resto della Bibbia, perchè Dio non può mai contraddirsi. Il Signore è un dio verace e senza malizia diceva Mosè, ed in questo racconto il Signore è semplice e lineare, molto più semplice e lineare di quanto si pensi. Basta solo fare alcune ipotesi, e poi verificarle, solo per cercare di capire il pensiero e la logica dell’autore della Bibbia per dir cosi, al di là di ogni nostro giudzio di valore. Prima ipotesi, il Signore è un tutt’uno con la sua torah, anche lui rispetta la sua torah e se dice all’uomo di fare o non fare qualcosa, anche lui si comporta allo stesso modo.Secoda ipotesi, Dio dice sempre la verità e l’asuto serpente sempre la menzogna, ed è quest’ultima ipotesi che deve essere verificata nel racconto, perché con una bugia ha esordito fin dall’inizio: E’ vero che Dio ha detto che non dovete mangiare di nessun albero del giardino? Disse esattamente il contrario, ed il contrario ha detto in ogni sua parola, perché i loro occhi non si sono aperti, ma chiusi ,e toccherà poi a Dio crecare di riapriglierli, fargli vedere le voci di dio al monte sinai e non più quelle del serpente. Dio sa che diventerete come lui conoscendo il bene ed il male, ma in anche in questo ha detto una manzogna, il contrario della verità . Lo so che farai molta fatica ad accettarlo, ma se Dio ha detto all’uomo di non mangiare di quell’albero vuol dire che neanche lui ne mangia. In base a queste ipotesi non ci sono contraddizioni nel racconto della Bibbia,e poi occore solo verificarle applicando in ogni cosa l’extrema ratio. Sono alternativi i due alberi, perché ogni cosa sepra Dio, e se non ha seprato allora il bene e il male, non risulta che l’abbia separato in seguito, ma agli ebrei ha donato la torah. L’albero della conoscenza può simboleggiare la totalità della sapienza umana, ma l’albero della vita gli ebrei dicono che simboleggia la torah. Tutti i figli di Adamo si nutrono di bene e di male mischiati insieme, ma gli ebrai dovrebbero vivere in questo mondo solo nutrendosi dell’albero della vita. Erano dei bambini adamo ed eva, che per divenire adulti dovevamo mangiare, e dovevano decidere di quale albero mangiare, dell’uno o dell’altro perché dio mette sempre l’uomo di fronte a due opzioni diverse. Ma è tutto halachà nell’ebraismo, trovare la giusta strada, il giusto cammino, ed il satan gli ha indicato la strada all’incontrario, perchè per essere come dio solo dell’albero della vita dovevano mangiare. Leggendo la bibbia, sembra che ogni volta gli ebrei peccano contro dio ed il racconto ci dice che si sedettero a mangiare e bere, sembra che voglia dirci che dell’albero della conoscenza vogliono mangiare, così come fanno tutti gli altri popoli. Tutto è simbolico nella bibbia, e non so se sono stato chiaro, ma sono queste ipotesi che dovresti sviluppare e verificare. Io cerco di farlo nel mio libro ma è molto lungo, un pò mi ci perdo e naufrago, ma credo e spero di riuscirci. L’albero della vita simboleggia la torah, e mi verrebbe da chiedere perché mai poprio gli ebrei hanno tanta voglia e desiderio di mangiare dell’altro albero. l’istinto è forte finché non comprendiamo il senso del divieto, ma il Signore ha detto di non magiarne, punto e basta, e solo se si mettono in pratica tutti i suoi precetti si è più intelligente degli altri popoli. Dopo il peccato adamo è stato confuso, e non sa nemmeno se vivrà o morrà, se è saggio o se è stolto, se è stupido o intelligente e cosi via, perché dovunque stenderà la mano per mangiare coglierà sempre insieme bene e male, e la verità è stata confusa con la menzogna, e Dio è stato il primo ad essere calunniato nella storia umana. Ti ho detto molte cose, prova a ragionarci umilmente in modo lineare, perché come hai fatto notare nel racconto tutto è perfettamente simmetrico ed ogni cosa opposta all’altra.
    carissimi saluti

    1. Quando interpretiamo questo brano dobbiamo stare attenti a non mescolare il racconto dell’Eden con il racconto dei sette giorni della Creazione. L’uomo nel Giardino dell’Eden non è l’uomo creato a immagine di Dio nel capitolo 1. Certo, si tratta della stessa creatura, della medesima specie umana, ma i due racconti partono da due prospettive opposte e si concentrano su aspetti molto diversi. L’idea che la Creazione sia “separazione” appartiene al capitolo 1. La Creazione di Genesi 2-3 non è separazione. Quindi affermare che “Dio ha separato tutto tranne il bene e il male” significa ibridare i due racconti.
      La conoscenza del bene (tov) e del male (ra) è una facoltà che appartiene a Dio. È lui che dice “non è bene (tov) che l’uomo sia solo”, e che un seguito dirà: “l’istinto dell’uomo è male (ra)”. Mangiando dall’albero proibito, l’uomo diviene simile a Dio in quanto acquisisce una sua qualità tipica: la concezione della moralità (bene e male).
      Il serpente non dice vere e proprie menzogne: le sue sono mezze verità, o meglio, verità viste solo dall’angolazione più conveniente.

  3. Come ti ho detto per spiegarlo e verificarlo ci vorrebbero molte pagine. Comprendo ciò che vuoi dire, ma in base alla tua interpretazione la contraddizione del racconto rimane tutta però, perché Dio ha detto che certamente ne sarebbe morto mangiando, e dopo aver mangiato furono loro stessi a dire di essere stati ingannati, e da dio si nascosero. I racconti della creazione e di questo episodio sono diversi e non bisogna fare ibridazioni, ma bisogna cercare di unirli però senza nessuna contraddizione ed in perfetta continuità logica. l’ ebraico lo conosco pochissimo perchè non ho portato a compimento lo studio, ma se puoi mi piacerebbe sapere l’esatto significato dei termini immagine e somigliana di Dio, l’interpretazione prevalente che se ne dà. Il profondo significato delle parole è importante, così come il termine conoscenza non indica solo una cooscenza speculativa ed astratta, ma concreta, un conoscere solo mangiando, e quindi farlo pure il male cosi come il bene,
    Ma Dio lo fa il male? E se non lo fa, come fa a conoscerlo? Bisognerebbe porsi tante domande e metterle tutte insieme, prima di poter trovare una risposta per ogni cosa, e per risolvere complesse equazioni con tante incognite occorre prima semplificare quanto più è possibile

    1. Non capisco dove sarebbe la contraddizione che a tuo parere persiste in riferimento alla “condanna a morte” di Adamo. Puoi spiegarmi cosa intendi?
      La parola “immagine” (tzelem) compare ad esempio in 1 Samuele 6:5.
      Mentre “somiglianza” (d’mut) ricorre in Ezechiele 1:5. Questi due esempi possono aiutarti a comprendere il significato biblico di questi due termini tanto discussi.

  4. Ti ringrazio, verificherò i versetti. Per quanto riguarda la contraddizione, a me sembra molto evidente. Tu dici che mangiando dell’albero della conoscenza, adamo diviene simile a Dio in quanto acquisisce la concenzione della moralità, una qualità tipica di Dio. Ma allora perché Dio gli aveva detto che certamente ne sarebbe morto? Morire e divenire simili a lui è contradditorio. E se come dici è divenuto simile a Dio e non muore, allora aveva perfettamente ragione il serpente. Alcuni, in particolar modo i cristiani, dicono che Dio l’ha punito perché voleva usurpare il suo trono in un certo qualmodo, decidere da se stesso ciò che è bene e ciò che male, e questo all’uomo non è mai possibile per le sue limitate capacità,. Anche questa semplice interpretazione coglie vari aspetti della verità, ma implicitamente ammette che allora non è diventato simile a dio se non sa distinguere bene e male.( ed in questo caso il serpente ha detto una mezza verità) Bisgona dividere il bene dal male, e questo spetta solo a Dio, Ma se è cosi, allora perché non l’ha diviso prima del peccato il bene dal male, se tocca a lui dividerlo in seguito? Solo per metterlo alla prova per vedere se aveva fede, dice qualcuno, porlo al limite fra il labile confine tra prova e tentazione. Anche questa interpretazione è interessante, ma serve solo ad evidenziare il valore della fede, senza idagare e spiegare le ragioni del divieto e del castigo,
    Possono sembrare sofismi i miei, ma le contraddizioni e le confusioni mi sembrano evidenti, ed un pò scherzando piacerebbe dire che qui ci vorrebbe proprio il bastone di Mosè che poteva trasformarsi pure in serpente. La bibbia è un libro affascinante, c’è scritto che il signore ride, e sembra che anche dell’umorismo bisogna servirsi per cercare di capirla.
    Ho verificato i versetti che mi hai detto. Non sono un esperto, e non riesco a capirne l’importanza per quello che ti aveva chiesto, anche se dell’episodio del libro di samuele ne sono molto curioso del significato, pure per la ricorrenza del numero 5 che nella bibbia ricorre spessissimo e nella tradizione rabbinica è la dimensione del messia. Io al termine immagine, generalmente do il significato di stretta vicinanza a Dio, mentra la somiglianza indica la distanza,quel che sembra ma in realtà non è. L’uomo che si avvicina e che si allantona da dio per dirla semplicemente.
    Vedo che hai profonde conoscenze bibliche, e scusami se ne approfitto. Fra i tanti nomi ed attributi di Dio, il termine Signore degli eserciti, ha shabaot, compare per la prima volta nel lbro di samuele, la preghiera che anna rivolge a lui, ma nel libro di samuele compare anche per la prima volta il termine Dio della conoscenza, ma non riesco a sapere e verificare in quali versetti, per cercare di capirne il significato, che forse potrebbe pure esserci utile nel caso di adamo
    saluti.

    1. Che l’uomo sia diventato simile a Dio lo afferma Dio stesso dopo il peccato: “L’uomo è diventato come uno di noi (keachad mimmenu) per la conoscenza del bene e del male” (3:22). Quindi non è solo il serpente a dire una cosa simile.
      Adamo non trova subito la morte, ma di fatto la condanna si realizza con la privazione dell’albero della vita, che equivale a una condanna a morte prolungata. Citando altri esempi biblici, Nachmanide spiega che “in quel giorno morirai” non indica una data precisa in cui doveva avvenire la morte di Adamo, ma solo una condanna a tempo indeterminato. Quindi non vi è alcuna contraddizione a mio parere.

  5. Che posso dirti, se è cosi Dio o è capriccioso o inconoscibile ed indeicfrabile. Mentre prima passeggiava e conversva con lui, quando diviene come lui, lo scaccia dal paradiso privandolo dell’albero della vita, e per colpa sua anche il suolo viene maledetto. Ne morirai gli aveva detto, ed anche se è un giorno lontano ed indeterminato, se lui comunque muore, come fai ad affermare che è diventato simile a DIo? Può Dio morire? Sono sincero, ma non riesco a capire come fai a dire che non esistono contraddizioni. Tu stesso hai detto che il racconto non è lineare, ed anche l’ammonimento e la condanna di DIo è eccessivo rispetto al cosiddetto peccato di adamo. Non bisogna a tutti i costi prendere le difese di Dio per far quadrare ogni cosa ricordava Giobbe, e DIo diede ragione a Giobbe. Bisogna usare tutta la Bibbia per risolvere il dilemma del racconto, te l ho detto, Dio è un mistero e quel che si può fare ed aspirare è prendere coscienza e consapevolezza di un affascinante mistero.

    1. Che Adamo sia diventato simile a Dio non lo affermo io, ma il testo, precisamente al versetto 3:22 che ti ho citato prima. Tuttavia non dice che è diventato simile a Dio in tutto, ma soltanto “per la conoscenza del bene e del male”. Solo in questa facoltà l’uomo si è elevato al di sopra del suo stato infantile precedente.
      La conoscenza del bene e del male e la vita appartengono entrambe a Dio. L’uomo non può possederle entrambe, ma soltanto una, e ha scelto la conoscenza.
      La punizione sembra inadeguata e sproporzionata alla colpa solo se si interpreta il racconto alla lettera, come se fosse la vicenda di due persone che furono realmente cacciate da un giardino per aver mangiato un frutto. Ma mi è difficile spiegare in modo esauriente tutto ciò in semplici commenti di un blog. Per spiegare il significato dell’intero racconto mi ci sono volute più di 40 pagine.

  6. Potrei dirti che se non può possederle entrambe, e doveva scegliere fra la vita e la conoscena, ha comunque scelto male. Non si può speiegare in poche righe, e non avendo la capacità di sintesi io di pagine ne ho scritto circa 400, perchè ho voluto affrontare tutte le tematiche più importanti della Bibbia, perchè ogni cosa è collegata all’altra. Forse non mi crederai se ti dico che ti comprendo, ma personalmente quel divieto ed il castigo, non sono mai risciuto ad impormelo e a digerirlo, non solo a spiegarmelo. C’è un conflitto fra fede e ragione, e dipende tutto dalla nostra inclinazione dell’animo che inveitabilmente condiziona tutto il nostro essere, la nostra forma mentis, i nostri sentimenti, pensieri , azioni e tutto il resto, gli occhi con cui guardiamo il mondo e cosi ho cercato di guardare ogni cosa dal punto di vista di dio e non dell’uomo, poi non so con chi poterlo condividere. Scusa se ti rinnovo la richiesta, ma solo se vuoi, e puoi farlo e verificare in quale passo viene riportato il termine il dio della conoscenza.

  7. ti ringrazio , mi è molto utile l’indicazione. Spero che un giorno possiamo approfondire il tutto in un modo molto più ampio ed esteso.

  8. Gentile redattore scusa se ti chiedo un altro piccolo favore se puoi. Mi servirebbe sapere quali sono nell’origanale ebraico i verbi usati nei famosi versi del profeta Isaia: io faccio il bene, io creo il male. Nelle traduzioni italiane sono a volte riportate in versioni diverse, o usando gli stessi verbi, come ” io creo” riferito sia al bene che al male, o usando altri sostantivi al posto del male. Puoi riportarmi il versetto originario per verificare se sono gli stessi versi ed il loro significato?
    Grazie

  9. Ringrazio sguardoasion per questo bellissimo articolo. Mi era balenato in mente che Genesi potesse raccontare l’infanzia dell’uomo e l’uscita da questa condizione verso la maturità, tuttavia era solo un’intuizione,
    mentre lei me lo ha spiegato benissimo. Ancora tanti ringraziamenti.

  10. cara oriettasantamria, ma non hai letto che quando l’uomo esce dall’infanzia verso una condizione di maturità, come tu dici ed hai intuito, il Signore ad adamo ha detto che certamente ne sarebbe morto?
    Meglio restare per sempre bambini a quanto pare

  11. Mio caro redattore, vorrei chiederti una cosa se mi leggi. Nel racconto del peccat originale il nome di HaShem viene sempre adoperato insieme al nome di Elhoim, almeno cosi mi sembra. I nomi e gli attributi di DIo sono molto importanti, e con il nome di Elhoim ha creato il mondo, e con quello di HaShem l’uomo. Vorrei chiederti in quali casi non vengono usati insieme nel racconto del peccato originale, dalla creazione dell’uomo all fine del racconto quando gli viene privato l’albero della vita, e se nel resto della Bibbia capita spesso che i due nomi vengono usati insieme. Niente è un caso, e se puoi verificare e rispondermi, mi farebbe molto piacere.Io non son in grado di leggere in ebraico.
    Grazie

    1. Nel primo racconto (Genesi 1:1 – 2:3) è utilizzato esclusivamente Elohim.
      Nel racconto dell’Eden (che inizia al versetto 2:4) i due nomi compaiono sempre insieme eccetto che nel dialogo tra la donna e il serpente. Poi il nome Elohim scompare fino al “libro delle generazioni di Adam” (eccetto il caso di 4:25).

  12. Io credo che l’interpretazione data non sia corretta, perché ritengo che Dio non voleva affatto che l’uomo rimanesse eternamente bambino privo di razionalità! Io la intendo in un’altra maniera. Nella Bibbia il concetto di “conoscenza” è associato spesso al rapporto sessuale, in cui appunto è come se si “possedesse” l’altro, che diventa in un certo senso “tuo”. Quindi conoscere il bene e il male non significherebbe semplicemente comprenderlo razionalmente, ma “possederlo”, farlo cioè diventare un qualcosa di cui usufruire per il nostro piacere e per i nostri comodi, facendone quello che si vuole. Molto più grave quindi del conoscere razionale, che è cosa buona e gradita a Dio! Il peccato originale quindi non è la ragione evoluta, ma l’egoismo di chi pretende, per i propri comodi, di fare ciò che si vuole con le regole morali. Che cosa ne pensa di questo mio modo di vedere?

    1. Grazie del commento.
      I due concetti non sono del tutto slegati: l’emergere della coscienza morale inzia con un atto di disobbedienza, di ribellione (di “egoismo”, secondo la tua definizione). Compito dell’uomo è volgere questa sua dote acquisita verso il bene. Rocordiaamo che la conoscenza del bene e del male è una caratteristica di Dio stesso, quindi non può essere intrinsecamente negativa. Nel nostro libro abbiamo messo alla prova questa interpretazione applicandola a tutti i versetti del racconto.

      1. Grazie per la sua risposta. Comunque le chiedo una cosa: non è possibile secondo lei che effettivamente Dio abbia dotato i nostri progenitori di una sensibilità particolare che li metteva in contatto nella loro interiorità con Lui e che essi però, ad un certo momento della loro vita, hanno detto di No a questa voce interiore precipitando in una condizione spirituale di angoscia e di vuoto, un po’ come avrebbe fatto Lucifero cacciato dal Paradiso? Secondo me non si può escludere a priori un fatto simile, anche perché non mi sembra così assurdo pensarlo.

      2. Non so se è possibile affermarlo in questi termini. È chiaro che, in base al racconto, l’acquisizione della conoscenza e l’espulsione dall’Eden hanno avuto i loro aspetti sia positivi che negativi. Sulla cacciata di Lucifero non mi pronuncio perchè un simile concetto non si trova nella Torah.

  13. avevo promesso di non scrivere più qui, ma è difficile non farlo a leggere i vostri commenti. forse è inutile perché vi avevo già detto tutto, ma ci riprovo. Il Libro sguardo da Sion non l’ho letto, ma se hanno scritto che Dio conosce il bene e il male, hanno fatto di Dio un bugiardo,ritenendo che la verità l’abbia detto invece l’astuto serpente per il bene dell’uomo. Allora ascoltatemi bene se volete, sia Alessio che dovrebbe un cristiano che il redattore che dovrebbe essere un ebreo. I cristiani dicono che Gesù è vero uomo e vero Dio. Come figlio di Dio ha tutto in comune con Dio ( altrimenti non sarebbe vero Dio), e come figlio dell’uomo ha tutto in comune con l’uomo, tranne il peccato. E’ il nuovo Adamo che si è sottomesso in tutto alla volontà del Padre ed è venuto al mondo proprio per cancellare il peccato di Adamo. Ora applicando il principio di simmetria e la proprietà transitiva, se Gesù non mangia di quell’albero e nello stesso tempo è anche vero Dio, vuol dire che nemmeno Dio mangia di quell’albero, altrimenti i cristiani cadrebbero in contraddizioni logiche. Ma anche se questi sono discorsi che possono annoiare gli ebrei e magari pensare che non gli interessano la soluzione è molto più semplice nell’ebraismo. Gli ebrei dicono che l’albero della vita simboleggia la torah( ed i cabbalisti si divertono su questo e con le loro sefirot), e dicono che Dio è tutt’uno con la torah. Ha creato la torah prima di creare il mondo ed ha creato il mondo in conformità con la torah, e la torah ha donato al popolo di Israele. Ma se questo è vero e cosi dicono, allora perché mangiare dell’altro altro albero se nulla esiste al mondo oltre la torah? E se Dio è un tutt’uno con la torah, come fa a conoscere anche il bene e il male? Quale albero allora simboleggia la torah.? Ma ciò che dovrebbero spiegare tutti è perché mai Dio ha confuso il bene e il male su quell’albero, e se lui l’ha mischiato a chi tocca dividerlo, all’uomo o a Dio? O magari ai bambini, visto che loro sono passati a Corna? Tanto alla soluzione non ci arriverete mai, salvo avere umiltà e non pretendere di scherzare con Dio. perchè sta pure scirtto che a ridere è Dio, che si fa beffe e si prende burla di tutti i potenti i sapienti e gli intelligenti di questo mondo. Ma dico io, se Dio ha detto che certamente ne moriremo nel giorno in cui ne mangeremo, perché mangiare di quell’albero invece dell’albero della vita? Se gli ebrei e sguardo da sion, ritengono che conoscendo il bene e il male si diventa come Dio, due solo le alternative: O dovrebbero avere il coraggio. di dire che è l’albero della conoscenza a simboleggiare la Torah, oppure esaltare la totale autonomia dell’uomo da Dio. Esaltare la trasgressione volendo sfidare Dio per seguire i’astuto serpente illudendosi di non morire, e se per caso ( solo ipotesi scolastica come si dice perché non potrebbe mai essere possibile) diventeranno come Dio, dover ringraziare il serpente invece che Dio,
    Amano la logica gli ebrei non i dogmi, ma quale sia la logica verrebbe da chiedere.
    saluti

    1. Caro anonimo,
      Mi pare di averti già detto che non apprezzo i toni da predicatore altezzoso, e non li accetto su questo sito, che è un sito di studio.
      Che la conoscenza del bene e del male sia una caratteristica propria di Dio, in seguito acquisita anche dall’uomo, non lo dico io, ma il testo di Genesi: “Ecco, l’uomo è diventato come uno di noi, per la conoscenza del bene e del male” (3:22). Il resto sono misticismi del tutto assenti dal testo biblico.

  14. Ti ho parlato di logica e non di misticismi, ma se Dio ama l’intelligenza del cuore, ama il misticismo logico. In base alla tua risposta dovresti ammettere che è l’albero della conoscenza a simboleggiare la Torah, e non certo l’albero della vita,Convocare un concilio per sapere cosa ne pensano gli altri ebrei, ma cadreste comunque in contraddizione logica, come in contraddizione è caduto Dio se prima aveva detto che certamente sarebbe morto, e subito dopo il suo perfetto contrario, dicendo che l’uomo è diventato come uno di noi. ( grazie al consiglio del serpente a quanto pare). Potresti semplicemente ammettere che c’è una contraddizione logica insanabile nel racconto che non sai risolvere, perché l’uomo è solo un soffio del suo respiro, e non eri certamente con lui quando Dio ha creato il mondo, cosi come ricordò il Signore al giusto Giobbe, che pur facendo il bene gli veniva solo male. Ed invece come i sapienti amici di Giobbe, tu vorresti prendere le difese di Dio e finisci con il parlare di lui con inganno. Tu pretendi di conoscere tutto il bene e il male al pari di Dio, per diventare come lui, e chiami me, un predicatore altezzoso. Ma non è stato Mosè a dire che voi foste presuntuosi e solo i bambini sarebbero passati a Corna? Tu che ami la logica e lo studio, sai per caso dirmi quale precetto della torah, gli ebrei trasgredirono a Corna? Sai per caso dirmi per quale motivo ( o peccato come forse pensate e dite) Mosè non entrò nella terra promessa? Sai per caso dirmi come mai il Signore ha detto che un giorno diverrete tutti come Davide e non come Mosè? Potrei continuare, ma c’è ancora da conoscere tanto del bene e del male per diventare come Dio a quanto pare, e scoprire chi mai aveva ragione ed aveva detto il vero e il falso, se lui o il serpente. Il Signore è un Dio verace e senza malizia diceva Mosè, e se ho parlato male, dimostrarmi dove è il male diceva Gesù, ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?. Perché mi chiami altezzosi, se sei tu che vorresti diventare come Dio, illudendoti di poter aver perfetta conoscenza del bene e del male? Inutile stare a discutere e proseguire, e qualsiasi cosa risponderai non replicherò. L’ho fatto per rispondere ai commenti dei vostri lettori che possono essere ingannati dai vostri pseudo ragionamenti, di chi cadendo nell’inganno del serpente finisce solo per difendere se stesso invece di dar gloria all’amore di Dio. Non discuterò con questo popolo, fa dire il Signore al profeta Isaia, perché solo per amore del suo nome ama fare tutto da solo, perché da solo ha creato il mondo, e da solo ha portato a compimento ogni cosa prima di riposarsi beato. Tutto ha previsto nella sua prescienza ed onniscienza. Starete in silenzio davanti a me, ed io vi salverò ha detto.
    Buona Pasqua

    1. Ribadisco, nel racconto come io lo comprendo non vi è la minima contraddizone. Giudichi la mia interpretazione senza neppure conoscerla a fondo, e ti ergi a profeta in nome di una verità superiore che tu detieni, ma che in questi sei mesi non hai voluto esporre con chiarezza. Mi dispiace, ma qui chi rende impossibile il dialogo non sono io.

  15. L’albero della vita era un simbolo conosciutissimo nell’antichità, è il mezzo per vivere sempre, è probabilmente il simbolo stesso di Dio come fonte dell’esistenza, condizione della vita, ma l’albero della conoscenza del bene e del male non è conosciuto da nessun’altra cultura se non da Israele. Bene e male sono due concetti opposti e nel linguaggio semitico si usa volentieri una coppia di termini diversi e opposti per dire una totalità. Cielo e terra, cioè tutto. Il Signore ti benedica quando entri e quando esci, cioè sempre. Bene e male, cioè tutto quello che uno fa. Quindi non può semplicemente significare la conoscenza della realtà, la conoscenza di tutto, del bello e del brutto. La scelta dei due opposti riguarda il campo morale. L’autore avrebbe potuto dire: la conoscenza dell’alto e del basso, la conoscenza del bello e del brutto. Sceglie bene e male come coppia di opposti. Quindi questa conoscenza che interessa il nostro autore riguarda un campo morale. Quindi l’albero della conoscenza è simbolo della morale,
    L’antico autore non ha concetti astratti, ma dice la stessa realtà con una immagine mitica.
    Mangiare dell’albero della conoscenza del bene e del male equivale a impadronirsi di una realtà. Mangiare una realtà vuol dire assimilarla, farla propria, diventarne padrone. «Divorare un libro», ad esempio, significa leggerlo, conoscerlo, assimilarlo, possederlo. Mangiare dell’albero della conoscenza equivale a dire: dominare la morale, essere padrone di decidere il bene e il male. Quindi non abbiamo assolutamente a che fare con una legge di tipo alimentare come molti credono, ma con un simbolo che significa la pretesa di far di testa propria. Il racconto giocherà tutto sull’immagine simbolica, ma noi dovremo stare sempre ben attenti al significato che l’autore ha voluto dare a questo racconto simbolico. È l’autore che ha creato il racconto e lo ha creato per comunicare un messaggio.
    Mangiare di questo albero equivale a morire: quando, cioè, l’uomo rifiuta Dio, nel momento in cui l’uomo pretende di essere autonomo , di decidere autonomamente qual è il bene e il male, l’unica cosa che riuscirà a trovare è la morte. L’umanità di conseguenza viene messa all’erta: non è una punizione minacciata, ma è una conseguenza rivelata in anticipo. Fuori della volontà di Dio c’è la morte e Dio non vuole la morte. Egli dice all’uomo dov’è la strada della morte e quasi gli chiede di non intraprenderla; ma lo ha creato libero e
    capace anche di intraprendere questa strada che porta alla morte e alla distruzione. Altrimenti,
    se l’uomo non avesse avuto questa possibilità sarebbe stato una marionetta, un automa.

  16. Quando poi, quando parliamo del serpente, dobbiamo fare lo sforzo di comprendere che non si tratta di un semplice animale, per di più parlante come nelle favole. Il nostro autore è un sapiente, non è uno sciocco, sa benissimo che i serpenti non parlano e non ha nessuna intenzione di raccontare una fiaba per bambini!
    «Egli disse alla donna: È vero che Dio ha detto: ‘Non dovete mangiare di nessun albero del giardino?’« (3,1b). Questa è l’immagine abituale che ci si fa della «legge» data da Dio all’uomo: Dio ha proibito di mangiare? Dio dice invece: «Di tutti gli alberi del giardino potete mangiare». La tentazione inizia deformando la proposta di Dio: Egli viene assimilato al concetto di «proibito». Dio vi ha proibito tutto, vero?
    «Rispose la donna al serpente: Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare, altrimenti morirete» (3,2–3).
    Viene ripetuto il testo dell’Alleanza. Ma il serpente a questo punto, dopo aver sollevato il dubbio, pone l’affermazione di tentazione più forte: «Ma il serpente disse alla donna: Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male» (3,4–5). Il serpente capovolge l’affermazione di Dio: «se mangiate morirete». Dio aveva messo in guardia
    l’uomo, difendendolo dalla morte. Il serpente invece dice alla donna: Quello che vi ha detto Dio non è vero, Dio vi ha ingannato. L’alleanza che vi ha proposto Dio non è buona. È falsa in partenza, Dio vi sta imbrogliando. Anzi, non solo Dio è falso, non solo Dio vi imbroglia, ma Dio è geloso, invidioso di voi; Dio vi vuol male. Dio è nemico vostro perché, Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male. Dio non vuole che diventiate come lui, quindi vi ha detto di non mangiare di quell’albero. Dio non vi vuole bene, Dio vi inganna. Voi soli volete il vostro bene, quindi fate quel che volete, fate di testa vostra, scegliete quello che ritenete meglio. Siete
    voi liberi di decidere quale è il bene e quale è il male. Non fidatevi di Dio, vi sta ingannando, vi ha detto una cosa, ma è vera un’altra. Voi volete il vostro bene: sceglietevelo, fate di testa vostra e starete bene. Questa è l’origine del peccato, questo ragionamento sta alla base di ogni peccato. Non è ancora un peccato, ma è la sorgente del peccato. Di fronte a questo atteggiamento l’uomo non potrà fare altro che peccare. L’origine del peccato, dunque, è il dubbio su Dio alleato dell’uomo. L’uomo pensa: Dio non è favorevole a me. Dio mi vuole male. Per fare il mio bene io non devo fidarmi di Dio, ma devo far di testa mia. Diviene a questo punto più chiara l’affermazione secondo cui il serpente potrebbe essere il lato negativo dell’uomo. In fondo è l’uomo stesso che arriva a pensare questo, è l’uomo che lo dice a se stesso: Ma ci sarà da fidarsi di Dio? E sarà vero poi? Se io adesso cominciassi a far quello che a me sembra giusto e al momento mi torna più comodo? Tanto cominciamo a guadagnarci e poi… vedremo. Il serpente è il potere e la sapienza laica, è la cultura naturalistica, è l’istinto dell’uomo, è tutto questo insieme, è il satan stesso. È tutto questo insieme che dice all’uomo: Non fidarti di Dio. La mancanza di fiducia è l’origine del peccato. Pensare Dio come ostile, porta come conseguenza la morte. Mentre nella prima parte l’autore aveva presentato Dio tutt’altro che ostile, anzi molto vicino all’uomo e in piena armonia con lui; la seconda parte del racconto, quella della disarmonia, ha presentato la drammatica rottura e ci ha fatto intuire che il passaggio alla disarmonia avviene perché l’uomo non si fida di Dio.
    La tentazione dell’uomo passa dunque attraverso il dubbio sull’amicizia di Dio. Il ragionamento che dal serpente simbolico viene proposto alla donna, è un ragionamento che pone la questione di Dio. Cioè: se Dio sia credibile o no. Se fidarsi di Dio sia buono, utile, positivo o, in fondo, porti danno. Il peccato fondamentale, dunque, dell’uomo è proprio questo: partire dall’idea che Dio sia ostile e falso e abbia l’intenzione di ingannare l’uomo; quindi l’idea che fare secondo la propria visione sia meglio, rende di più per l’uomo, che non fare secondo la volontà di Dio.
    Dopo che la donna ha concepito questo pensiero, il passaggio alla trasgressione è cosa elementare.
    «Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza» (3,6a).
    Tre elementi molto significativi. «Vede che l’albero è buono da mangiare»: è il contrario di quello che aveva detto Dio: «Non ne mangerai perché qualora tu ne mangiassi, certamente moriresti». L’albero non è buono da mangiare, è un albero che produce morte.
    E, invece, appena la creatura umana dubita della bontà di Dio, vede le cose nel modo opposto: «Vide che era buono». Ci si accorge di come il linguaggio è simbolico? Non si vede che un frutto è buono. Può essere bellissimo dall’esterno, ma velenoso all’interno. La vista non rivela la bontà; ma quello che il nostro autore vuole significare è il modo di vedere la realtà, i valori. Anche ciò che è intrinsecamente negativo, all’uomo talvolta può sembrare buono. «Gradito agli occhi». L’aspetto estetico: il bello e il buono si uniscono e passano l’uno all’altro. E «desiderabile». L’oggetto proibito diventa l’oggetto del desiderio. Dopo che la visione dei valori è stata capovolta rispetto a come l’aveva proposta Dio, ciò che Dio aveva dichiarato cattivo adesso diventa l’oggetto del desiderio e il fine di questo desiderio è la saggezza. Capire, comprendere, dominare. Consideriamo nuovamente il senso dell’albero della conoscenza del bene e del male: esso ha il significato simbolico di albero della morale e il mangiare di questo albero equivale a pretendere di dominare la morale, voler
    praticamente essere arbitro del bene e del male. In quest’ottica «perversa» l’acquistare saggezza equivale al diventare padrone dei valori, per cui uno ne può fare quello che vuole. L’uomo è saggio quando sa come va il mondo, quando conosce i principi della realtà, quando riconosce il divino modo di agire; ma può sfociare facilmente nella tracotanza del sapiente che non solo cerca di capire come è la realtà , ma pretende anche di determinarla, di stabilire qual è il giusto e qual è l’ingiusto.

  17. Quanto scritto è per spiegare in maniera semplice e terra terra al nostro amico anonimo, che ha scritto sopra, il significato dell’albero della conoscenza del bene e del male e la funzione del serpente senza trovare nel testo altri significati oscuri o fantasiosi. Per saperne di più consiglio di comprare il libro “La tua voce ho udito” scritto molto bene e con chiarezza dall’ autore del sito.

    1. Mi associo ai commenti di Antonella. Io nel SERPENTE ci ho sempre visto l’interagire ad un certo punto del ‘il libero arbitrio’ che desidera estendere la sua visione delle cose oltre l’Eden. L’uomo diviene partecipe della Divinitá e compartecipe in tutto ció che esiste, Nel pensiero ebraico il Divino chiede all’Uomo la condivisione non sudditanza.
      In questo racconto l’Uomo partecipa in tutto e per tutto all’ essere divini .
      Poi sul termine >Male< bisognerebbe aprire un protocollo di intesa altrimenti non ci capiremo Mai.
      se per i Cinesi mangiare un cane non é male per gli Europei lo é ..

    2. Antonella, grazie infinite per la sua esposizione, riflessione così profonda e intelligente e frutto di accurata conoscenza della Parola di Dio. Finalmente ho potuto comprendere il significato dei termini “albero della conoscenza e del bene e del male.”
      Condivido pienamente la sua riflessione.grazie.

  18. Spero un giorno di poter essere chiaro su tutto, visto che vi arrampicate sempre sugli specchi accusando me di essere fantasioso o cercare di trovare significati oscuri. Dio è verace e senza malizia, una persona semplice, e che sia Dio stesso o semplicemente l’autore umano della Bibbia,non esistono termini umani per elogiare la sua grandiosità. La tua voce ho udito, ma quale voce, del serpente o di Dio? Mia cara antonella dividi sempre ogni cosa a due, ed usa l’extrema ratio per portare ogni ragionamento al limite. Dio ha detto in ogni cosa la verità, e il serpente in ogni cosa la menzogna, parlando difatti per negazione, e come tu dici se bene e male, sono opposti,in Dio non ci possono essere dualismi, e quindi non li può conoscere entrambi, Ma l’uomo mangiando e facendo esperienza diventa essere duale, contraddittorio e quindi perde l’armonia con Dio. Conosco il bene e faccio il male, diceva San Paolo, e sono cose che capitano a tutti noi.La concupiscienza è il mondo del desiderio,mentre Dio è amore, il mondo dei sentimenti. Il desiderio è rivolto all’oggetto, mentre i sentimenti al soggetto, ed il sentimento ci unisce al soggetto per poter godere insieme a lui di ogni cosa, mentre il desiderio come sai lo consuma o lo divora l’oggetto ma non ci unisce mai a lui. ( gli occhi del cuore o della mente potremmo dire, o semplcemente degli istinti animaleschi) L’uomo ha acquistato saggezza, capacità di discernere fra il bene e il male, e c’è chi dice che tocca all’uomo decidere e scegliere, e chi dice che tocca a Dio. Ma se tocca a Dio perché mai l’ha messo insieme sullo stesso albero? C’erano tanti alberi nel giardino ed era cosi semplice mettere il bene su un albero e il male su un altro, ed invece gli è piaciuto confonderli senza che nessuno sappia spiegare il perché. Mordicchiando di quel frutto l’uomo coglierà sempre bene e male mischiato insieme, ma al limite anche se come il giusto Giobbe, riuscirà a fare solo il bene rispettando tutte le leggi di Dio, cosa succede? Viene del bene a chi fa il bene e del male a chi fa il male? Non sembra a leggere la storia di Giobbe, perchè se sono confusi insieme può darsi che gli empi godono ed i giusti soffrono, perchè non c’è nessuna logica di ciò che accade sotto il sole diceva Qoelet, e non tutto può dipendere dalla volontà dell’uomo. Molti accusano Dio per questo, e Giobbe voleva interrogare Dio, ma che volete da me potrebbe risponder il Signore, se voi mangiando avete confuso ogni cosa? Mica è colpa mia se adesso discende un pò a caso il bene e il male, come dea fortuna vuole? scusami se scherzo un pò, ma La libertà, che cos’è mai la libertà? Al limite la libertà è la scelta fra due opzioni diverse e sceglieindo una rinunicamo all’altra, e DIo aveva messo l’uomo davanti a due solo opzioni, la vita e la morte, mentre il seprente inducendolo a mangiare gli ha tolto la libertà, perché essendo confusi insieme non riesce mai a trovare il bandolo della matassa, ingannando tutti gli uomini che pensano di averla conquistata. In Dio non ci possono essere contraddizioni e se non l ‘ha diviso all’inizio il bene ed il male non lo divide neanche dopo,( altrimenti sarebbe stato più facile che lo avesse diviso prima del peccato e non dopo) perché dando la torah agli ebrei, ha fatto la stessa cosa fatto con Adamo ( simbolo del genere umano), mettendoli di fronte alla vita alla morte, benedizione e maledizioni, Dipendere in tutto da Dio o essere autonomi come dici tu, ma dipendere da Dio non è comportamento passivo anche se sarebbe lungo il discorso, cmq per non farla lunga, dopo che come un padre con un fanciullo li aveva presi per mano liberandoli dall’egitto, donandogli la legge, e manna e carne e tutto il resto, arrivati a corna disse a loro di andare a combattere, come uomini adulti si potrebbe dire,mentre loro ebbero paura e si sa come andò a finire, I bambini che non conoscono il bene ed il male passeranno disse Mosè, non voi perché foste presuntuosi. Si vede che non può contraddirsi il Signore, perché se ad Adamo aveva detto che certamente sarebbe morto, non conoscendo il bene ed il male si entra nella terra promessa. Indica la totalità della conoscenza di questo mondo quell’albero, la massima aspirazione universale dell’uomo potremmo dire, ma Dio ha creato il mondo ma non è nel mondo, e non attraverso quell’albero si conosce Dio. Certamente ne morirai, e come dici tu, il castigo non è un atto conseguente al peccato, ma una sua conseguenza diretta, rapporto di causa ed effetto. Di peccato e castigo si occupano spesso i sapienti di questo mondo, non conscendo nè luno e né l’altro come gli amici di Giobbe, , ma se Dio aveva detto, certamente ne morirai quale castigo può mai infliggere ad Adamo? lo può solo salvare a quanto sembra, doverlo salvare senza però doversi mai contraddire perché ogni sua parola è legge anche per stesso. Diritto e giustizia sono alla base del suo trono, ma colui che siede sul trono è solo amore misericordioso. Con il peccato di adamo comincia la storia umana dicono in molti ma per il Signore invece comincia con l’inganno del serpente, perché nel racconto puni il serpente non l’uomo. Sarà il serpente che striscia sul proprio ventre deviando a destra e a sinistra che mangerà la polvere del suolo ( e che invece voleva essere come Dio), ma Adamo invece anche se tratto dalla polvere prenderà cibo dalla mani del Signore. Perché il Signore è buono, conosce solo il bene e potrà fare solo il bene, è presente in ogni luogo, ed in ogni luogo dove ci sarà il male troverà sempre il bene a contrastarlo, perché non esistono spazi vuoti presso Dio. La sapienza umana è morta con i sapienti di Giobbe, e se non esiste Dio ogni cosa è voler inseguire il vento diceva Qolet, vanità delle vanità. Dei potenti e dei sapienti se ne fa beffa il Signore, perché molto simpatico gli piace pure ridere, e quando dice ad adamo che è diventato come lui, c’è del sottile e dolce umorismo, in quell’espressione, facendosi beffa e prendendosi un pò burla, visto che volendo diventare come lui aveva perso tutto ed ogni cosa era andata alla rovescia. Ma in verità del seprente se ne fa beffe e se ne prende burla. Diventerai come Dio gli aveva detto, ed ecco che è diventato come uno di noi dice il Signore, perché come lui lo farà diventare per vincere contro il serpente, rendendo vere tutte le sue parole, perchè anche il male esiste per sua gloria. Non esiste sapzio tempre Dio, ma non annulla mai il tempo, perché niente è mai vanità presso di lui.
    p.s Il serpenti divora, non lo mastica il cibo, non lo assapora, non lo gusta, ma soddisfa solo il suo ventre, come le vacche magre che divorano le vacche grasse nel sogno di Giuseppe, ma restano sempre magre, perché il male lo può solo divorare il bene, a nulla gli giova e resta sempre male, come l’invidia con l’amore, Lo stesso vale per il bene, che a nulla gli giova conoscere il male, perché sono mondi opposti. Non c’è saggezza nella conoscenza del male è scritto nella Bibbia,
    Ma essendo confusi, l ‘uomo può sempre aggrapparsi al bene per riscattarsi, senza rischiare di cadere nell’errore assoluto, o nel rifiuto o negazione totale

  19. Caro redattore ti chiedo se mi puoi essere aiutare in una semplice cose. Nel racconto sta scritto che gli occhi di Eva videro che l’albero era buono per acquisire saggezza. Ma la saggezza è la stessa cosa della sapienza nella Bibbia. Si usa lo stesso termine in ebraico o vengo usati termini diversi? Quali sono del caso le loro radici?
    Grazie se puoi

    1. In Genesi 3 il termine usato di solito è Daat (conoscenza). Nel verso da te citato (3:6) però si usa il verbo lehaskil che può significare, tra l’altro, comprendere, avere prudenza, avere intelligenza, avere successo.

  20. Ti ringrazio molto come sempre per la tua gentilezza e disponibilità.
    Vuoi dire che conoscenza (daat) equivale a sapienza, mentre lehaskil equivale a saggezza. In pratica districarsi fra il bene e il male in questo mondo.
    Dovrebbero essere sempre cose diverse, però, perchè uno degli attributi di Dio è El daat, non lehaskil.Perchè solo Dio sa tutto come disse Anna.
    Saggezza umana e sapienza di Dio a confronto si potrebbe dire.
    Mi sono sempre molto utili le tue precisazioni.
    Grazie di nuovo

  21. caro redattore, se mi leggi può farmi un altro grande piacere? Sta scritto che era desiderabile per acquistare saggezza quell’albero,, e se saggezza in ebraico è scritto Leaskil, come sono scritti in quel verso, i temini desiderabili e ed acquistare? sono gli stessi termini usati per desiderare ed acquistare beni materiali? Spero che mi leggerai e mi risponderai
    grazie

  22. Caro redattore, concludi il tuo articolo affermando che:

    “Il racconto del Giardino dell’Eden sarebbe da interpretare come una parabola che descrive la condizione dell’umanità e la perdita dell’innocenza infantile. La storia di Adamo ed Eva non sarebbe una vicenda limitata a due individui del passato, ma una rappresentazione di ciò che accade in ogni epoca a ciascuno di noi.”

    Questa interpretazione, per così dire psicoanalitica, vorrebbe far apparire il racconto della cacciata dall’Eden la rappresentazione dei conflitti psicologici di ogni essere umano. Il che mi sembra fuori luogo con il contenuto di tutto il Tanakh che tratta della storia del popolo ebreo. Non si dovrebbe trascurare che dell’umanità in genere parlano solo i primi undici capitoli del libro di Genesi, e non proprio per svelare i recessi reconditi della psiche umana ma per rivelare gli antefatti della nascita del popolo eletto.

    Hai scritto:
    “Forse la maturazione di cui l’uomo aveva bisogno poteva essere ottenuta solo a causa della trasgressione di una norma. Sappiamo infatti che la crescita psicologica dell’individuo passa inevitabilmente attraverso una temporanea messa in discussione dell’autorità paterna.
    […]
    Una domanda sorge spontanea: Dio voleva davvero privare l’umanità della conoscenza del bene e del male? Non era forse il proposito iniziale del Creatore quello di rendere l’uomo a Sua immagine e somiglianza?
    […]
    I Maestri hanno sempre identificato il viscido tentatore con l’istinto del male.”

    Un giovane può ribellarsi a un padre che sia dispotico e ottuso. In tal caso è l’istinto della giustizia che può determinare la ribellione all’autorità paterna. Ma la trasgressione dei Progenitori fu ispirata non già dal loro senso di giustizia verso un Padre tirannico, bensì “dall’istinto del male”. Non per nulla il loro gesto eversivo generò la collera del Creatore e il conseguente, severissimo, castigo.
    Qualunque buon genitore educa e istruisce i figli in maniera che questi crescano armonicamente fino a che non diventino anch’essi adulti responsabili. Ma, per la prima coppia, le cose sono andate assai diversamente: fu cacciata per sempre dalla casa paterna con un carico di maledizioni. Non mi sembra, perciò, che questo rappresenti il passaggio dalla beata infanzia all’adattamento verso la durezza della vita.
    Il racconto in questione, piuttosto, anticipa alcuni fondamentali insegnamenti che occupano tutte le pagine del Tanakh, vale a dire:

    1) Le conseguenze catastrofiche del disobbedire ai comandi divini; per gli ebrei, che cosa comporta la mancata osservanza della Torah.
    2) La seduzione ingannevole dell’idolatria (il serpente) fa perdere all’uomo l’amore del Dio geloso e la meravigliosa residenza avuta in dono; per gli ebrei, l’apostasia ha determinato la loro cacciata dalla terra promessa.
    3) La caduta nell’idolatria passa innanzitutto attraverso il fascino delle mogli; pertanto, l’israelita non deve mai sposare donne straniere.

    La conoscenza del bene e del male non indica un miglioramento, nonostante la frase: “l’uomo è divenuto simile a noi”. Adamo ed Eva erano stati tentati dalla prospettiva di poter salire al livello di Dio. La loro immediata interdizione ad accedere all’albero della vita – che renderebbe l’uomo addirittura uguale a Dio – fa comprendere che il peccato commesso consisteva pure nel tentativo umano di superare i limiti gerarchici. La società israelita era strutturata secondo una scala di gerarchie. In Israele ogni categoria sociale era rigidamente sottoposta a quella superiore e non doveva valicare i propri confini. Così, quindi: il popolo era sotto l’autorità dei notabili, che a loro volta erano subordinati alla classe sacerdotale, e questa lo era al re. Quest’ultimo a Dio. Inoltre, i figli erano soggetti ai genitori, le mogli ai mariti, gli schiavi ai padroni. La pena di morte prescritta in ben quattro norme della Torah ai figli che mancano di rispetto ai loro genitori e la loro educazione a suon di bastonate sancita nei “Proverbi” fa comprendere che l’autore biblico sarebbe in disaccordo con ciò che scrivi:
    “la crescita psicologica dell’individuo passa inevitabilmente attraverso una temporanea messa in discussione dell’autorità paterna.”

    Solamente Dio aveva l’autorità di scegliere chi volesse per metterlo a capo degli altri.

    Che l’autore (o gli autori) di Genesi intendessero far passare la loro storia come un fatto reale o come pura allegoria non credo avesse per loro importanza. Contavano gli insegnamenti. In primis, ripeto, l’obbedienza alle leggi divine. Essendo le leggi secolari ebraiche (ossia la Torah) attribuite a Dio, l’obbedienza era quindi rivolta alle autorità gerarchiche.
    In secondo luogo, c’è il monito a non lasciarsi tentare dall’idolatria. Credo che il serpente rappresenti appunto l’adorazione di altri déi, un vero affronto al Dio geloso.
    Veicolo naturale di questa tentazione è la donna. Essa per prima si lascia tentare e, con la seduzione, induce il marito a fare altrettanto. Da qui il monito biblico a non sposare donne straniere. Salomone ne sposò molte; di conseguenza, a dispetto della sua iperbolica saggezza, diventò apostata.

    Veniamo alla maledizione contro il serpente: “Io porrò inimicizia fra te e la donna e fra la tua discendenza e la discendenza di lei; essa ti schiaccerà il capo, e tu ferirai il suo calcagno”

    In questa maledizione il serpente simboleggia l’idolatria e, pertanto, la sua discendenza sarebbero i popoli pagani. In quanto alla donna di quest’anatema, tu scrivi:
    “…la discendenza della donna”, ovvero l’intera razza umana.”
    Per me ti sbagli, perché la razza umana non discende solo da Eva, ma da Adamo ed Eva. Anzi, per gli scrittori biblici vale l’assunto opposto al tuo, che cioè l’umanità discende solo da Adamo, com’è dimostrato dalle loro genealogie che partono da Adamo e seguono con i patriarchi.
    La discendenza della donna indicata in questa maledizione, CHI sarebbe allora?
    Io direi che rappresenti il popolo eletto che è stato spesso paragonato nella Bibbia all’immagine femminile. L’inimicizia perenne fra queste due discendenze è presente in tutte le storie del Tanakh che ripetono insistentemente l’alternarsi del ripudio dell’idolatria e il susseguente ritorno a essa. Consideriamo l’episodio del popolo israelita uscito libero dall’Egitto: in un primo momento rigettò gli idoli (essa ti schiaccerà il capo) ma presto l’idolatria lo insidiò di nuovo (tu ferirai il calcagno).
    In ogni storia biblica l’idolatria tentatrice è strisciante come il serpente; è schiacciata ma non uccisa. Regolarmente, poi, la sua insidia torna a ferire il popolo ebreo, ma soltanto al calcagno, perché genera l’apostasia e tuttavia non distrugge mai del tutto negli israeliti la fede in Dio.

    La maledizione contro Eva:

    “Alla donna disse: Renderò grandi i tuoi travagli, quelli della tua gravidanza; con dolore partorirai figliuoli; tu avrai desiderio del tuo marito, ed egli dominerà sopra di te.” (Luzzatto, Genesi 3:16)

    Qui sono annunciate tre sofferenze che avrebbero colpito in futuro TUTTE le donne:
    il dolore del parto, il suo desiderio verso il marito, l’essere dominata da quest’ultimo.
    Nella storia umana, la prima si è senz’altro avverata; la terza pure, ma da qualche decennio, almeno nelle società occidentali, la posizione del coniuge femminile è divenuta paritaria.
    Riguardo alla seconda: “Tu avrai desiderio del tuo marito” è affermata una condizione psicologica femminile irreale. Il testo biblico non si riferisce all’attrazione naturale fra i due sessi ma al desiderio unilaterale della moglie verso il marito-padrone che la domina.
    Anche nei casi in cui le ragazze sposano un uomo per amore, col passare degli anni il desiderio verso il coniuge scema e spesso diventa insofferenza. I numerosi casi di separazione e di divorzio dei nostri tempi lo dimostrano. Storicamente, in ogni epoca e luogo, l’avversione che le spose avevano verso il marito esisteva anzi fin dal primo giorno di matrimonio. Infatti, per la consuetudine ovunque diffusa dei matrimoni combinati, esse erano impacchettate fin dall’adolescenza e consegnate dalla loro famiglia a uomini sconosciuti. Sovente questi uomini erano di età avanzata e, nelle società poligamiche come quella israelita, già con un carico di mogli e di figli.

    Quest’aspetto della maledizione divina contro Eva non si è dunque mai avverato – se non in casi patologici. Il motivo che ha spinto l’autore biblico a immaginare una cosa talmente assurda dipende forse dall’idea androcentrica e misogina tipica della sua epoca: che la donna sarebbe in tutto, anche biologicamente, dipendente dall’uomo. Questa visione lo ha portato a vietare, nella redazione della Torah, l’omosessualità maschile e a ignorare quella femminile, nella convinzione che la sessualità dipenda in assoluto dal membro maschile. Conformemente a quest’idea, se il lesbismo non è vietato, lo è invece la copula con animali, sia agli uomini, sia alle donne.

  23. Hai scritto pure qua!
    Se mangi di quell’albero certamente ne morirai disse il Signore, invece non ne morirete affatto disse il serpente, anzi diventerete come Dio conoscendo il bene e il male.
    Ma cosa hai fatto disse il Signore ad Eva ( l’aveva fatto proprio grossa a quanto pare). Il serpente mi ha ingannato rispose ed io ho mangiato. Ma in che cosa consiste l’inganno? Se il serpente disse il contrario di ciò che disse DIo, essendo uno verità e l’altro menzogna, secondo te Dio mangia di quello albero? Lo conosce il bene e il male?
    Tu che lo conosci, sei diventato come Dio o invece sei ancora confuso in ogni cosa, senza mai riuscire a conoscere la verità delle cose?
    Nutrirsi di pensieri e fantasie invece dell’albero della vita.

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