Avodah Zarah (Idolatria)

idolatry

È proibito rendere culto a qualsiasi divinità diversa dall’Unico Dio. Questo divieto comprende l’adorazione degli idoli e di qualunque immagine, creatura, elemento naturale, persona, oggetto e ideologia. Non è permesso mostrare segni di riverenza (inchini, sacrifici, preghiere) davanti all’immagine di una divinità.  È proibito inoltre fabbricare e vendere idoli. Le pratiche di magia, stregoneria e superstizione sono considerate forme di idolatria.

Questo precetto, nella forma in cui è espresso, costituisce una proibizione e non include l’obbligo positivo di credere nell’esistenza di Dio.
Benché l’Ebraismo non imponga ai popoli del mondo di convertirsi o di accettare determinate dottrine teologiche, il rifiuto dell’idolatria è da considerarsi essenziale per l’uomo che non vuole essere schiavo della natura e che non accetta di degradare la propria dignità con la venerazione di oggetti inanimati o di false divinità. La proibizione non riguarda soltanto il culto delle statue o delle immagini adorate dai pagani, ma anche le forme più moderne di idolatria come la sottomissione alle ideologie nazionaliste e totalitariste, o la divinizzazione del denaro e di se stessi.
Secondo un principio espresso da Rabbi Hiyya nel Talmud (Chullin 13b), i pagani che vivono al di fuori della Terra d’Israele non sono considerati colpevoli di idolatria, poiché essi non fanno altro che praticare i riti ereditati dai loro antenati. Tuttavia, al non-ebreo che decide consapevolmente di osservare i precetti noachidi, è richiesto l’abbandono di ogni atteggiamento religioso contrario al culto del Dio Unico.

Origine biblica del precetto

Il principale intento del racconto della Creazione nel Libro della Genesi è quello di trasmettere la concezione dell’unicità di Dio, sradicando così le credenze politeistiche sull’origine del mondo. Secondo la Torah, l’universo è dominato da un unico Essere Supremo, mentre gli astri e tutti gli elementi naturali adorati dai popoli pagani non sono altro che strumenti del Creatore, privi di qualsiasi potere indipendente.
La prima condanna esplicita dell’idolatria compare in Genesi 35:2, nell’esortazione che Giacobbe rivolge a tutti gli uomini del suo seguito: «Togliete gli dèi stranieri che sono in mezzo a voi».

I sacrifici umani, i riti occulti e le varie forme di stregoneria nella Torah vengono definite abominazioni sia per gli Ebrei che per gli altri popoli, come è scritto in Deuteronomio 18:9-14:
«Non imparerai a imitare gli abomini di quelle nazioni. Non si trovi in mezzo a te chi fa passare suo figlio o sua figlia per il fuoco, né chi esercita la divinazione, né astrologo, né chi predice il futuro, né mago, né incantatore, né chi consulta gli spiriti, né chi dice la fortuna, né negromante, perché il Signore detesta chiunque fa queste cose, e a motivo di queste pratiche abominevoli, il Signore, il tuo Dio, sta per scacciare quelle nazioni dinanzi a te».

I Profeti biblici preannunciano l’abbandono dell’idolatria da parte di tutte le nazioni:
«A te verranno I popoli dalle estremità della terra e diranno: I nostri padri hanno ereditato solo menzogne, vanità che non giovano a nulla. Può l’uomo fabbricarsi dèi? Ma questi non sono dèi» (Geremia 16:19-20).

15 commenti

  1. Chaza”l insegna che benche’ il popolo d’Israele non sia soggetto al mazal (influenza delle stelle) cio’ non e’ invece valido circa i goyim che invece sono soggetti al mazal. Non e’ dunque affermabile con assoluta certezza la proibizione delle pratiche astrologiche per i goyim e persino da parte di un ebreo ad uso e consumo dei goyim. Non sarei cosi’ sicuro nel catalogare le pratiche astrologiche sotto la denominazione di “idolatria”.

    1. Grazie dell’interessante osservazione. In effetti la questione è abbastanza complessa. La legislazione noachide come è intesa oggi è basata quasi totalmente sulla codificazione di Rambam in Hilkhot Melakhim. In quanto razionalista, Rambam rigettava l’astrologia, opinione condivisa anche dal figlio Rabbenu Avraham e da Shmuel ben Chofni Gaon, altro grande razionalista. C’è da dire che l’astrologia ai tempi dei Chachamim era una vera e propria scienza, non paragonabile a quella che oggi troviamo sulle riviste secolari.

    2. Se è vero che Kazal insegna che gli ebrei non sono soggetti agli influssi degli astri mentre i “goyim” ne sono influenzati, l’implicazione logica di tale affermazione è che le azioni dei goyim (cioè dei non ebrei), dipenderebbero solo in parte dal loro libero arbitrio, a differenza degli ebrei che sarebbero invece assoluti padroni delle proprie scelte.
      Con tale insegnamento, Kazal sostiene in primis la superiorità interiore del popolo eletto rispetto ai comuni mortali; in secondo luogo ammette l’esistenza di forze e potenze occulte in un universo creato e controllato dall’Essere Supremo.

      Yehuda Abramson ha scritto che: « Mi riferivo all’astrologia “seria” e non ai ciarlatani ».

      Si può davvero parlare di astrologia seria? Ma affermare che esistano altri poteri al di fuori di quelli di Dio, non sarebbe già idolatria? E sostenere che tali poteri estranei e indipendenti da Dio influenzino la volontà, il carattere e le azioni dei non ebrei non sarebbe discriminatorio?

      1. Premesso che per me non esiste alcuna “astrologia seria”, in realtà l’insegnamento è ben diverso. Nel trattato Shabbat, il Talmud riporta due opinioni: una secondo cui esiste una costellazione specifica che influisce sul destino di Israele, e un’altra, più nota e autorevole, secondo cui invece “en mazal leIsrael” (non c’è costellazione per Israele). Ma cosa significa veramente? Subito dopo, il Talmud racconta una serie di aneddoti che mostrano come indubbiamente anche gli Ebrei siano soggetti al potere delle stelle, che influisce sul loro carattere e sul loro destino. Tuttavia, l’osservanza delle mitzvot della Torah crea un contro-influsso più forte che permette loro di superare questo limite, purché essi osservino le suddette mitzvot (per questo si parla di Israel e non dei goyim). Per i Maestri, tale credenza non era idolatrica poiché anche le stelle e il loro potere sono creazioni di Dio, non indipendenti da lui. In accordo con la scienza dell’epoca, anche gli antichi rabbini accettavano le opinioni dei Greci e dei Caldei sull’astrologia. Per attualizzare il loro insegnamento, quelle che i Maestri chiamano “costellazioni” oggi corrisponderebbero ai fattori genetici che influenzano la nostra vita. Il messaggio del Talmud è: anche se per tua natura hai delle predisposizioni negative, perseguendo la giustizia potrai superarle.
        Va ricordato che la corrente razionalista nata nel Medioevo, che fa capo a Maimonide, si oppone fermamente all’astrologia, benché essa fosse accettata dai Maestri talmudici, che erano pur sempre figli del loro tempo.

  2. Quanto affermi sul Rambam e su suo figlio (di cui ho da pochi giorni letto il suo maamar su chazal) e’ vero, ma ad esempio il Ramchal nel Derech HaShem pare esprimersi in senso diverso.

    1. È indubbiamente vero, e anche oggi coesistono opinioni diverse a riguardo. Comunque nell’articolo (parte in rosso) ho parlato di “magia e stregoneria”, non esplicitamente di astrologia.

      1. Mi riferivo alla parte in nero dell’articolo ed in particolare alla citazione di Devarim 18:9-14. In quel contesto la Torah si rivolge ai bene Israel e non ai bene Noach.

      2. Chiaramente si rivolge ai Benè Israel, ma afferma che chiunque faccia (kol osseh) queste cose è toevat Hashem (abominazione per D-o), e che a motivo di queste pratiche le sette nazioni di Kenan stanno per essere scacciate. Nella Gemarah, nella famosa discussione sui sette precetti, è riportato a questo proposito che tutto ciò che si trova nella “parashah della stregoneria” è proibito ai goyim, e il motivo sta proprio nel fatto che la Torah condanna i cananei (e gli egizi in Vayikra) per aver svolto tali pratiche occulte. Il problema semmai sta nel definirle con precisione per capire cosa è toevah e cosa no.

  3. Per quale ragione Dio detesta chi pratica la divinazione, l’astrologia, l’illusionismo, la necromanzia, la predizione del futuro? La risposta che oggi molti darebbero è che la pratica di tali cose merita avversione in Cielo come in terra perché è pura ciarlataneria che alimenta le superstizioni fra la gente.
    Diversi episodi biblici, tuttavia, sembrano voler affermare il reale potere di maghi e incantatori; come di quelli egiziani, per esempio, che si confrontarono con Mosè e Aronne dinanzi al faraone. Essi seppero trasformare i propri bastoni in serpenti vivi, cosa che nessun illusionista nostrano saprebbe replicare. Poi seppero imitare il primo flagello mandato da Dio che mutò in sangue tutte le acque d’Egitto, nei fiumi, nei canali, negli stagni, nelle raccolte d’acqua, perfino nei recipienti. Certo sarebbe stato più sensato un prodigio all’inverso che purificasse l’acqua anziché inquinarla di nuovo. Quei maghi replicarono pure il secondo flagello, quello delle rane. Anche in questo caso avrebbero fatto meglio a risolvere il problema invece di raddoppiarlo. Va rilevato, comunque, che fino a qui erano stati alla pari col potere di Dio.

    Oscuro è l’episodio di re Saul che fa evocare lo spirito del profeta Samuele dalla maga di Endor. Saul si era camuffato per non essere riconosciuto dalla donna, ma questa, solo dopo che ebbe evocato Samuele, scoprì che aveva dinanzi il re ed ebbe paura. Saul la tranquillizzò così che la necromante fece da tramite fra il vivo e il morto. Samuele parlò a Saul con la stessa durezza che usava con lui quand’era in vita, gli rammentò i suoi peccati e l’imminente castigo divino: che l’indomani sarebbe stato sconfitto in battaglia; per di più lui e anche i suoi figli sarebbero caduti. Di conseguenza, essendo il trono vacante, questo sarebbe passato all’odiato Davide. L’evocatrice non avrebbe potuto tirare a indovinare dettagli talmente precisi oltre che infausti per Saul. Poiché l’ebraismo non ammette l’esistenza del diavolo (dal quale potrebbero derivare i poteri occulti dei maghi) né che esista l’oltretomba, chi era dunque, o cosa era lo spirito evocato da quella maga, e come faceva questa a predire con tanta esattezza il futuro?

    Non è meno oscuro è il passo di 2Re 13:20-21 che narra della resurrezione di un uomo il cui cadavere era caduto sulle sante ossa del profeta Eliseo. Questo profeta aveva operato numerosi miracoli in vita ma, chiaramente, egli era solo il tramite umano del potere divino. Le sue ossa, però, sembra avessero la capacità autonoma di resuscitare i cadaveri, il che è in sintonia con le credenze cristiane sul potere delle reliquie, non condivise, che io sappia, dall’ebraismo.

    I maghi non dovrebbero possedere capacità occulte, eppure gli episodi menzionati fanno pensare il contrario. Ugualmente, gli idoli non dovrebbero avere orecchie per ascoltare né poteri per esaudire le richieste dei loro adoratori; tuttavia, a questo proposito, appare incomprensibile la risposta che ebbe Geremia dai giudei rifugiati in Egitto. Al suo invito che facessero ritorno in Giudea, ora occupata dai babilonesi, e che si affidassero al Dio d’Israele, si sentì rispondere da quelli che fin dai tempi lontani era stata la Regina del Cielo, la dea Asherah, ad assisterli sempre nelle loro necessità:

    «Quanto all’ordine che ci hai comunicato in nome del Signore, noi non ti vogliamo dare ascolto; anzi decisamente eseguiremo tutto ciò che abbiamo promesso, cioè bruceremo incenso alla Regina del cielo e le offriremo libazioni come abbiamo già fatto noi, i nostri padri, i nostri re e i nostri capi nelle città di Giuda e per le strade di Gerusalemme. Allora avevamo pane in abbondanza, eravamo felici e non vedemmo alcuna sventura; ma da quando abbiamo cessato di bruciare incenso alla Regina del cielo e di offrirle libazioni, abbiamo sofferto carestia di tutto e siamo stati sterminati dalla spada e dalla fame». (Geremia 44:16-18, CEI)

    1. Sul caso della negromante è stato scritto un articolo in proposito: https://sguardoasion.com/2017/05/20/saul-e-levocatrice-di-en-dor/

      Da dove hai tratto l’idea che l’Ebraismo rifiuti l’oltretomba? Nell’Ebraismo non esistono posizioni dogmatiche in merito, ma di certo non si può dire che vi sia un rifiuto di questa credenza, che invece è ampiamente accettata.

      Per quanto riguarda la regina del cielo, la risposta data dagli esuli di Giuda a Geremia esprime chiaramente la loro opinione di idolatri, contraddetta da Geremia subito dopo. Il profeta infatti dice agli uomini di Giuda che se hanno sofferto per carestie e devastazione è a causa della loro malvagità, non certo per aver smesso di offrire incenso ad Asherah.

      1. Mi chiedi da dove ho tratto l’idea che l’Ebraismo rifiuti l’oltretomba: l’ho dedotta dalla semplice lettura del Tanakh. “Se esiste l’oltretomba, Mosè di sicuro non lo sapeva.” Questa non è mia, mi sembra sia di Voltaire. Anche i Testimoni di Geova, i soli cristiani che non credono nell’aldilà, traggono da molteplici passi della Bibbia ebraica quest’idea che è a fondamento della loro dottrina. Del resto è facile osservare che le benedizioni e le maledizioni divine contenute nel c.d. Vecchio Testamento sono tutte esclusivamente terrene, mentre nel Nuovo Testamento premi e castighi sono ultraterreni (ma per i TdG tali riferimenti ultraterreni del N.T. non sono altro che metafore).

        Di certo nell’ebraismo non esistono posizioni dogmatiche essendo esso diviso fin dai tempi di Cristo in parecchie correnti di pensiero che si sono ulteriormente ramificate fino a oggi, tanto che qualcuna di esse accetta anche la tesi della reincarnazione.

      2. Non è una questione di correnti: in merito all’oltretomba, nell’Ebraismo possono esistere opinioni diverse anche all’interno della stessa sinagoga. È una questione su cui non esistono principi di fede vincolanti.
        Voltaire è stato troppo categorico. La Torah non descrive alcun oltretomba e non si occupa del destino ultraterreno dell’uomo, ma neppure è possibile escluderlo, soprattutto considerando alcune vaghe allusioni disseminate nel Tanakh.

  4. Scrivi: “Per quanto riguarda la regina del cielo, la risposta data dagli esuli di Giuda a Geremia esprime chiaramente la loro opinione di idolatri, contraddetta da Geremia subito dopo. Il profeta infatti dice agli uomini di Giuda che se hanno sofferto per carestie e devastazione è a causa della loro malvagità, non certo per aver smesso di offrire incenso ad Asherah.”

    Per me appare evidente un controsenso: se quegli ebrei avevano smesso di offrire incenso ad Asherah vuol dire che erano tornati al legittimo culto del Dio d’Israele, quindi non c’era più motivo di punirli. In effetti, il ripristino dell’ortodossia nel regno di Giuda era avvenuto grazie alla riforma religiosa del re Giosia che aveva ripulito con mano forte tutto il paese dall’idolatria. A questo punto il regno avrebbe dovuto essere sotto la protezione divina e avere pace e prosperità. Invece, Giosia morì in guerra, e il suo successore Ioakim divenne dapprima tributario di Nabucodonosor; in seguito si ribellò con la conseguenza che Gerusalemme fu conquistata dai babilonesi e avvenne la deportazione dei ceti più influenti a Babilonia e la fuga di altri giudei in Egitto. Questi ultimi ripresero allora i culti idolatrici dei loro antenati e, a quanto dichiararono a Geremia, solo così ritrovarono la passata prosperità perduta. Il profeta reagì pronunciando contro di loro la seguente profezia di sventura che, però, è stata smentita dalla storia:

    “Tutti gli uomini di Giuda che si trovano nel paese d’Egitto periranno di spada e di fame fino al loro sterminio. Gli scampati dalla spada torneranno dal paese d’Egitto nella terra di Giuda molto scarsi di numero. Tutto il resto di Giuda, coloro che sono andati a dimorare nel paese d’Egitto, sapranno quale parola si avvererà, se la mia o la loro.” (Geremia 44:27-28, CEI)

    Non fu la parola di Geremia ad avverarsi: il faraone Amasis fermò Nabucodonosor quando questi tentò di invadere l’Egitto. Amasis governò a lungo rendendo prospero il suo regno e proteggendo le minoranze straniere. Non avvennero quindi gli annunciati sterminii di giudei in terra egiziana. Circa settant’anni dopo la potenza persiana sostituì quella babilonese. I persiani occuparono l’Egitto, ma solo per farne la più ricca delle loro satrapie, rispettando, secondo il loro costume, le religioni e le minoranze locali, fra cui gli ebrei.

    Riguardo ai due diversi gruppi di giudei, da una parte gli esuli nel paese dei Caldei e dall’altra i profughi in Egitto, Geremia ha profetizzato due destini opposti: i primi sarebbero tornati nella terra dei loro padri e da lì non sarebbero mai più stati castigati con altre diaspore poiché Dio avrebbe modificato il loro cuore per renderlo ubbidiente. I giudei residenti in Egitto, invece, sarebbero stati sterminati. Il profeta paragona gli uni e gli altri rispettivamente a fichi buoni e a fichi cattivi. Così si esprime Geremia sui “fichi buoni”:

    “ Il Signore mi disse: «Che vedi Geremia ?» Io risposi: «Dei fichi; quelli buoni, molto buoni, e quelli cattivi, molto cattivi, da non potersi mangiare, tanto sono cattivi». La parola del Signore mi fu rivolta in questi termini: «Così parla il Signore, Dio d’Israele: Quali sono questi fichi buoni, tali saranno quelli di Giuda che ho mandati da questo luogo in esilio nel paese dei Caldei; io li tratterò con riguardo; metterò il mio occhio su di loro per il bene; li ricondurrò in questo paese; li stabilirò fermamente, e non li distruggerò; li pianterò, e non li sradicherò. Darò loro un cuore per conoscere me che sono il Signore; saranno mio popolo e io sarò loro Dio, perché si convertiranno a me con tutto il loro cuore».” (Gr 24:3-7, NR)

    I “fichi cattivi”:

    “ Come invece si trattano i fichi cattivi che non si possono mangiare, tanto sono cattivi, così, dice il Signore, io tratterò Sedechia, re di Giuda, e i suoi prìncipi, e il residuo di quelli di Gerusalemme, quelli che sono rimasti in questo paese e quelli che abitano nel paese d’Egitto; farò in modo che saranno agitati e maltrattati per tutti i regni della terra; diventeranno oggetto d’obbrobrio, di proverbio, di sarcasmo e di maledizione in tutti i luoghi dove li caccerò. Manderò contro di loro la spada, la fame, la peste, finché siano scomparsi dal suolo che avevo dato a loro e ai loro padri.” (Ibidem vv. 8-10)

    Per quanto concerne i cosiddetti fichi cattivi, come già detto, non accadde loro niente di male. In quanto a quelli buoni, cioè i deportati rientrati dal paese dei Caldei in Israele, la promessa della restaurazione del grande regno di Davide (al quale tutte le nazioni si sarebbero inchinate) non fu mantenuta. Anzi, la Giudea continuò a essere sottomessa a diverse potenze pagane: persiani, greci, seleucidi, romani. Anche la promessa più importante, che i giudei non sarebbero più stati scacciati dalla loro terra, venne meno poiché ci fu una seconda diaspora per opera dei romani, e questa fu ben più tragica di quella precedente.

    Negli eventi del post esilio vi sono alcuni paradossi: i rimpatriati aborrivano ormai l’idolatria (forse perché erano risanati dalle sofferenze della cattività o perché, come aveva profetizzato più volte anche il profeta Ezechiele, l’onnipotenza divina aveva sostituito il loro cuore di pietra con una di carne non trasgressivo), nondimeno Dio li abbandonò ugualmente. E fu un abbandono totale; infatti, oltre a lasciarli per secoli sotto il giogo straniero, Dio cessò di comunicare con loro per mezzo dei profeti (non sorsero più profeti in Israele) e smise inoltre di prodigare i propri prodigi per difenderli. Anzi, quando i giudei si ribellarono a Roma, contrariamente alle sue promesse enunciate dagli antichi oracoli, Dio lasciò che fossero sterminati e dispersi per sempre fuori dalla loro terra, tanto che Israele divenne una semplice colonia romana.

    1. Giosia aveva ripulito il paese dall’idolatria, ma i re successivi “fecero ciò che è male agli occhi di HaShem”. Per questo, dal punto di vista del narratore biblico, avvenne la distruzione del Tempio e l’esilio.
      Per il resto, dalla tua analisi mancano dei pezzi: Aggeo, Zaccaria, i libri di Esdra e Nehemia, la vicenda di Hanukkah.

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