“Scintille di Torah” è la raccolta di brevi commenti alla parashàh (porzione settimanale di Torah/Pentateuco secondo il ciclo di lettura annuale ebraico) che pubblichiamo ogni settimana sulla
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“Lascia andare il mio popolo”: la frase mai detta
La celebre frase “Lascia andare il mio popolo”, che richiama alla mente l’immagine di un Mosè coraggioso e sfrontato al cospetto del temibile Faraone, ha ispirato generazioni di individui oppressi e di comunità in lotta per l’indipendenza.
Le origini di Mosè
Come tutte le storie bibliche più famose, raccontate ai bambini nella forma di fiabe e divenute oggetto di suggestive rappresentazioni cinematografiche, anche la vicenda della nascita di Moshè (e della sua adozione da parte della figlia del Faraone) si rivela in realtà molto più complessa e ricca di significati di quanto spesso si pensi.
Quando Dio cercò di uccidere Mosè
Tutti conoscono Mosè come colui che ricevette la rivelazione di Dio presso il roveto ardente e che divenne il liberatore degli Israeliti schiavi in Egitto, ma non molti ricordano lo strano episodio in cui “il Signore lo incontrò e cercò di ucciderlo” (Esodo 4:24). L’episodio più misterioso della Torah, come vedremo, potrebbe nascondere significati affascinanti legati alle vicende successive dell’Esodo.

Shemot: La diplomazia di Mosè
Nella sezione iniziale del Libro dell’Esodo ci viene presentata la figura centrale del Pentateuco: Mosè. Il suo ruolo principale di capo e di profeta è senza rivali, indiscusso e incontrastato all’interno della tradizione ebraica. Ciò che però non ci viene detto – almeno non esplicitamente – è il motivo per cui Mosè fu scelto per guidare gli Israeliti fuori dall’Egitto, verso il Sinai e (idealmente) fino alla Terra promessa.
Shemot: e le donne sconfissero l’Egitto
Commento alla Parashah di Shemot (Esodo 1:1 – 6:1) di Rav Scialom Bahbout, Rabbino capo di Napoli e del Meridione. . Il re d’Egitto si