È proibito assassinare un altro essere umano. Anche colui che compie un omicidio in modo indiretto (come il mandante di un delitto, o chi mette a repentaglio la vita di una persona privandola dei mezzi per sopravvivere) è considerato colpevole di assassinio nella Legge noachide. Uccidere un aggressore per legittima difesa è permesso nel caso in cui non ci siano altri modi per salvarsi. Il suicidio è incluso nella proibizione.
Secondo il pensiero ebraico, l’essenza della vita umana è talmente sacra ed elevata che il Talmud afferma: «Chi salva una vita salva il mondo intero, e chi distrugge una vita distrugge il mondo intero» (Sanhedrin 37a).
Gli antichi Maestri, mossi dall’intento di trarre dai vari precetti degli insegnamenti morali più ampi, paragonano l’atto di umiliare pubblicamente il proprio prossimo allo spargimento di sangue.
Il principio della legittima difesa e il diritto di reagire nel caso di un conflitto bellico sono validi e riconosciuti nella Legge noachide.
Origine biblica del precetto
«Io chiederò conto del sangue delle vostre vite; ne chiederò conto ad ogni animale e all’uomo. Chiederò conto della vita dell’uomo alla mano di ogni fratello dell’uomo. Chiunque spargerà il sangue di un uomo, il suo sangue sarà sparso per mezzo di un uomo, perché Dio ha fatto l’uomo a sua immagine». (Genesi 9:5-7).
Bisogna notare che, secondo la Bibbia, il motivo principale per cui l’assassinio è proibito non è legato al bisogno di preservare l’ordine sociale, e neppure al semplice rispetto per la vita altrui; il fondamento del precetto sta invece nella sacralità della natura umana in quanto espressione dell’Immagine di Dio.
Oltre alla proibizione universale esplicita, l’assassinio è condannato già in Genesi 4:6-10.