In merito al nostro articolo introduttivo “La Torah e i popoli del mondo“, un nostro lettore, che ha firmato il suo commento con il nome “Alessandro”, ha proposto una serie di interessanti obiezioni e riflessioni. Vista l’importanza dei temi affrontati, abbiamo deciso di presentare il suo commento in questo nuovo articolo assieme alla nostra risposta.
Riguardo il rapporto fra ebrei e gli altri popoli come raccontato nelle storie bibliche, non è possibile restare indifferenti sulla violenza che vi è descritta circa l’insediamento degli israeliti nella terra promessa, una terra già abitata da sette nazioni che sarebbero state tutte, come afferma la Torah, più numerose di Israele e talmente malvagie da meritare il genocidio.
Dato che Dio è onnipotente e aveva fissato i confini delle nazioni, è normale chiedersi perché non avesse riservato al suo popolo una terra che non fosse abitata. Pressappoco come fanno i ristoratori quando riservano ai loro clienti un tavolo libero, non uno già occupato da altri clienti.
La questione qui sollevata è di natura molto ardua e complessa, tale da meritare certamente un articolo separato. Bisogna innanzitutto comprendere che il termine “genocidio” applicato alla conquista della Terra di Kenàn risulta equivoco e in gran parte inappropriato. La Torah non comanda di lottare contro un popolo in senso etnico, una “razza”, e neppure una nazionalità (in termini moderni), bensì contro una cultura corrotta. L’opposizione è di natura morale e religiosa. Non esiste, nella Bibbia ebraica, alcuna affermazione su una presunta inferiorità etnica innata dei Cananei o di altri popoli. La Torah dice BeTzelem Elohim barà otam: Dio li creò (gli esseri umani, senza distinzioni) ad immagine di Dio.
Il Cananeo che si separa dai costumi immorali della propria nazione (tra cui il più grave è certamente da identificare nella pratica dei sacrifici umani dei bambini offerti alle divinità) si sottrae automaticamente dalla condanna che la Torah gli rivolge. Rachav (Raab), la prostituta cananea, fu accolta nel popolo ebraico. I Gabaoniti, nonostante il ricorso a uno stratagemma poco onesto, divennero alleati degli Israeliti, che li difesero in guerra, e quando Saul iniziò a sterminarli, l’ira di Dio si accese contro di lui. Il Talmud parla di discendenti del generale Sisera e degli Amalekiti che siedono in sinagoga a studiare la Torah.
Le uniche nazioni che Israele aveva il divieto di attaccare erano tre, i cui capostipiti avevano legami di sangue con gli antichi patriarchi d’Israele: moabiti ed ammoniti erano i discendenti di Lot (ma frutto di un rapporto incestuoso di costui con le proprie figlie), e gli edomiti, i quali discendevano dal fratello di Giacobbe, il superficiale e carnale Esaù (che per di più aveva generato la propria stirpe da tre mogli cananee). “Cugini” di Israele dunque, ma di ceppo inferiore date le loro ascendenze impure, e comunque in qualche maniera da rispettare a motivo della lontana parentela.
La proibizione di attaccare le nazioni di Moav, Ammon e Edom è esplicitata per il semplice motivo che tali nazioni, confinanti con Israele, si trovavano sul percorso compiuto dagli Israeliti per giungere nella terra promessa. Altri popoli, come Ismaeliti e Benè Keturah, benché “cugini” degli Israeliti, non sono menzionati, in quanto residenti in Arabia. È poi da chiarire cosa si intenda per “ceppo inferiore” e “ascendenze impure”, espressioni che sembrano derivare almeno in parte da considerazioni estranee alla Torah.
Ma Deuteronomio 20:10-15 permette l’aggressione di altre nazioni, diverse dalle tre sopracitate, per renderle tributarie, e decreta inoltre che tutti i maschi di quelle città che hanno opposto resistenza siano uccisi e le donne e i bambini ridotti in schiavitù.
Tale norma è riferita, però, esclusivamente alle popolazioni lontane dalla terra promessa (o Canaan). Per i residenti, invece, non erano possibili trattative per la resa. Di conseguenza le popolazioni cananee erano destinate al genocidio (Deuteronomio 20:16-18) affinché facessero spazio al popolo eletto. I gabaoniti, una di queste popolazioni autoctone, erano disposti ad arrendersi pur di avere salva la vita, ma essi poterono salvarsi solo per essere riusciti, con l’astuzia, a strappare a Giosuè il giuramento di non sterminarli. Pure Raab di Gerico ottenne la salvezza per sé e per i propri parenti grazie al fatto che anche lei ottenne un giuramento analogo dalle spie israelite che aveva avuto l’occasione di aiutare.
Sull’argomento delle leggi relative alla guerra abbiamo dedicato un articolo apposito (seppur non esaustivo), a cui rimandiamo.
Trattative per la resa, in relazione ai Cananei, erano possibili eccome. Sia Mosè che Giosuè proposero la pace a questi popoli prima di attaccare battaglia. Le affermazioni contenute in alcuni versetti del Deuteronomio appaiono troppo categoriche e severe in proposito, e vanno lette alla luce dei brani in cui si parla di trattative di pace e considerando il linguaggio aspro tipico dei documenti contrattuali dell’epoca.
“Affinché facessero spazio al popolo eletto” è un’altra affermazione che sottintende premesse fallaci. Deuteronomio 9:4-6 spiega chiaramente che la conquista della terra promessa non avviene in conseguenza di un’eventuale superiorità degli Israeliti. Al giusto Abramo, come narra Genesi 15:16, non fu permesso di conquistare la Terra di Kenàn poiché l’iniquità dei popoli residenti non era ancora giunta al colmo: essi non meritavano ancora di essere privati della terra santa.
Le ragioni riguardanti la necessità dello sterminio dei cananei sono dichiarate negli stessi versetti della Torah:
1. Si trattava di popoli in abominio a Dio perché i loro costumi erano empi, e pertanto meritavano lo sterminio dal lattante al vecchio.
2. Se fossero stati risparmiati, data la convivenza avrebbero traviato gli ebrei con i loro culti iniqui.
Sebbene Hashem non consideri “superiori” gli israeliti, la concezione razzista rimane dato che qualifica come “inferiori” sul piano etico, al punto da meritare il genocidio, tutti gli abitanti di Canaan (Deuteronomio 9:4-6), come se gli individui fossero responsabili della cultura nella quale sono stati allevati.
Bisogna notare che lo sterminio dei Cananei è presentato nella Torah come via secondaria rispetto a quella di strappare a questi popoli il possesso della terra. Si veda a questo proposito l’accurato studio di Reuven Kimelman dal titolo “The Seven Nations of Canaan”.
Inoltre, è necessario comprendere che, nella Bibbia, quella contro i Cananei non è presentata come una battaglia degli Israeliti, ma come una battaglia di Dio. L’annientamento delle sette nazioni è da equiparare al Diluvio universale e alla distruzione di Sodoma e Gomorra: un giudizio divino, seppure, in questo caso, mediato attraverso l’azione di un esercito umano. Lo sgomento e la perplessità che ci pervadono quando leggiamo delle stragi compiute contro i Cananei, devono essere gli stessi che proviamo leggendo le storie dei giudizi divini sul mondo intero. Sono storie praticamente impossibili da digerire, soprattutto per il lettore moderno, ma comunque estranee ad ogni forma di razzismo.
Basti pensare, come esempio che viene proprio dalla Torah, al “giusto” Lot. Secondo il narratore biblico egli rappresenta l’uomo retto, dato che fu disposto a barattare la vita delle sue due figlie (senza avere almeno la cortesia di chiedere loro se fossero disposte a farsi stuprare a morte da tutta la popolazione maschile di Sodoma) per salvare due uomini a lui sconosciuti che aveva ospitato nella propria casa. La morale della storia? Il giusto sa come rispettare gli ospiti! Tale insegnamento etico è confermato nel libro di Giudici dal vecchio di Ghibea, che invece offre ad una folla di uomini violenti la sua unica figlia e in aggiunta un’altra donna (che era sua ospite!) per salvare la vita di un levita. Fu poi quest’ultimo che consegnò a quegli uomini quella donna, la quale per inciso era sua moglie, affinché la violentassero al suo posto fino a farla morire.
Nella concezione di giustizia dei redattori biblici, l’uomo giusto è disposto a sacrificare donne della sua famiglia (quindi inferiori perché femmine) pur di salvare uomini che neppure conosce ma a cui ha dato ospitalità.
Alla luce della sensibilità moderna (e delle moderne legislazioni penali) Lot ed il vecchio di Ghibea non sono dei giusti bensì dei criminali. Ma essi agivano secondo la cultura che li aveva formati, esattamente come avveniva per i cananei.
Questa analisi dei racconti biblici è piuttosto superficiale. Nella Torah non esiste bianco e nero, e i personaggi positivi, anche se presentati come uomini giusti e devoti, finiscono quasi sempre per commettere errori e peccati, anche se non sempre ciò è esplicito nel testo.
Lot, nel racconto della distruzione di Sodoma, è ben lungi dall’essere presentato come il perfetto giusto. Il suo atto immorale di offrire le proprie figlie alla folla inferocita sarà punito middah keneged middah: Lot stesso sarà “stuprato” dalle sue figlie e diventerà il padre di una discendenza che, come la Torah ci mostra, non sarà che l’erede spirituale di Sodoma. Ci sono altri segnali nel testo che rivelano la natura traballante della giustizia di Lot e della sua famiglia.
Il racconto parallelo del libro dei Giudici va anch’esso letto nella sua complessità. La studiosa Yael Leibowitz, in una sua lezione presso la Yeshiva University, ha mostrato come l’episodio della concubina del levita sia il punto più basso di un percorso tracciato dal testo biblico sulla decadenza della condizione della donna nell’Israele del periodo pre-monarchico.
Si rivela assai più illuminato della Torah il padre della storia, Erodoto, che racconta degli usi e costumi spesso bizzarri di molti popoli del suo tempo senza però mai giudicarli, ma osservando come il senso etico sia relativo al luogo di nascita.
Erodoto è uno storico, la Torah si presenta invece come un codice etico, una guida della morale e della religione. La Torah non può quindi sottrarsi al compito di giudicare un popolo che sacrificava i propri bambini alle divinità.
La concezione dell’intolleranza e della discriminazione che emerge dalla lettura della Torah è confermata in Deuteronomio 23, dove ammoniti e moabiti residenti in Israele, a causa di colpe storiche dei loro antenati, non soltanto non potevano mai mettere piede nell’assemblea del Signore, ma in più nei loro riguardi l’israelita era comandato a nutrire avversione eterna, come è comandato nel versetto 7:
“Non cercherai né la loro pace, né la loro prosperità, finché tu viva, mai.” (CEI)
Se la passano meglio l’idumeo e l’egiziano, i quali non dovranno essere odiati e, perlomeno alla terza generazione, potranno entrare nell’assemblea di Hashem.
Non “a causa di colpe storiche dei loro antenati”. Ruth, la moabita, viene accettata nel popolo ebraico proprio grazie al suo atto di sottrarsi ai tratti negativi caratteristici del suo popolo. L’approccio biblico a questi temi è meno schematico di quanto potrebbe sembrare.
Alle discriminazioni etniche si aggiungono quelle derivanti da fattori fisici e genetici:
“Non entrerà nella comunità del Signore chi ha il membro contuso o mutilato. Il bastardo non entrerà nella comunità del Signore; nessuno dei suoi, neppure alla decima generazione, entrerà nella comunità del Signore.” (Ibidem 2-3).
Prima bisogna comprendere cosa significhino i termini ebraici utilizzati petzua daka e mamzer, oltre all’espressione “non entrerà nell’assemblea del Signore”.
Tuttavia non possiamo trascurare i passi biblici che comandano il rispetto verso i forestieri e residenti stranieri (Esodo 22:21). Ma questa norma etica non è prerogativa della Torah. In ogni paese del mondo antico l’ospitalità verso gli stranieri era tenuta in grande considerazione, e nell’antica Grecia era perfino sacra. La ragione era pratica: le difficoltà di comunicazione ed i gravi pericoli durante il viaggio davano luogo a tanti microcosmi connessi tra loro solo grazie a mercanti e viaggiatori; per mezzo di questi circolavano materie prime, mercanzie, tecnologie, conoscenze ed anche informazioni su quello che accadeva nei luoghi lontani. Lo straniero era prezioso e quindi bisognava proteggerlo e dargli assistenza.
Riguardo Israele si pensi ai fenici che costruirono il Tempio di Salomone. Gli israeliti ebbero bisogno dei loro architetti e delle loro maestranze, e di molti materiali provenienti dal Libano e da altre terre lontane. Se non vi fosse stato il rispetto verso i forestieri, Israele avrebbe dovuto continuare a vivere sotto le tende.
D’altra parte, al tempo in cui con ogni probabilità fu scritta la Torah, vale a dire nel periodo dell’esilio babilonese e nell’immediato post esilio, numerose comunità giudaiche ormai vivevano e prosperavano in tutto il medio oriente, in Egitto e in Grecia. La reciprocità rappresentava dunque una ragione in più perché anche in Israele le comunità straniere fossero rispettate.
La differenza con le altre culture consiste nel fatto che la Torah non associa il rispetto per lo straniero a un vantaggio pratico o a motivazioni pragmatiche. Secondo la Torah, lo straniero va accolto e onorato perché “Dio ama lo straniero”. L’usanza dell’ospitalità diviene un principio sacro assoluto, collegato al fondamento stesso dell’esistenza e della morale.
Rispondendo in parte ad Alessandro, e dal mio punto di vista, penso che bisogna considerare il contesto storico e sociologico di Israele tre millenni e mezzo fa. Ripeto: tre millenni e mezzo fa. Parliamo dell’età del rame. Dalle nostre italiche parti si doveva attendere ancora secoli e secoli prima che iniziasse la civiltà. Dalle parti di Israele, mentre gente selvaggia divinizzava ancora le forze della natura e si costruiva idoli, a cui offrire sacrifici umani, gli ebrei – unici al mondo – avevano il Dio UNICO di cui non facevano immagini. La gente era però quello che era.
se si legge Dt 23:2.
Israele aveva leggi di un’altezza morale che i loro contemporanei neppure si sognavano. Per l’adulterio c’era la pena di morte. Ciò nonostante, si commetteva adulterio. Come ulteriore restrizione, erano previste conseguenze per i figli adulterini, illegittimi. Che colpa ne avevano i figli? Potremmo fare la stessa domanda per i figli di drogati che oggi nascono con l’AIDS. Si chiamano conseguenze. Per le colpe dei genitori. Con quelle leggi si tentava di arginare il più possibile l’immoralità per preservare la santità di Israele.
Per esempio il grande Impero Romano scomparse non perché fu vinto da imperi più grandi e potenti ma perché fu corroso al suo interno dal declino della moralità, che già tanto morale non era stato. Con la legge deuteronomica era protetta anche l’istituzione familiare nella sua discendenza, impedendo che i diritti di successione andassero a premiare gli eredi di gente adultera e immorale come erano i popoli cananei. Pertanto le guerre contro questi popoli aveva dal mio punto di vista, una valenza prettamente etica (e non discriminatoria o razzista) che ha permesso al popolo di israele (unico caso al mondo) di sopravvivere fino ai nostri giorni.
Inoltre se mi è concesso, volevo fare un ulteriore riflessione per rispondere alle guerre di sterminio che scandalizzano molti .
Indubbiamente la presa di possesso della Terra הארץ, haàretz, “la terra” -, ancora oggi, il territorio di Israele contribuì a sviluppare l’autonomia politica e spirituale del popolo ebraico. Però, a poco a poco gli ebrei fecero addirittura amicizia con i cananei e si limitarono a chiedere un tributo. Fu questa la causa del raffreddamento spirituale. Infatti, i cananei erano idolatri, e gli ebrei furono sempre lusingati dall’idolatria. Inoltre lì a Canaan si adoravano dèi (come Bel, Astoret, Moloch) che erano di facili costumi: il loro culto era allegro ma nefando. Alla fine si presentò il tristissimo spettacolo di molti ebrei che lasciarono il culto del vero Dio per darsi al culto seducente dell’idolatria. “Sacrificarono agl’idoli di Canaan; e il paese fu profanato” (Sl 106:38). Eppure erano stati avvertiti. “Quando avrete passato il Giordano e sarete entrati nel paese di Canaan, scaccerete d’innanzi a voi tutti gli abitanti del paese, distruggerete tutte le loro immagini, distruggerete tutte le loro statue di metallo fuso e demolirete tutti i loro luoghi sacri. Prenderete possesso del paese e in esso vi stabilirete, perché io ve l’ho dato affinché lo possediate”. – Nm 33:51-53.
L’abbandono della vera adorazione e l’indebolimento dell’orgoglio nazionale spezzarono proprio questo doppio legame da cui derivava l’unità di Israele. I sintomi di tale indebolimento si fecero sentire ben presto e Israele s’incamminò per una via disastrosa che l’avrebbe condotta allo sfacelo. “Queste nazioni [le nazioni pagane] servirono a mettere Israele alla prova, per vedere se Israele avrebbe ubbidito ai comandamenti che il Signore aveva dato ai loro padri per mezzo di Mosè. Così i figli d’Israele abitarono in mezzo ai Cananei, agli Ittiti, agli Amorei, ai Ferezei, agli Ivvei e ai Gebusei; sposarono le loro figlie, diedero le proprie figlie come spose ai loro figli, e servirono i loro dèi” (Gdc 3:4-6). Questo sfacelo sarebbe stato completo se Hashem stesso, mantenendo il suo amore per Israele, non fosse intervenuto per far ripristinare la Legge data a Mosè e confermata da Giosuè, per impedire che tutta Israele fosse travolta dall’idolatria cananea. Fu per questo che D-o suscitò uomini che nutrivano ardente devozione per la vera adorazione, uomini che rianimarono la fede curandosi della libertà e dell’indipendenza nazionale, uomini che resisterono agli oppositori e che impedivano l’infiltrarsi dei licenziosi costumi cananei tra il santo popolo di D-o. Questi uomini furono chiamati Giudici. Non che essi fossero i depositari del potere giudiziario in senso moderno: erano piuttosto dei condottieri che guidavano il popolo e lo assistevano nel mantenimento della libertà esercitando il potere politico e curando l’integrità spirituale. In pratica erano uomini suscitati dal Santo di Israele per il bene della sua nazione, affinché questa mantenesse il suo carattere così particolare e unico al mondo.
l’impero romano non cadde certo solo per la diffusa immoralita.’ Questa e’ una visione religiosa, per carita’ rispettabilissima, Ma le cause della progressiva caduta furono molteplici e tutte di ordine esclusivamente pratico Vedi confini troppo estesi e quindi impossibilita’ di proteggerli, quindi varie calate di barbari e via discorrendo.
e non dimentichiamo le varie lotte tra augusti e cesari sia dell’impero romano d’oriente sia quello d’occidente.
Sguardo a Sion scrive:
“Trattative per la resa, in relazione ai Cananei, erano possibili eccome. Sia Mosè che Giosuè proposero la pace a questi popoli prima di attaccare battaglia.”
Trattative per la resa, in relazione ai Cananei, erano invece impossibili perché insensate alla luce del proposito divino di creare nella terra di Canaan una nazione di sacerdoti e santa, ossia separata dai popoli pagani per impedire sincretismi che la sua Legge vietava in modo categorico. La resa, anche qualora fosse stata offerta a quelle popolazioni, se accolta sarebbe stata una decisione politica voluta soltanto dai monarchi locali e non un atto d’interiore conversione all’ebraismo di milioni d’individui idolatri che avrebbero convissuto “capillarmente”con i futuri sacerdoti dell’umanità:
“Non lascerai in vita alcun essere che respiri; ma li voterai allo sterminio… perché essi non v’insegnino a commettere tutti gli abomini che fanno per i loro dèi e voi non pecchiate contro il Signore vostro Dio.” (Deuteronomio 20:16-18, CEI)
Ciò che piuttosto appare illogico è perché Dio riservò al suo popolo una terra che non era fertile naturalmente (come la valle del Nilo) ma solo per sua volontà, e tuttavia in essa vi aveva insediato per sua volontà (Deuteronomio 32:8) sette nazioni idolatre prima di farvi alloggiare il suo popolo di sacerdoti; con la sua onnipotenza quella terra avrebbe potuto restare disabitata fino all’arrivo pacifico del suo popolo e solo allora Dio avrebbe riaperto i rubinetti per renderla fertile. Non ci sarebbero stati massacri indiscriminati che non si conciliano con la giustizia divina.
Strano che Dio non abbia usato il medesimo buon senso di una padrona di casa che, imbandendo la tavola per i suoi ospiti, riserva un posto libero per quello degli ospiti che sa arriverebbe più tardi, non permettendo che sia intanto occupato poiché non direbbe mai al ritardatario di ammazzare il commensale che vi è seduto per accaparrarsi la sua sedia.
Sguardo a Sion scrive:
“Le affermazioni contenute in alcuni versetti del Deuteronomio appaiono troppo categoriche e severe in proposito, e vanno lette alla luce dei brani in cui si parla di trattative di pace e considerando il linguaggio aspro tipico dei documenti contrattuali dell’epoca.”
Le affermazioni contenute nei versetti del Deuteronomio non appaiono ma sono effettivamente categoriche, e lo sono a causa della logica anzidetta, ossia uccidere tutti i pagani per impedire il sincretismo religioso. Inoltre, lette alla luce dei brani in cui si parla di trattative di pace, il loro aspetto categorico ne è anzi confermato.
Quali furono queste presunte trattative di pace? Una fu solo una finzione: Dio fece chiedere al re Sihon il passaggio pacifico del popolo eletto attraverso il suo territorio, ma nello stesso tempo gli rendeva ostinato il cuore affinché lui rifiutasse il passaggio; di conseguenza ci fu la guerra, e che guerra! Fu una pulizia etnica assoluta poiché non restò in vita un solo neonato. Anche qui c’è una stranezza: di solito il lupo non ha bisogno di una scusa per mangiarsi la pecora.
Riguardo a Raab e ai gabaoniti non si può parlare di trattative di pace ma di giuramenti estorti da essi agli israeliti ben sapendo di essere condannati a morte da invasori che non facevano prigionieri. Lo stratagemma dei gabaoniti che tu definisci “poco onesto” era il solo mezzo perché essi salvassero la vita per sé e per i propri bambini, pur sapendo di dover divenire schiavi. “Poco onesta” se mai, definirei la pretesa di gratitudine richiesta agli israeliti dopo che la terra promessa fosse stata “ripulita” da tutti i suoi legittimi abitanti:
“Quando il Signore tuo Dio ti avrà fatto entrare nel paese che ai tuoi padri Abramo, Isacco e Giacobbe aveva giurato di darti; quando ti avrà condotto alle città grandi e belle che tu non hai edificate, alle case piene di ogni bene che tu non hai riempite, alle cisterne scavate ma non da te, alle vigne e agli oliveti che tu non hai piantati, quando avrai mangiato e ti sarai saziato, guardati dal dimenticare il Signore, che ti ha fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione servile.” (Deuteronomio 6:10-12, CEI)
Sguardo a Sion scrive:
” Deuteronomio 9:4-6 spiega chiaramente che la conquista della terra promessa non avviene in conseguenza di un’eventuale superiorità degli Israeliti. Al giusto Abramo, come narra Genesi 15:16, non fu permesso di conquistare la Terra di Kenàn poiché l’iniquità dei popoli residenti non era ancora giunta al colmo: essi non meritavano ancora di essere privati della terra santa.”
Sarebbe tuttavia giusto, dovremmo chiederci, che un popolo sia privato della sua terra a causa della propria cultura solo perché questa è qualificata “iniqua”? Di certo gli europei che nei secoli scorsi hanno colonizzato gran parte del nostro pianeta la pensavano così. Ritenevano fosse giusto schiavizzare gli africani, gli indios, gli asiatici perché erano trogloditi, barbari, perfino cannibali. Stando a quest’assunto, la cultura degli abitanti di Canaan, ai tempi di Abramo, non era ancora scesa tanto in basso perché quelle genti meritassero di essere macellate in massa come sarebbe invece accaduto quattrocento anni dopo: “L’iniquità degli Amorrei non ha ancora raggiunto il colmo.”
Ciò che fa allibire l’uomo di oggi è che la cultura biblica, a confronto con i concetti etici odierni, non è tuttavia meno arcaica, e quindi “iniqua” sotto molti aspetti, di quella di altre popolazioni coeve che giudica, solo per l’aspetto culturale, meritevoli di estinzione.
Sguardo a Sion scrive:
“Lot, nel racconto della distruzione di Sodoma, è ben lungi dall’essere presentato come il perfetto giusto. Il suo atto immorale di offrire le proprie figlie alla folla inferocita sarà punito middah keneged middah: Lot stesso sarà “stuprato” dalle sue figlie e diventerà il padre di una discendenza che, come la Torah ci mostra, non sarà che l’erede spirituale di Sodoma. Ci sono altri segnali nel testo che rivelano la natura traballante della giustizia di Lot e della sua famiglia.”
Il teologo giudeo di nome Pietro, che fu uno degli scrittori del c.d. Nuovo Testamento e uno dei fondatori della dottrina cristiana, descrive Lot come una brava persona, sofferente alla vista delle ignominie dei sodomiti:
“(Dio) condannò alla distruzione le città di Sòdoma e Gomorra, riducendole in cenere, ponendo un esempio a quanti sarebbero vissuti empiamente. Liberò invece il giusto Lot, angustiato dal comportamento immorale di quegli scellerati. Quel giusto infatti, per ciò che vedeva e udiva mentre abitava in mezzo a loro, si tormentava ogni giorno nella sua anima giusta per tali ignominie.” (2Pietro 2:6-8, CEI)
Evidentemente Pietro, non commentando il proposito di Lot di far violentare le proprie figliole al posto dei suoi ospiti, non considerava per nulla abominevole né il patriarca né l’atto; il che è comprensibile giacché l’idea dei diritti inalienabili dell’uomo sarebbe sorta solo un paio di millenni più tardi.
Pertanto vorrei chiedere: i Maestri medievali, prima che comparisse tale idea dei diritti umani, si sono mai pronunciati sul comportamento di Lot? Qualcuno di loro l’ha condannato? Qualcuno ha asserito che la Torah stessa lo condanna?
In caso contrario, se cioè anche la letteratura rabbinica passata considerava Lot un giusto, ne conseguirebbe che la sua riprovazione da parte di studiosi ebrei contemporanei appare come un loro tentativo di forzato allineamento ai concetti etici di oggigiorno.
Sguardo a Sion scrive:
“Il racconto parallelo del libro dei Giudici va anch’esso letto nella sua complessità. La studiosa Yael Leibowitz, in una sua lezione presso la Yeshiva University, ha mostrato come l’episodio della concubina del levita sia il punto più basso di un percorso tracciato dalla Torah sulla decadenza della condizione della donna nell’Israele del periodo pre-monarchico.”
Se, come afferma la studiosa Yael Leibowitz, l’episodio della concubina del levita sia il punto più basso di un percorso tracciato dalla Torah sulla decadenza della condizione della donna nell’Israele del periodo pre-monarchico, direi che tale decadenza non si ravvisa nello stupro della donna, giacché gli stupri ci sono sempre stati da che mondo è mondo, ma nell’uso di costei come scudo umano. Riguardo allo stupro, i suoi responsabili furono castigati da Israele e da Dio, e non si può fare a meno di osservare che nell’attuazione del castigo furono entrambi di manica larga giacché l’intera popolazione locale fu sterminata.
Riguardo invece all’utilizzo come scudo umano della donna, voluta dal vecchio che la ospitava al fine di onorare – paradossalmente – l’obbligo morale di aver cura dei propri ospiti (ma solo se maschi!) e attuato dal marito di lei, non vi furono castighi. Costoro, anzi, compaiono solo in veste di vittime che chiedono giustizia e la ottengono.
Come ti ho già fatto notare in un altro commento, gli antichi Maestri criticano aspramente Lot per una molteplicità di motivi, compreso naturalmente il suo comportamento nei confronti delle figlie. Non serve dunque aspettare l’era moderna per leggere questi giudizi contro il nipote di Avraham. Il “santo Lot” è un’invenzione di matrice cristiana.
Devo ancora una volta ribadire che è fallace adottare l’equazione “personaggi non puniti da Dio = giusti”. Non è così nel libro dei Giudici, che infatti non ci presenta il levita di Ghivah come un personaggio positivo.
Sguardo a Sion scrive:
“Erodoto è uno storico, la Torah si presenta invece come un codice etico, una guida della morale e della religione. La Torah non può quindi sottrarsi al compito di giudicare un popolo che sacrificava i propri bambini alle divinità.”
Giudicare un popolo? Al più, si potrebbe giudicare un tipo di cultura. Nessuno è colpevole della cultura in cui è stato allevato fin dalla nascita, neppure i cannibali, specialmente laddove l’assenza di democrazia e di alfabetizzazione (così era nei tempi antichi) impedisce ai singoli la critica costruttiva che faccia cambiare in meglio la cultura d’origine.
A parte ciò, il sacrificio dei propri bambini imputato ad alcune popolazioni era solo frutto di propaganda dei loro nemici. L’archeologia ha dimostrato che i Tofet non dimostrano nulla; secondo molti storici, greci e romani (nonostante fossero dediti ai sacrifici umani, ma di schiavi e prigionieri di guerra) diffamavano fenici e cartaginesi, loro eterni avversari, sostenendo che questi sacrificassero i propri figli.
La Bibbia fa lo stesso con i nemici d’Israele. Che si tratti di demonizzazione si comprende facilmente: si consideri che in quei tempi la mortalità infantile fosse ovunque nel mondo del cinquanta per cento (lo era anche fino a un secolo fa). Sarebbe quindi stato da pazzi per gli adoratori di Baal rinunciare ai propri eredi, sopravvissuti alla naturale mattanza infantile, quando bastava immolare degli schiavi; inoltre sarebbe stato un vero handicap per gli uomini senza figli (a causa di sterilità o perché non ancora ammogliati) che i loro numi esigessero null’altro che il sangue della prole. Gli schiavi, invece, erano sempre a portata di mano per chiunque ne avesse nel suo patrimonio. Il sacrificio dei figli poteva essere un atto assolutamente disperato, come quello compiuto da un re di Moab che immolò agli idoli il suo erede sulle mura di fronte agli israeliti. Questi a tal punto credevano nell’efficacia di un simile sacrificio che fuggirono a gambe levate piantando in asso il Dio d’Israele che fino a quel momento li aveva fatti stravincere.
Sguardo a Sion scrive:
“Ruth, la moabita, viene accettata nel popolo ebraico proprio grazie al suo atto di sottrarsi ai tratti negativi caratteristici del suo popolo.”
Quali sarebbero questi tratti negativi caratteristici del popolo di Ruth che sarebbero stati assenti in questa donna? Incapacità di ogni moabita d’amare qualcuno poiché Ruth sapeva amare? Sarebbe una tesi inconcepibile giacché l’amore (ovviamente quello parziale) è insito in tutti gli esseri umani, anche fra i più feroci. Ruth semplicemente nutre un grande affetto verso la madre del suo defunto marito e le è devota; tutto qua. La cultura moabita poteva anche essere barbara, ma non per questo si deve ritenere che tale cultura inibisse ai singoli l’affetto profondo o l’amore verso qualcuno, e che Ruth si fosse sottratta a questa regola impossibile.
Sguardo a Sion scrive:
“La differenza con le altre culture consiste nel fatto che la Torah non associa il rispetto per lo straniero a un vantaggio pratico o a motivazioni pragmatiche. Secondo la Torah, lo straniero va accolto e onorato perché “Dio ama lo straniero”. L’usanza dell’ospitalità diviene un principio sacro assoluto, collegato al fondamento stesso dell’esistenza e della morale.”
Dio non è il solo che ama lo straniero: anche Zeus lo ama e lo protegge. Il motivo pragmatico era certamente alla base del rispetto sacrale nell’antichità verso i forestieri che, per l’assenza di efficaci mezzi di comunicazione e di trasporto, trasmettevano notizie, idee, manufatti, materie prime. Ma era troppo complesso spiegare alle masse ignoranti e superstiziose le ragioni pratiche di una regola come questa: pertanto, era più semplice inculcare la norma affermandola come sacra alla divinità, e tanto bastava. Consiglierei la lettura dell’Iliade e dell’Odissea per comprendere il valore morale e religioso che gli antichi greci conferivano all’ospitalità.
Mi dispiace contraddirti, ma i sacrifici di bambini non erano solo propaganda, ma una realtà storica appurata. Capisco che chi si sente in dovere di criticare la Bibbia a oltranza e in modo assoluto desideri anche guardare con simpatia ai Cananei, ma non per questo è lecito ignorare la realtà. Nota inoltre che la Bibbia rimprovera anche gli Israeliti che avevano adottato questa orribile pratica lasciandosi influenzare dai Cananei. I profeti mirano a sradicare questa usanza prima di tutto all’interno del popolo: non si tratta di un’oscura pratica nota solo “per sentito dire”.
Scrivi:
“Capisco che chi si sente in dovere di criticare la Bibbia a oltranza e in modo assoluto desideri anche guardare con simpatia ai Cananei, ma non per questo è lecito ignorare la realtà.”
Io mi sento in dovere di criticare la Bibbia proprio perché non intendo ignorare la realtà.
E i sacrifici di bambini presso le culture puniche sarebbero una realtà appurata (come tu affermi) solo per chi vuole difendere la Bibbia a oltranza.
Sabatino Moscati, noto archeologo ebreo, autore di molti libri sulle antiche civiltà mediterranee, ha scritto opere, come “Gli adoratori di Moloch”, per dimostrare che tali sacrifici erano pura propaganda, e le sue ricerche sono state confermate da altri archeologi e studiosi.
D’altra parte, deve far riflettere che le ossa umane trovate nei tofet sono di neonati o di bambini sotto i due anni: chi vuol sacrificare un figlio perché, ad esempio come nel caso di Iefte, ha urgenza di vincere una guerra, non aspetta che intanto gli nasca un pargolo da sacrificare, ma immola i figli che già ha, come stava per fare Abramo col suo trentasettenne Isacco. I sacrifici umani d’individui adulti che fossero figli degli offerenti, non sono per nulla appurati.
Di sicuro presso molti popoli del Mediterraneo era in uso la pianificazione familiare, in altre parole la soppressione di bambini nati con menomazioni; lo scrittore latino Tacito critica gli ebrei perché loro, invece, non la praticavano. Pertanto le ossa rinvenute nei Tofet potevano essere quelle di bambini soppressi, ma non offerti in sacrificio.
Anche ammesso, comunque, che siano realtà storica i sacrifici della prole presso i fenici e i cananei, la differenza in questo con gli israeliti era semplice: gli israeliti scarificavano solo i propri schiavi al Dio d’Israele, i cananei immolavano schiavi e anche (forse) i propri figli.
Tuttavia, se i cananei meritavano l’etichetta di malvagi perché a volte immolavano qualcuno dei propri bambini, il “dio degli eserciti” quegli stessi bambini li ha fatti macellare a milioni; c’erano, infatti, sette nazioni più numerose d’Israele da spazzare via, sette nazioni di pagani fatte risiedere apposta in Palestina dal dio biblico perché gli fossero sacrificate. Stando ai racconti della Torah, l’insediamento degli israeliti nella terra promessa avvenne su un letto di sangue innocente. Dico “innocente” perché almeno la metà delle vittime cananee erano soltanto bambini o giovani, e l’altra metà adulta, fatta eccezione per i ceti dirigenti, erano contadini e miserabili ignoranti, analfabeti, genti che spesso non avevano visto nulla oltre il proprio orizzonte, schiavi delle tradizioni e della mentalità arcaica in cui erano stati allevati e schiavi di sistemi di governo certo non democratici.
Se la cultura di un popolo è abbietta, è quella cultura che va estinta, non il popolo.
Credo che l’Essere Supremo, onnipotente, giusto e misericordioso, dovrebbe saper fare di meglio per estirpare le cattive usanze.
E non può passare inosservato che l’antica cultura ebraica, rappresentata dalle datate norme della Torah, fa allibire l’uomo moderno non meno di quanto ci riescano quelle di altre popolazioni antiche.
Gli ultimi studi in merito, condotti dalla Oxford University, confermano l’attendibilità storica delle testimonianze di autori greci e romani (e della Bibbia) sui sacrifici di bambini praticati dai Fenici, suggerendo addirittura un nesso diretto tra questi riti e la fondazione di Cartagine. E del resto non si spiegherebbero in modo diverso le invettive bibliche contro gli Israeliti stessi che adottarono le stesse pratiche disumane.
In Israele non era affatto previsto il sacrificio di schiavi, così come non era previsto il sacrificio di maiali e di cammelli. Questa è pura fantasia e nessun testo ne parla, perciò ti pregherei di non riproporre continuamente questa idea infondata.
La Torah combatte contro una cultura corrotta, non contro un’etnia (tra gli stessi Israeliti c’erano molti uomini di stirpe cananea, considerando i matrimoni dei figli di Yaakov con le donne del paese, i gherim di cui si parla nel libro di Giosuè e la famiglia di Rachav), e anche i versi che parlano di terribili massacri, per quanto facciano rabbrividire, vanno letti alla luce delle espressioni comuni nel linguaggio militare dell’epoca. Tra l’altro non è neppure corretto dal punto di vista filosofico e teologico paragonare ciò che facevano i Cananei e ciò che fa il Dio della Bibbia. Quest’ultimo è presentato come il Creatore e il padrone della vita, per cui non solo i Cananei, ma tutti coloro che muoiono sulla terra, fin dalle origini del cosmo, sono “uccisi” (termine improprio) da lui. Non so se mi spiego.
Ps: Isacco non aveva trentasette anni.
Non so chi ha detto che leggendo la Bibbia si può sempre dimostrare tutto e il contrario di tutto, Dipende dalla propria inclinazione mentale e dagli scopi che si prefiggono. Interpretazioni ed argomentazioni sempre strumentali, che spesso vorrebbero dimostrare l’illogicità e le contraddizioni della Bibbia per dimostrare che non può essere un libro sacro, o se scritto dagli ebrei, dimostrare che non sono diversi o superiori agli altri popoli. Mente di contro, come fa il redattori di questo sito si cerca sempre di prendere le difese di Dio, o del suo popolo che ha scritto il libro, quando non riesce a capire la Bibbia e controreplicare con argomentazioni convincenti.. Ma chi vuol prendere le difese di Dio, spesso inconsciamente difende solo se stesso o la cultura di cui ne è espressione, rischiando di parlare di Dio con inganno. In base alla tradizione rabbinica ( post cristiana) la torah è un codice etico, si parla di morale e di giustizia.. Ma che si etica morale e tutto il resto, tutto alla fine non può che basarsi sulla distinzione fra il bene e il male, dimenticando che nella Bibbia sono stati confusi sullo stesso albero il bene e il male, ed il Signore ha detto ad Adamo che nel giorno in cui ne avrebbe mangiato certamente ne sarebbe morto. E solo scherzando, finché non ne morirete, mi andrebbe da dire che potete discutere di ogni cosa all’infinito senza ricavare un ragno dal buco, essendo confusi il bene e il male, e non distinguendosi in questo nessuna differenza fra la Bibbia e gli altri libri, fra gli ebrei e gli altri popoli. Potendo associare sempre un dio diverso ad una diversa concezione del bene e del male, senza mai poter dimostrare o persuadere gli altri sulla superiorità morale del loro Dio, perché mancherebbe sempre un unico parametro di riferimento ( essendo confusi il bene e il male). Molteplici ed infinite diverse concezioni del bene e del male, ma tutti falsi dei secondo la Bibbia, perché per la Bibbia Dio è amore, e all’amore interessa la distinzione fra il falso dal vero, più che il bene dal male.. Tanto come voi, finisco sempre per dire anche io le stesse cose, salvo che a me non rispondete, piacendovi perdere nelle vostre interminabili discussioni, cadendo sempre in contraddizione quanto più vorreste dimostrare le contraddizioni della Bibbia, o difendere un Dio frutto dei propri pensieri. Mancando un parametro di riferimento, tutto è relativo nel corso della storia umana, ma la Bibbia a differenza di tutti gli altri libri ci parla dell’amore di Dio.. Diritto e giustizia sono le basi del suo trono, ma colui che siede sul trono è amore misericordioso, grazia e verità, e solo per amore del suo nome salva Adamo dalla morte. Per giustizia di Dio e non per giustizia degli uomini. E tutto dipende se ci crede all’esistenza di Dio, a colui che siede sul trono. Ma se è difficile credere occorre prestare massimo rispetto almeno all’autore della Bibbia, ricordandoci peraltro che proprio lui ci ha detto che ascolteremo e non capiremo guarderemo e non vedremo, quando è il cuore è indurito, perchè solo amando si conosce l’amore. La bibbia è un libro realista, dove molto più degli altri libri viene evidenziato la nobiltà della natura umana ( poco meno degli angeli l’ha creato) e la sua estrema miseria.. La sua pochezza e il suo nulla, perché proprio all’inizio della storia è bastato un animale che sapesse appena parlare per confonderlo in ogni, forse come dice Qoelet, per dimostrargli che in nulla è superiore alle bestie, salvo forse la vanità. E’ un libro realista la Bibbia, dove non si parla mai con inganno nè di Dio e nè degli uomini, in cui vengono narrate le più nefandezze compiute dagli uomini, ma molti invece si scandalizzano per il comportamento di Dio..Ma se Dio è amore come può ordinare lo sterminio degli altri popoli, direbbe Marco, E’ sia ingiusto che crudele, ma non è affatto cosi, e spiegarlo sarebbe lungo, forse complicato, forse semplice, perché tutto dipende dai cuoi di ognuno. Il Signore è Uno, perché in lui ogni cosa è in rapporto da pari a pari, da uno a uno, non potendoci mai essere in lui divisioni e contraddizioni, ed una cosa superiore ad un’altra Tutte le sue parole sono una sola parola, perché tutto deve ricondotto ad unità, e solo l’amore porta tutto a compimento. Solo l’amore basta all ‘amore dicono i poeti, perché l’amore non prende nulla se non da se stesso, e non vuole nulla di estraneo di fronte a se, perché l’amore è puro. Vuole solo i cuori che amano la verità e la giustizia. Un Dio fondato sulla distinzione tra il bene e il male, è un Dio giudice assiso sul suo trono, perché solo a lui tocca far gisutizia o usare misericordia e benevolenza per portare gli uomini sulla retta via. Ma il Dio della Bibbia, prima di giudicare scende sempre dal suo trono per poter vedere ogni cosa da vicino con i suoi propri occhi, come nell’episodio d Sodoma. Voglio scendere disse, per vedere se è vero quello che mi hanno riferito Scende per voler vedere cosa hanno gli uomini in fondo al cuore,e quando nell’episodio del diluvio universale vede che sono incorregibili si penti e si addolora dovendoli solo sterminare. Ma anche chi non è d accordo e non gli piace questo Dio, ricorda che almento lui non giudica mai per sentito dire, e cosi dovrebbero fare gli uomini, veder ogni cosa da vicino prima di giudicare. Ma per far questo dobbiamo pregare Dio che mi mandi a tutti un profeta come Natan. Quello merita la morte, disse Re Davide, colui che aveva la legge di Dio nel suo cuore, ed essendo Re doveva amministrare la giustizia.. Ma quell’uomo sei tu, gli rispose il profeta, sei tu che hai fatto questo.. Perché siamo noi ad essere tutti contraddittori nei riguardi della legge di Dio, ed in base alla sua legge meriteremmo la morte. Ma tu non morirai gli disse Natan, il Signore ha perdonato il tuo peccato. Perché conosceva il suo cuore il Signore, anche se poi le conseguenza Davide l ha dovuto scontare perché esiste misericordia ma non imparzialità presso di lui. Dovette scontare le sue pene, ma non giudicò più quell’uomo, neanche i suoi figli, nonostante per non giudicarli ed usare misericodia stesse perdendo il suo trono nei confronti di Assalonne Colui che in vece di suo pade Davide voleva amministrare la giustizia, ma dopo la sua sconnfitta Davide disse che il Signore .aveva consolidato per sempre il suo trono. Mentre Assalonne rimase sospeso fra cielo e terra, come sospesi rimarrete sempre voi, se non cercate di capire l’amore di Dio.
Avro fatto tanta confusione anch ‘io, ma se almeno posso dire che Dio è amore, qual’è la vostra concezione di Dio, il Dio che vi piacerebbe se posso dir cosi.
O forse se risponde Marco, come si sarebbe comportato lui al posto di Lot.?
Giusto non giusto,almeno Lot in quell episodio è stato salvato da Dio.
Caro redattore, scrivi:
“In Israele non era affatto previsto il sacrificio di schiavi, così come non era previsto il sacrificio di maiali e di cammelli.”
I
In Israele non era previsto il sacrificio specifico della prole, che il Tanack condanna in 25 passi ma nemmeno in uno soltanto di questi condanna il sacrificio umano “lato sensu” come sarebbe ovvio, così come pone il divieto specifico di mangiare carne di maiale ma non per questo vieta di mangiare carne.
Scrivi:
“Questa è pura fantasia e nessun testo ne parla, perciò ti pregherei di non riproporre continuamente questa idea infondata.”
Tale asserzione potrebbe essere fantasia se a parlarne fossero fonti estranee alla Bibbia, e in tal caso io accoglierei il tuo invito di non parlarne continuamente, ma un testo c’è che ne parla ed è proprio la Bibbia. L’idea dei sacrifici umani permessi dalla legge mosaica apparirebbe infondata solo a condizione di chiudere gli occhi sui passi concordanti di Levitico 27:29 (dove si parla chiaramente di offerte religiose e non di condanne giudiziarie), e di Giudici 11:29-40 (dove il popolo israelita, che aveva rinunciato ai sacrifici umani in onore a Baal, è premiato con la vittoria per un sacrificio umano in onore a Dio!).
Dovremmo chiudere gli occhi anche su altre testimonianze bibliche: Dio comandò che Gerico non fosse riedificata, ma l’uomo israelita che avesse voluto ricostruirla avrebbe dovuto sacrificare due dei suoi figli per i consueti sacrifici di fondazione per i quali, in Medio Oriente, erano normalmente utilizzati solo schiavi.
C’è poi la carestia che colpì Israele al tempo di Davide per una colpa del re precedente: la collera divina si placò solo dopo che furono uccisi (sacrificati) due figli e cinque nipoti di quel re ora defunto.
Tutti questi passi si possono interpretare come si vuole, ma stanno lì.
Scrivi:
“Tra l’altro non è neppure corretto dal punto di vista filosofico e teologico paragonare ciò che facevano i Cananei e ciò che fa il Dio della Bibbia. Quest’ultimo è presentato come il Creatore e il padrone della vita, per cui non solo i Cananei, ma tutti coloro che muoiono sulla terra, fin dalle origini del cosmo, sono “uccisi” (termine improprio) da lui. Non so se mi spiego.”
Qui stai toccando la questione della teodicea, ossia della giustificazione della perfezione divina in rapporto all’esistenza del male, questione su cui sono stati scritti fiumi d’inchiostro. Io, comunque, ho sempre posto la questione delle stragi dei cananei non sull’aspetto della morte, perché comunque la vita ha un termine per tutti, ma sul modo crudele, disumano, spietato, sadico di uccidere, quindi sulle sofferenze procurate che non si conciliano con gli attributi di perfezione, misericordia, giustizia ecc. del Dio biblico che, però, quando vuole, induce la morte “dolce” come ai 185.000 assiri che assediavano Gerusalemme.
Se poi vogliamo girarla sull’imperscrutabilità dei decreti divini, dico che ” Caprice des dieux” può essere soltanto due cose: un noto formaggio, oppure l’immagine della/e divinità che l’uomo si crea e che varia secondo la sua mentalità e l’epoca in cui vive.
P.S. Secondo le differenti interpretazioni, Isacco aveva tra i 25 e i 37 anni; era, comunque, un ragazzone in grado di portare in spalla su per il monte la catasta di legna per un olocausto che non sapeva fosse proprio per lui.
Per quanto riguarda Levitico 27, ti ho già risposto nell’altro post mostrando come il termine cherem si applica sempre a qualcosa di bandito e di maledetto, non certo a un “odore soave per HaShem” come i sacrifici. Inoltre, ti ho inequivocabilmente mostrato come in 1 Samuele, nel racconto della guerra contro Amalek, il cherem è posto in antitesi con il korban/zevach (sacrificio/offerta), mostrando come il primo concetto sia opposto al secondo. Dunque nessun sacrificio umano è prescritto nel Libro del Levitico.
Di Giudici 11 ne abbiamo parlato fino alla nausea. Aggiungo solo che non è corretto affermare che “il popolo è premiato con la vittoria per un sacrificio umano”, in quanto questa è solo la tua deduzione, per me chiaramente erronea. Come ho già detto, l’equazione vittoria = favore di Dio non vale sempre, e meno che mai nella seconda metà del libro dei Giudici, dove si parla di personaggi apertamente idolatrici (e ora non parlo di Iefte) che trionfano.
In Giosuè 6 si parla esplicitamente di una maledizione: chi oserà ricostruire la città maledetta lo farà al costo della vita dei suoi figli. Non è certo la prescrizione di un atto di legittima devozione. Il sacrificio dei suoi figli, appunto, non di schiavi, e anche tu sai bene che il sacrificio della prole era proibito.
Nessun legame con i sacrifici neppure nel caso di David, che non fece altro che mettere i figli di Shaul nelle mani dei Gabaoniti, che li impiccarono (non li arsero di certo nel Tempio) in retribuzione per quanto compiuto contro di loro dal re e dalla sua “casa sanguinaria” (2 Sam. 21:1).
Scrivi:
“In Gerico 6 si parla esplicitamente di una maledizione: chi oserà ricostruire la città maledetta lo farà al costo della vita dei suoi figli. Non è certo la prescrizione di un atto di legittima devozione. Il sacrificio dei suoi figli, appunto, non di schiavi, e anche tu sai bene che il sacrificio della prole era proibito.”
Non fu un annuncio profetico di lutti che avrebbero colpito il costruttore, ma un giuramento: ogni israelita, per tutte le generazioni a venire, s’impegnava con quel giuramento a ricostruire Gerico ma accollandosi la maledizione, o castigo, di sacrificare suo figlio primogenito all’inizio dei lavori, e l’ultimogenito alla loro conclusione. Doveva essere un sacrificio di figli, dunque, invece di schiavi secondo l’antica consuetudine per le opere di fondazione:
“In quella circostanza Giosuè fece giurare: «Maledetto davanti al Signore l’uomo che si alzerà e ricostruirà questa città di Gerico! Sul suo primogenito ne getterà le fondamenta e sul figlio minore ne erigerà le porte!».” Giosuè 6:26, CEI
La Torah vietava di sacrificare i propri figli per ottenere favori, ma il sacrificio dei figli poteva essere comandato da Dio come castigo. Nelle sue maledizioni Dio minaccia di privare i trasgressori dei loro figli, di farli sbranare dalle belve o dagli stessi genitori per fame. Altre volte esige che i figli siano uccisi come rituale, ma sempre per un castigo; pertanto, chi avesse voluto ricostruire Gerico, doveva pagarne il prezzo imposto da Dio:
“Nei suoi giorni Chiel di Betel ricostruì Gerico; gettò le fondamenta sopra Abiram suo primogenito e ne innalzò le porte sopra Segub suo ultimogenito, secondo la parola pronunziata dal Signore per mezzo di Giosuè,” figlio di Nun. 1Re 16:34, CEI
Quel costruttore, secondo la parola data a Dio dai suoi antenati, gettò le fondamenta SOPRA il suo primogenito, e innalzò le porte SOPRA l’ultimogenito. Fondamenta e porte erano spesso costruite nell’antichità sopra i cadaveri di vittime sacrificate, ma in genere si trattava di comuni schiavi.
Riguardo al Levitico 27 e al significato del Cherem mi hai risposto ma io ho replicato che non condividevo la tua interpretazione.
Scrivi:
Di Giudici 11 ne abbiamo parlato fino alla nausea. Aggiungo solo che non è corretto affermare che “il popolo è premiato con la vittoria per un sacrificio umano”, in quanto questa è solo la tua deduzione, per me chiaramente erronea. Come ho già detto, l’equazione vittoria = favore di Dio non vale sempre, e meno che mai nella seconda metà del libro dei Giudici, dove si parla di personaggi apertamente idolatrici (e ora non parlo di Iefte) che trionfano.
L’avverbio “chiaramente” lo userei riguardo al testo biblico che, chiaramente, spiega che i nemici, come gli ammoniti, erano la “cura” somministrata da Dio al popolo eletto per guarirlo dall’idolatria.
Quando quella cura produceva i suoi effetti benefici, quando cioè il popolo oppresso si ravvedeva tornando all’osservanza della Torah, Dio faceva sorgere un giudice col quale lo liberava militarmente dagli oppressori (ossia sospendeva la “cura”). Ma se Iefte, in procinto di cacciare gli Ammoniti (in procinto cioè di buttare la medicina) si fosse realmente dimostrato più idolatra e apostata che mai facendo una promessa che fosse davvero in odio a Dio, avremmo un caso evidente di “ricaduta” nella malattia dell’idolatria. Un buon medico, quando vede che il paziente che sembrava riprendersi manifesta una grave ricaduta non gli toglie le medicine ma continua a somministrargliele. Invece Dio cacciò gli Ammoniti (cioè sospese la cura). Evidentemente, per lui quell’offerta sacrificale di uno schiavo non era in urto ma in piena sintonia con la sua Legge. Per questo Dio considerò guariti gli israeliti nonostante l’offerta di quel sacrificio umano.
Era tutto legale.
Fu immolata però la figlia di Iefte al posto dello schiavo: era il castigo che il condottiero meritava non avendo capito che quella guerra era già vinta per volontà di Dio senza che fosse necessario invogliarlo con offerte superflue.
Scrivi:
“Nessun legame con i sacrifici neppure nel caso di David, che non fece altro che mettere i figli di Shaul nelle mani dei Gabaoniti, che li impiccarono (non li arsero di certo nel Tempio) in retribuzione per quanto compiuto contro di loro dal re e dalla sua “casa sanguinaria” (2 Sam. 21:1).”
Riguardo all’uccisione dei sette tra figli e nipoti di Saul, essi furono consegnati ai gabaoniti e impiccati “davanti al Signore”, non davanti ai loro déi. Comunque, se non fu proprio un sacrificio fu allora un atto di giustizia. Giustizia biblica, ovviamente, perché le vittime non c’entravano niente con le malefatte del vero colpevole. Pertanto sarebbe più appropriato parlare di vendetta, o meglio di faida. Dopotutto Saul era stato abbondantemente punito perdendo la vita con i suoi eredi al trono, che fu trasmesso a un altro casato. Ma, a quanto pare, questa sua punizione non fu cumulativa per tutti i suoi atti malevoli, come di solito avviene nella giustizia umana. Dio affamò Israele con tre anni di carestia perché si sentiva offeso per quel giuramento fatto da Israele ai gabaoniti che Saul aveva infranto.
Quest’episodio evoca inevitabilmente quello di Ifigenia, figlia del capo degli achei nella spedizione contro Troia. Suo padre aveva offeso una dea e questa aveva bloccato con una tempesta la flotta greca in partenza. La dea esigeva giustizia, e per placarla si doveva sacrificare la figlia di quel re. Anche Dio esigeva giustizia per l’offesa di Saul, e la placò solo con l’uccisione di innocenti; che la loro morte non sia avvenuta su un altare la sostanza non cambia. La carestia ebbe temine, così come il mare che impediva la spedizione dei greci si calmò.
Lucrezio, poeta Latino, scrisse un’ode sulla morte di Ifigenia, che si conclude con l’invettiva:
Tantum religio potuit suadere malorum! (A un così atroce misfatto poté indurre la religione)
In Giosuè 6 si parla appunto di una maledizione, non di una legge. “Arur (maledetto) haIsh lifnè HaShem” dice Giosuè. Lo scopo di queste parole è proprio quello di scoraggiare la ricostruzione della città scagliando la sciagura contro chi trasgredirà. Non è improbabile la lettura di Abravanel e altri commentatori, secondo cui qui si intende che il trasgressore perderà suo figlio primogenito all’inizio dei lavori, e il figlio più giovane al termine, sottintendendo che tutta la sua discendenza sarà sterminata gradualmente durante la ricostruzione e sarà seppellita nella città. Ma anche se il testo parlasse qui di un sacrificio di fondazione eseguito volontariamente dal trasgressore, un simile atto esplicherebbe comunque il senso della maledizione, e non rappresenterebbe di certo un rito prescritto dalla Torah.
Sulla storia di Iefte devo ancora ribadire che la tua visione deterministica e semplicistica non regge: essa può valere nei primi capitoli, ma più si va avanti e più essa traballa. Il libro dei Giudici ci parla di idolatri che prosperano impunemente e questo è innegabile.
Riguardo i Gabaoniti, qui nessuno nega che, nella concezione biblica, l’ira divina si plachi con la morte – o altri tipi di punizione – dei colpevoli (solo un appunto: il testo non ci presenta i figli di Shaul come del tutto estranei alla colpa, in quanto parla di “casa/famiglia sanguinaria”, estendendo l’avversione ai Gabaoniti anche alla stirpe del defunto re). Basti pensare all’episodio di Pinchas, ma anche al sangue di Abele che grida dalla terra. La prescrizione di sacrifici umani, però, è cosa ben diversa, e di essa non c’è traccia tra le leggi della Torah. Se la si vuole a tutti i costi vedere ignorando il significato del termine cherem, che il profeta Samuele pone esplicitamente in antitesi con il concetto di sacrificio, ognuno è libero di scegliere questa via, ma ciò che a me interessa è l’aderenza e la fedeltà al testo.
Caro Marco rispondi sempre agli altri e non a me.. ma che cose vuoi dimostrare con i tuoi ragionamenti? Sembra che ti piace tanto leggere la Bibbia solo per cercare di confutarla evidenziando quelle che a te sembrano contraddizioni, e per dimostrare magari che ogni pensiero religioso è alla fine sempre causa di misfatti e di crudeltà. Tutti buoni e giusti vi credete, ma anche se cosi fosse, come fareste a fondare un mondo basata sulla bontà e sulla giustizia senza nessun Dio? Dio vi lascerebbe volentieri il suo posto se ne foste capace, o meglio vi farebbe sedere alla sua destra concedendovi ogni potere se ne sareste degni.
Te l ho già detto che nella Bibbia c’è di tutto essendo un libro realista. Che cos’ l ‘uomo perché te ne curi, dice Davide rivolto a Dio, eppure poco meno degli angeli lo hai creato.
Può essere superiore perfino agli angeli l’uomo, perché solo lui si deve confrontare con il bene e con il male, ma per questo può essere inferiore persino agli animali, perchè loro non hanno coscienza del bene e del male. E pensa che da un animale che sapeva solo parlare è stato ingannato l’uomo, perché dopo aver mangiato di un albero in cui bene e male sono confusi tra di loro, solo l uomo è l’unico essere contraddittorio in tutto l universo; essere duale con un doppia natura.
Ma a te che no ho capito se ti piace chiamare in causa l ‘uomo o Dio, sappi che il Dio Biblico potrebbe sempre dire a tutti: ma che volere da me se ve l’avevo detto che certamente sareste morti? Perchè chiamate sempre me in causa per il male che esiste nel mondo,? Ma se invece di DIo ti piace invece chiamare in causa l’autore della Bibbia ( il popolo di Israele) cerca di essere sempre equo nei giudizi e nei paragoni, perché se non sono migliori, nn sono affatto peggiori degli altri popoli: Ma tu sembra che li giudichi dal punto di vista ideale, per quello che dovrebbero essere, ciò che sarebbe tanto desiderabile ed auspicabile, perché è quello che vorrebbe anche DIo per poter manifestare se stesso. Ma se tu non cammini in mezzo a noi, è inutile che partiamo ed andiamo diceva Mosè perchè solo se Dio esiste realmente ( o meglio ci credono realmente) tutto potrebbe essere possibile.. ( se poi nel caso fosse vero tu avrai piacere o meno non lo posso sapere, ma in tutti i casi è sempre Dio a salvare gli uomini con la sua infinita misericordia). Solo per amore del suo nome, per amore della sua giustizia, non per i nostri meriti..
Caro anonimo
Non è il mio giudizio sulla Bibbia che dovrebbe allibirti, ma piuttosto quello che ne dà la storia. Per alcuni millenni, ignoranza, discriminazioni, terrore, guerre (di religione) hanno spesso avuto il loro fondamento nella Bibbia. Considera come esempio questo passo:
“7 Qualora il tuo fratello, figlio di tuo padre o figlio di tua madre, o il figlio o la figlia o la moglie che riposa sul tuo petto o l’amico che è come te stesso, t’istighi in segreto, dicendo: Andiamo, serviamo altri dèi, dèi che né tu né i tuoi padri avete conosciuti, 8 divinità dei popoli che vi circondano, vicini a te o da te lontani da una estremità all’altra della terra, 9 tu non dargli retta, non ascoltarlo; il tuo occhio non lo compianga; non risparmiarlo, non coprire la sua colpa. 10 Anzi devi ucciderlo: la tua mano sia la prima contro di lui per metterlo a morte; poi la mano di tutto il popolo; 11 lapidalo e muoia, perché ha cercato di trascinarti lontano dal Signore tuo Dio che ti ha fatto uscire dal paese di Egitto, dalla condizione servile. 12 Tutto Israele lo verrà a sapere, ne avrà timore e non commetterà in mezzo a te una tale azione malvagia.13 Qualora tu senta dire di una delle tue città che il Signore tuo Dio ti dà per abitare, 14 che uomini iniqui sono usciti in mezzo a te e hanno sedotto gli abitanti della loro città dicendo: Andiamo, serviamo altri dèi, che voi non avete mai conosciuti, 15 tu farai le indagini, investigherai, interrogherai con cura; se troverai che la cosa è vera, che il fatto sussiste e che un tale abominio è stato realmente commesso in mezzo a te, 16 allora dovrai passare a fil di spada gli abitanti di quella città, la voterai allo sterminio, con quanto contiene e passerai a fil di spada anche il suo bestiame. 17 Poi radunerai tutto il bottino in mezzo alla piazza e brucerai nel fuoco la città e l’intero suo bottino, sacrificio per il Signore tuo Dio; diventerà una rovina per sempre e non sarà più ricostruita.” — Deuteronomio 13:7-17, CEI.
Questa norma biblica che inneggia alla delazione fin tra i gruppi famigliari è stata applicata dalla Santa Inquisizione romana e spagnola in campo religioso, e ciò ha causato milioni di morti e di torture; e in tempi a noi più vicini lo è stata da tutti i regimi totalitari, con altri milioni di morti e di torture.
Nell’episodio del vitello d’oro, i leviti, per ottenere il perdono di Dio, dovettero uccidere personalmente chi il proprio amico chi il proprio fratello. Parallelamente, nella famigerata notte dei lunghi coltelli che determinò la caduta delle “SA” hitleriane, Hitler volle che gli assassini dei capi delle “SA” uccidessero personalmente chi il proprio amico chi il proprio parente per dargli prova di fedeltà.
Ancora sull’episodio biblico del vitello d’oro: Aronne, gran sacerdote e custode della fede, nonostante fosse proprio lui il costruttore del vitello d’oro, NON fu punito e conservò la carica. Anche questo fatto rivela che la decantata giustizia biblica è frutto di menti umane (nemmeno tra le più illuminate).
La storica discriminazione di minoranze umane ha cominciato a essere debellata solo in tempi recenti, e se ha potuto perdurare per secoli in Occidente è stato grazie all’idealizzazione della Bibbia. La Torah, infatti, discrimina i portatori di handicap, i figli illegittimi, gli omosessuali maschi (ma non le lesbiche perché i redattori biblici ignoravano che l’omosessualità c’è anche tra le donne, talmente grande era il loro disprezzo per queste) non tollera le altre religioni considerandole obbrobri, discrimina i popoli – anche se il nostro redattore afferma che tale intolleranza è solo verso la cultura di quei popoli: come se fosse lecito disprezzare e anche sterminare un popolo solo per la sua cultura!
In realtà la tendenza a marchiare i popoli comincia con la Bibbia e, paradossalmente, proprio a danno degli stessi ebrei definiti dalla Scrittura: “Popolo dalla dura cervice”. Tale epitaffio se lo potrebbero meritare singoli individui ma non tutto un popolo e per generazioni! Ma ciò è tipicamente biblico.
La maledizione biblica di Cam e del suo discendente Canaan è stato il puntello ideologico per gli schiavisti americani nei confronti del neri: “Sia Canaan schiavo dei suoi fratelli…”
La discriminazione della donna c’è stata ovunque nel mondo, e la Bibbia è stata leader in questo, sia nel Vecchio sia nel Nuovo Testamento (“La donna taccia nella congregazione” ammoniva l’apostolo Paolo “e se vuole chiarimenti chieda a casa al proprio marito”).
Tuttavia vi sono aspetti di apparente umanità su cui fanno regolarmente leva gli apologeti. Per esempio sui consigli biblici riguardanti la guerra d’aggressione ad altre nazioni: “Proponi prima la pace” recita la norma biblica “e se la proposta non è accettata tu assedia la città, espugnala, uccidi tutti i maschi e schiavizza le donne.”
Questo proporre la pace è il cavallo di battaglia degli esegeti per dimostrare che la Bibbia è pacifista. In realtà la norma in questione è applicata normalmente da tutti gli aggressori, compresi i delinquenti di mezza tacca quando intimano “O la borsa o la vita!” Conviene sempre che la vittima ceda spontaneamente i suoi beni senza dover arrivare agli estremi. I pirati issavano la bandiera nera non per aggredire le navi che incrociavano ma come ultimatum: “Dateci pacificamente il carico che trasportate o dovrete combattere fino alla morte”. Ingaggiare battaglia tutte le volte avrebbe provocato perdite continue tra i pirati e danni alle loro navi. Nella stessa maniera, Gengis Khan conquistò un immenso impero sul principio “distruggerne uno per educarne cento”; lui infatti distrusse Pechino ma poi ottenne la resa di molte altre città fortificate senza doversi dissanguare in continui assedi.
I rapinatori, i pirati, gli unni, i mongoli non sono pacifisti ma pragmatici, e così lo è stato il legislatore biblico nel dettare le sue norme sulla guerra d’aggressione. Egli, però, inneggia al genocidio dei “malvagi” cananei per i quali non dovevano esserci proposte di resa perché la loro terra doveva essere abitata dal suo popolo santo.
Allo stesso modo, nel Ventesimo secolo, gli slavi della Russia e dell’Ucraina hanno rischiato di essere massacrati o schiavizzati essendo stati etichettati come “subumani”, così che sembrasse giusto che la loro terra passasse a chi reclamava lo “spazio vitale” per realizzare un grande impero di individui “superiori”.
Gli errori e gli orrori commessi storicamente dagli uomini, sono definiti almeno per quello che sono: crimini contro l’umanità. Tuttavia, gli stessi errori ed orrori commessi dal Dio biblico sono invece scusati in blocco.
Eppure molti credenti cristiani, soprattutto cattolici, prendono le distanze dal Dio del Vecchio Testamento riconoscendosi solo in Gesù e nel suo Padre celeste, dimentichi che quest’ultimo è lo stesso di tutta la Bibbia.
Ciò che maggiormente allibisce l’uomo moderno, tra cui molti credenti, è la violenza del Dio del Tanack, il suo bisogno di castigare gli uomini invece di educarli, di farne strage nei modi più sadici senza nemmeno lasciare loro il tempo di diventare adulti per meritarsi il castigo.
Il nostro redattore sostiene che i figli e i nipoti di Saul furono impiccati al posto di Saul perché in realtà erano colpevoli essendo la loro una “casa di sangue”. Ma per il Dio biblico tutte le case dei colpevoli sono case di sangue, tanto che in parecchi episodi gli uomini colpevoli sono uccisi con le donne del loro harem, con tutti i loro figli di qualsiasi età, con i servi e perfino con i loro animali; perché, per il Dio biblico, se uno è colpevole lo è tutta la sua cerchia famigliare, perfino tutto il suo clan, addirittura tutta la città in cui vive. Il passo che ho riportato all’inizio sulla delazione ne è un chiaro esempio.
Il Dio biblico si autoincensa come misericordioso ma conosce solo il castigo di massa, secondo l’assunto che l’Umanità è malvagia, e che non è neppure in grado – come afferma il profeta Geremia – di dirigere il proprio passo senza di lui.
Chiedi se si può fare a meno di Dio. Se Dio esiste e si preoccupa degli uomini, non lo fa certo per mezzo di libri sacri che lo offendono per come lo fanno apparire.
Caro redattore,
credo sarai d’accordo che il Dio biblico non ha mai fatto giurare agli uomini di dover accettare le sue punizioni qualora avessero trasgredito alle sue leggi: li avvisava e, quando trasgredivano, li puniva e basta. Così fece con Adamo. A Gerico, invece, Dio obbliga gli israeliti a un giuramento poiché aveva maledetto quella città ma non proibiva di riedificarla: tutti dovettero giurare che il tradizionale sacrificio di fondazione per ricostruire Gerico non dovesse essere un rituale di buon auspicio (immolando degli schiavi), ma un rituale per stornare da quelle rovine la maledizione divina. Era solo una maledizione, quindi, non un veto. Il costruttore aveva il permesso di rifondare Gerico ma, dovendo sciogliere quella maledizione e in ottemperanza al giuramento che lo vincolava, pagò volontariamente il prezzo richiesto uccidendo egli stesso, invece di due schiavi, due suoi figli in due specifiche fasi dei lavori.
In quanto al tempo dei Giudici, il testo dice che ognuno agiva come gli pareva giusto, ma l’idolatria non prosperava per nulla come affermi, altrimenti dovremmo dedurre che nel frattempo Dio dormiva e lasciava fare. Invece l’autore del libro si affanna a spiegare che Dio era molto presente per arginare l’idolatria bastonando ferocemente il suo popolo finché era idolatra: infatti, lo sottoponeva alla schiavitù di molti popoli pagani, ma lo liberava appena il popolo abbandonava i culti stranieri e tornava alle sue Leggi.
Non vedo quindi perché la mia tesi debba traballare verso la fine quando è proprio sul finale che la severità di Dio contro l’idolatria arriva al culmine con la distruzione quasi totale di una delle dodici tribù israelite per mano delle altre undici perché il degrado di quella aveva raggiunto l’empietà di Sodoma.
Paradossalmente, sembra che sia io ad affermare la coerenza del Dio biblico. All’opposto, la tesi che vede in Iefte un delinquente che fa impunemente quello che gli pare in barba al Creatore e proprio sotto i suoi occhi (lo spirito divino era su Iefte) fa apparire Dio miope e turlupinato come il povero Isacco. Come quest’ultimo diede la sua benedizione a chi non spettava, così Dio – che aveva privato gli israeliti della libertà per via delle loro malefatte idolatriche – ora che si dichiarano redenti gliela restituisce mentre in realtà quelli la libertà non se la meritavano essendo rimasti idolatri come prima promettendogli quel sacrificio!
Ma se Dio, a differenza di Isacco, non era cieco, vuol dire che quell’olocausto gli era lecito.
Scrivi: “credo sarai d’accordo che il Dio biblico non ha mai fatto giurare agli uomini di dover accettare le sue punizioni qualora avessero trasgredito alle sue leggi”.
E invece non sono d’accordo. Mi sovviene il caso di Deuteronomio 27, in cui i sacerdoti pronunciano le maledizioni per chi trasgredisce i comandamenti, e il popolo accetta a gran voce tali maledizioni. Naturalmente ciò non significa che le punizioni divine necessitino della ratifica umana. Questi tipi di riti hanno lo scopo di promuovere l’obbedienza ai precetti da parte del popolo, che accetta su di sé l’obbligo dell’osservanza come un impegno collettivo.
Non ho mai detto che Iefte era un idolatra. Ho solo detto che il suo voto risente dell’influenza della mentalità cananea. Iefte non ha sacrificato sua figlia a Baal.
Ma tralasciando ciò, il fatto che la seconda metà del libro dei Giudici menzioni idolatri che prosperano impunemente non ha bisogno di essere dimostrata in quanto è sotto la luce del sole.
Tu fai una grande confusione perché i tuoi ragionamenti sono solo un’accozzaglia di parole senza senso e senso logica. Sembra che tutto il male del mondo sia imputabile alla Bibbia, e se non ci fosse stata la Bibbia, nemmeno il nazismo ci sarebbe stato, perchè essi mettevano in pratica o si servivano le sue parole. Ma se vuoi puoi scriverlo tu un libro magari dando consiglio a dio o agli uomini su come agire o cosa pensare, visto che grazie all’illuminismo hai sviluppato ragione ed onniscienza. Non ti piace il Dio Biblico, perché a volte è iroso, geloso e vendicativo, pronto magari a sterminare anche coloro che si è scelti quando perdono tempo con uno come te.
Ma invece restando fedeli a lui, che ama i pensieri ed i sentimenti dei cuori invece che della ragione umana, sono proprio coloro che si è scelti a dover salvare quelli come te.
Te l ho già detto che nella Bibbia c’è tutto ed il contrario di tutto, ed anche la sapienza viene considerato al limite tutta vanità, perchè senza la potenza di Dio non può vivere la sapienza di Dio, Ma non tu non conosci nè l’una e nè l’altra, e non è colpa tua, essendo la colpa solo la presunzione di poter sapere o giudicare quando nulla si riesce a comprendere.
Infastidiscono soltanto le mosche, e dal dio delle mosche devono star lontano gli ebrei.
l’unica cosa giusta che hai detto usando la logica, è che Dio e Gesù sono la stessa cosa, ed è inutile e vano cercare di arrampicarsi sugli specchi per dimostrare la differenza tra antico e nuovo testamento, cercando magari d difendere Dio o voler accusare Gesù ( Chi vuol difendere il Dio del Vecchio testamento, non conoscendolo, finisce per accusare Gesù, o viceversa)
Ma nella Bibbia sta scritto che Dio ride, si prende burla e se ne fa beffe di tutti i falsi dei e di tutti i sapienti e potenti di questo mondo, ma se ride, ride grazie al suo Messi, anche se sembra che non aveva nulla di che ridere il suo Messia qui in terra. Opposto l’uno dell’altro possono sembrare, , ma se tu dici di amare la logica, dovresti essere capace di unire gli opposto solo al limite. altrimenti confondi ogni cosa.
Caro anonimo
Mi complimento: lo spirito cristiano con cui ti accanisci verso “quelli come me” desterebbe invidia perfino in Gabriele Malagrida. Questo gesuita, durante il disastroso terremoto di Lisbona, incitò i superstiti alla preghiera e alla penitenza per i loro peccati, invece di soccorrere i feriti e seppellire i morti. Tutto ciò avvenne mentre si stava celebrando la messa per il giorno di tutti i santi: primo novembre 1755.
Rilevo soltanto il tuo “dogma” sempre ripetuto e su cui sono d’accordo:
che la Bibbia dice tutto e il contrario di tutto. Proprio come i migliori politici!
Bravo mi viene da dirti e sai perché? Perché l’uomo ha mangiato dell’albero della conoscenza del e del male, Ma nel giorno in cui ne mangerete certamente ne morirete dice il Signore. Perché se leggi la Bibbia dall’inizio ( il racconto della creazione), vedi che Dio ha diviso ogni cosa a due a due, ed essendo sempre lo stesso, anche in quel giardino ha diviso l’albero della vita da quello della conoscenza, perché ha semplicemente diviso la vita dalla morte. Sono confusi il bene e il male , e cosi gli uomini anche leggendo la Bibbia possono dimostrare tutto e il contrario di tutto, compreso te, perché anche tu ti cibii di quell’albero, ma non venendo mai a capo di niente ed aggiungendo solo confusione a confusione. Ma la colpa non è di Dio è degli uomini che hanno mangiato che posso presente anche dio in tanti modi diversi. Ma lui è sempre Uno, ed è sempre lo stesso, perché se ha detto all uomo di non mangiare di quell albero nemmeno lui ne mangia, non potendoci essere dualismi in Dio, Perchè Dio è solo amore, hai capito adesso?
Se sei ateo ed ami la logica, devi trovare una spiegazione logica esente da contraddizione al racconto del peccato originale, ricordandoti di Gesù che venuto al mondo per cancellare il peccato di Adamo, e a rivelare la verità divina perché Dio n si ciba di quell albero. Se Dio ne mangiasse morirebbe anche lui ( o dovrebbe cambiare natura) ma se non ne mangia, l’ammazzerebbero gli uomini che ne mangiano qualora volesse vivere in mezzo a loro, e non gli resterebbe altro che morire o cambiare natura. Ma per la salvezza degli uomini ha preferito morire per vincere la morte, dovendo percorrere la strada all incontrario di quella presa da Adamo. Ma bisogna credere che è risorto e che Dio l’ha salvato, altrimenti come ti idce San Paolo, se non fosse risorto vana sarebbe la nostra fede, ed anche la tua logica. Solo parole confuse e contraddittorie.
Usa la logica almeno per capire la logica dell’autore della Bibbia,
Ci vuole amore e desiderio per la ricercata della verità, e se ti ho trattato un pò male, è quando mi sembra che prevenuto ti piace solo confondere ogni cosa.
La Bibbia è una storia di peccati, ma anche di salvezza, rissumibile tutta nella parabola del figliol prodigo
ciao