Tra tutti i libri dei Profeti, quello di Giona sembra rappresentare un caso unico: qui troviamo infatti un profeta d’Israele a cui è affidata la missione di predicare non al popolo ebraico, ma a una nazione straniera.

Tra tutti i libri dei Profeti, quello di Giona sembra rappresentare un caso unico: qui troviamo infatti un profeta d’Israele a cui è affidata la missione di predicare non al popolo ebraico, ma a una nazione straniera.
Alla luce delle riflessioni sullo sviluppo sostenibile e sui cambiamenti climatici, vale la pena interrogarsi su una questione più che mai attuale: la Bibbia, e in particolare il racconto della Creazione, contiene davvero un messaggio contrario al rispetto dell’ambiente?
Oggi molto più che in passato, parlare di “popolo eletto” non è per niente facile. Gli orrori compiuti dai regimi totalitari nel secolo scorso, insieme alla crescente sensibilità egualitaria, ci mostrano quanto possa essere aberrante credere che una nazione, ma anche una qualsiasi comunità, sia intrinsecamente “superiore”.
La festa di Sukkot, che per il suo significato principale sembra essere legata unicamente al popolo ebraico e alla sua storia, assume nella Bibbia e nella tradizione rabbinica anche un sorprendente valore universale che coinvolge l’umanità intera.
In questo articolo vogliamo focalizzarci su un passo della Shirat Ha’azinu, la cui comprensione può risultare alquanto problematica: “Quando l’Altissimo diede alle nazioni la loro eredità, quando separò i figli degli uomini, Egli fissò i confini dei popoli, secondo il numero dei figli d’Israele” (Deuteronomio 32:8-9). Che cosa significa?
Una riflessione di Rabbi Jonathan Sacks sulla proibizione biblica di disprezzare il popolo egiziano, nonostante la dura schiavitù subita dagli Israeliti a causa del Faraone.