Ki Tavò: Israele non sarà mai abbandonato

tochachah

Tutte queste maledizioni verranno su di te, ti perseguiteranno e ti raggiungeranno, finché tu sia distrutto, perché non hai ubbidito alla voce di Hashem, il tuo Dio, osservando i comandamenti e gli statuti che egli ti ha ordinato. Essi saranno come un segno e come un prodigio per te e per i tuoi discendenti, per sempre (Deuteronomio 29:45-46).

La sezione conclusiva del Libro del Deuteronomio contiene alcuni dei passi più aspri e angoscianti di tutta la Bibbia ebraica. Si tratta, in particolare, della lista delle maledizioni che vengono inflitte al popolo d’Israele nel caso in cui esso perseveri nella sua infedeltà. Il brano è noto tradizionalmente come Tokhachah (rimprovero) e appare molto più esteso e dettagliato rispetto alla sezione dedicata alla benedizioni (Deut. 28:1-14).

Gran parte delle sciagure elencate si sono purtroppo adempiute nel corso della lunga e tormentata esistenza del popolo ebraico. L’esilio, la dispersione, le persecuzioni e lo sterminio sono tutti eventi terribili descritti in questo brano, che hanno segnato drammaticamente la storia ebraica negli ultimi duemila anni. La Torah preannuncia:

Sarete strappati dal paese che entri ad occupare. Hashem ti disperderà fra tutti i popoli, da un’estremità all’altra della terra, e là servirai altri dèi, che né tu né i tuoi padri avete mai conosciuto, di legno e di pietra. E fra quelle nazioni non troverai pace e non vi sarà luogo di riposo per la pianta dei tuoi piedi; là Hashem ti darà un cuore tremante, occhi che si struggono e angoscia d’anima. La tua vita ti starà davanti come sospesa nell’incertezza; tremerai notte e giorno e non avrai alcuna sicurezza della tua esistenza.  La mattina dirai: “Fosse sera!”, e la sera dirai: “Fosse mattina!”, a motivo dello spavento che riempirà il tuo cuore e a motivo dello spettacolo che i tuoi occhi vedranno (Deut. 28:63-67).

Simili maledizioni si trovano in realtà anche in un passo precedente, nel Libro del Levitico:
Devasterò il paese, e i vostri nemici che vi abiteranno rimarranno sbalorditi. Disperderò voi fra le nazioni e trarrò fuori la spada contro di voi; il vostro paese sarà desolato e le vostre città saranno deserte. […] Perirete fra le nazioni e il paese dei vostri nemici vi divorerà (Levitico 26:32-38).

Nel leggere parole così inquietanti non è possibile fare a meno di porsi domande esistenziali sulla giustizia di Dio e sul significato della sofferenza umana. I brani citati potrebbero lasciar credere che ogni sciagura sia sempre il risultato del peccato e della disobbedienza, mentre in realtà le cose non sono così semplici come appaiono. Nei Salmi si dichiara infatti: “Tu ci hai resi la vergogna dei nostri vicini, la beffa e lo scherno di chi ci sta intorno. […] Tutto questo ci è venuto addosso, ma noi non ti abbiamo dimenticato e non abbiamo tradito il tuo Patto (Salmi 44:11-13).
Anche dalla vicenda di Giobbe e da alcuni passi dei Profeti si impara che spesso i dolori e le sventure colpiscono anche coloro che non sono colpevoli, e che a volte i malvagi sembrano addirittura più felici e più benedetti dei giusti.

Ciò che si afferma nel Levitico e nel Deuteronomio funziona però sul piano della collettività. Se la nazione (nel suo complesso) osserverà la Legge divina e seguirà la giustizia, allora essa sarà prospera e sicura. Se invece si allontanerà dalla via mostrata da Dio per volgersi all’immoralità e alla corruzione, come avvenne ad esempio all’epoca della distruzione del Tempio ad opera dell’esercito romano, le conseguenze saranno terrificanti.

Quando il popolo si trova disperso fra le altre nazioni, in balia delle culture straniere e delle persecuzioni, non è più possibile riconoscere la mano invisibile della Provvidenza. La Torah dichiara che, in questa situazione, gli Ebrei dubiteranno della presenza di Dio, e quindi persino della sua esistenza: “In quel giorno diranno: Questi mali non ci sono forse caduti addosso perché il nostro Dio non è in mezzo a noi?” (Deut. 31:17).
Eppure sono proprio le sofferenze e le maledizioni a rappresentare “un segno e un prodigio per sempre” (Deut. 29:46). In altre parole, agli occhi di chi conosce il testo sacro,  la realizzazione di tutte le disgrazie predette dalla Torah appare come una tragica garanzia della veridicità della Parola di Dio. Se ai tempi di Mosè il Creatore si rivelava attraverso grandi prodigi nel deserto, nelle generazioni dell’esilio Egli si rivela invece tramite l’adempimento delle Sue promesse, anche di quelle negative. Sembra paradossale, ma è proprio ciò che la Torah vuole dirci: Dio si mostra anche quando nasconde il Suo volto.

Ma le maledizioni, per quanto severe, non hanno mai l’ultima parola nella Bibbia. Dopo l’interminabile lista di flagelli e castighi, il Deuteronomio riporta infatti una grandiosa promessa piena di conforto:
“Hashem, il tuo Dio, ti farà ritornare dalla schiavitù, avrà pietà di te e ti raccoglierà di nuovo fra tutti i popoli, fra i quali Hashem, il tuo Dio, ti aveva disperso. Anche se fossi stato scacciato all’estremità del cielo, Hashem, il tuo Dio ti raccoglierà di là e di là ti prenderà. Hashem, il tuo Dio, ti ricondurrà nel paese che i tuoi padri possedettero e tu lo possederai, ed Egli ti farà del bene e ti moltiplicherà più dei tuoi padri” (Deut. 30:3-5).

Anche il Levitico, subito dopo aver elencato le punizioni inflitte a Israele, dichiara che Dio non abbandonerà mai il Suo popolo:
“Nonostante tutto questo, quando saranno nel paese dei loro nemici, io non li disprezzerò e non li detesterò fino al punto di annientarli del tutto e di rompere il mio Patto con loro; poiché io sono Hashem, il loro Dio. Ma per loro amore mi ricorderò del Patto stabilito con i loro padri, che feci uscire dal paese d’Egitto sotto gli occhi delle nazioni, per essere il loro Dio” (Levitico 26:44-45).

Allo stesso modo, tutti i Profeti iniziano i loro libri con discorsi di ammonimento e di condanna per il popolo infedele, ma a questi seguono sempre  parole di consolazione e l’annuncio della futura restaurazione di Israele nella sua terra.
“Poiché Hashem ti ha chiamato come una donna abbandonata e afflitta nel suo spirito, come la sposa della giovinezza che è stata ripudiata, dice il tuo Dio. Ti ho abbandonata per un breve istante, ma con immensa compassione ti radunerò. In uno scoppio d’ira ti ho nascosto per un momento il mio volto, ma con un amore eterno avrò compassione di te, dice Hashem, il tuo Redentore” (Isaia 54:6-8)
“Così dice Hashem, che ha dato il sole per la luce di giorno e le leggi alla luna e alle stelle per la luce di notte, che solleva il mare e ne fa mugghiare le onde, il cui nome è Hashem Tzevaot. Se le leggi [della natura] venissero meno davanti a me, dice Hashem, allora anche la stirpe d’Israele cesserebbe di essere una nazione davanti a me per sempre” (Geremia 31:35-36).

Persino Osea, colui che nelle sue profezie di rimprovero arrivò a dichiarare che Israele non era più il popolo di Dio (Osea 1:9), chiude il proprio libro con parole di misericordia:
“Io guarirò il loro traviamento, li amerò grandemente, perché la mia ira si è ritirata da loro. Sarò come la rugiada per Israele. Esso fiorirà come il giglio e affonderà le sue radici come i cedri del Libano. I suoi rami si estenderanno, la sua bellezza sarà come quella dell’ulivo, la sua fragranza come quella del Libano” (Osea 14:4-6).

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