Rispondiamo oggi al seguente quesito sull’interpretazione di un famoso verso del Libro dei Salmi:
Volevo chiedere cosa significa la frase “Preziosa agli occhi del Signore è la morte dei suoi fedeli”. Ha forse a che fare con la vita dopo la morte e la ricompensa dei fedeli quando Dio li chiama a sé? Grazie.
La frase a cui si fa riferimento si trova nel salmo 116, uno dei salmi dell’Hallel, ovvero una serie di capitoli recitati dagli Ebrei come se fossero un unico canto di lode, in occasione di alcune festività.
Nel verso si legge:
יָ֭קָר בְּעֵינֵ֣י יְ־הוָ֑ה הַ֝מָּ֗וְתָה לַחֲסִידָֽיו
Yakàr be'enè HaShem HaMàvtah LaChasidàv
Cara agli occhi di HaShem (Y-H-V-H) è la morte dei suoi fedeli (Salmi 116:15).
In che senso, come sembra affermare il salmista, la morte degli uomini giusti sarebbe “cara” o “preziosa” per il Creatore?
Fin dalle sue origini, la tradizione cristiana ha visto in questo versetto un’esaltazione dei credenti che muoiono eroicamente per la loro fede.
Agostino (De Civitate Dei, XII, 7), ad esempio, scrive che il salmo si riferisce ai martiri, che attraverso il loro sacrificio ottengono il perdono di tutti i peccati e l’elevazione suprema delle loro anime.
Il verso è anche spesso inteso come una consolazione relativa alla morte di tutti gli innocenti che perdono la vita prematuramente, come a dire che Dio ama le anime pure e le chiama a sé nel suo regno celeste.
Questa lettura, sebbene sia molto diffusa e fonte di conforto spirituale, non rispecchia tuttavia il senso reale del testo biblico, come ora spiegheremo.
Il contesto del salmo 116
La frase sulla morte “preziosa” dei giusti fa parte di un canto poetico più ampio, e non può quindi essere letta isolatamente.
Fin dai suoi primi versi, il salmo 116 si presenta come una lode o un ringraziamento rivolto al Creatore:
Ho amato HaShem perché ascolta la voce delle mie suppliche,
Poiché ha teso l'orecchio verso di me, io lo invocherò per tutta la mia vita (116:1-2).
Al v. 12, il salmista afferma che Dio gli ha concesso molti benefici. Per questo, negli ultimi versi, egli promette che offrirà un sacrificio di ringraziamento nel Tempio, testimoniando davanti al popolo la benevolenza dell’Altissimo.
Ma quale grazia ha ricevuto dunque il salmista? In che modo ha ottenuto l’aiuto divino? Pur senza dettagli precisi, ciò ci viene rivelato in alcuni versi del canto:
I lacci della morte mi avevano circondato, le angosce della fossa mi avevano colto; mi avevano raggiunto la disgrazia e il dolore. [...] Tu hai preservato la mia vita dalla morte, i miei occhi dalle lacrime, i miei piedi dalle cadute.
Io camminerò davanti ad HaShem sulla terra dei viventi (116:3-9).
Con un linguaggio poetico, viene descritta qui una minaccia letale: il salmista stava per perdere la vita, cadendo vittima dei “lacci della morte” e delle “angosce della fossa (She’òl)”. Eppure, quando egli si riteneva ormai spacciato, Dio l’ha soccorso permettendogli di sfuggire al pericolo.
Ora che è sopravvissuto, l’autore del salmo può camminare “sulla terra dei viventi” (v. 10), sollevare il “calice della salvezza” (v. 13) e recarsi con gioia nei cortili del Tempio a Gerusalemme (v.19).
La morte del giusto non conviene
Proprio in questo contesto di gratitudine per lo scampato pericolo, compare la frase “è cara agli occhi di HaShem la morte dei suoi fedeli”. Non si parla qui di martiri o di giusti che muoiono: il salmista non è affatto morto, anzi, è sfuggito alla morte con l’aiuto divino.
Il senso della frase è stato ben inteso da Rashi, che nel suo Commentario offre la seguente parafrasi del verso:
“Il Santo Benedetto ha mostrato [al salmista] che è cosa difficile e grave per Lui far morire i suoi fedeli”.
In maniera simile, Ibn Ezra commenta: “È difficile agli occhi di HaShem far morire i suoi fedeli prima del loro tempo”.
Per comprendere meglio l’idea qui espressa, possiamo basarci su altri salmi in cui ritroviamo lo stesso tema, come avviene in Salmi 30:10, dove l’autore dice a Dio:
Che vantaggio c’è nel mio sangue, se scenderò nella fossa? Forse la polvere ti loderà? Annunzierà essa la tua fedeltà?
Qui come in altri capitoli (6:6; 88:11-13), si allude al fatto che la morte dei giusti sia una sorta di “perdita” per l’Altissimo: eliminando dalla terra uno dei suoi devoti, Dio si priva di qualcuno in grado di riconoscere la Sua grandezza e di lodarlo tra i viventi.
Per questo, in accordo con tale concezione, la Divinità tiene in grande conto la morte dei propri devoti, ed è quindi favorevole a esaudire le loro richieste di aiuto allo scopo di non rinunciare a uno dei suoi ferventi (e preziosi) adoratori.
Secondo il pensiero della Bibbia ebraica, l'”interesse” di Dio non è di strappare il prima possibile i giusti dal mondo per condurli in un regno ultraterreno, quanto piuttosto quello di prolungare le loro vite affinché la voce della lode non si affievolisca sulla terra.