La terra è piatta? Bibbia, Talmud e scienza a confronto

Un utente ci ha inviato la seguente domanda:

In una diatriba religiosa sui social ho letto che qualcuno sostiene che secondo la Bibbia la terra è piatta. In risposta, altri hanno affermato che in Isaia 40:22 è scritto che “Dio siede sul globo della terra”, quindi la Bibbia ha anticipato le scoperte scientifiche sulla sfericità della terra. In aggiunta, qualcuno ha citato dei passi dello Zohar e del Midrash per dimostrare che gli Ebrei conoscevano già la forma della terra grazie a una tradizione che risale a Mosè e al Sinai. Come stanno davvero le cose?

Per rispondere all’interessante questione sollevata, esamineremo prima il verso biblico a cui si fa qui riferimento per poi andare a scoprire cosa ha da dire la tradizione ebraica a proposito della forma del nostro pianeta.

Isaia e il “globo della terra”

Egli è colui che siede sul cerchio della terra, i cui abitanti sono come cavallette. Egli distende i cieli come un velo e li dispiega come una tenda in cui abitarvi (Isaia 40:22).

In questa esaltazione del dominio di Dio sul mondo, il profeta ci presenta il Creatore come colui che “siede sul cerchio (chug) della terra”. In tale espressione, ad alcuni è parso suggestivo scorgere una descrizione scientificamente accurata della forma della terra. Non manca infatti, tra i traduttori moderni, chi asserisce che il termine ebraico chug sia da intendere come “globo” o “sfera” (Nuova Diodati, TNM).

Ciò avrebbe delle implicazioni notevoli poiché indicherebbe che, già all’epoca di Isaia (VIII secolo e.v.), gli Israeliti conoscessero la sfericità del nostro pianeta, contrariamente a tutte le culture vicine. Ma su quali basi si fonda una simile affermazione?

In ebraico, chug indica un cerchio o un movimento ciclico (Giobbe 26:10; Proverbi 8:27). Potrebbe essere correlato alla parola chag (festa, celebrazione), in riferimento all’usanza, tuttora molto comune tra gli Ebrei e tra altri popoli, di danzare in cerchio durante una celebrazione. Se Isaia avesse voluto parlare più precisamente di un globo, avrebbe usato il termine dur (“palla”, come in Isaia 22:18).

In un altro capitolo, lo stesso profeta usa un sostantivo che deriva proprio da chug, ossia mechugàh, che significa “compasso“, parlando del falegname che si serve di questo strumento nella sua officina per realizzare un idolo di legno (44:13).

Nel Libro dei Proverbi (8:27), è scritto che Dio, nel creare il mondo, ha tracciato un “cerchio sulle acque“, da intendere come l’orizzonte, che a un osservatore che si trova sulla terra appare proprio come una circonferenza che delimita l’intero pianeta. Come il falegname o l’architetto, anche il Creatore ha usato dunque un “compasso” per dare forma alla propria opera.

Sembra quindi che il verso di Isaia 40:22 vada letto in armonia con quanto espresso negli altri brani biblici citati in merito al “cerchio” del mondo, piuttosto che come una rivelazione di verità scientifiche all’epoca ancora ignote.

Il testo, è bene sottolineare, non mira a trasmettere nozioni sul mondo della natura, ma impiega un linguaggio poetico per veicolare un messaggio di ben altro tipo: Dio “siede”, cioè domina incontrastato, sul mondo terreno dove gli abitanti sono “come cavallette”, che nell’immaginario biblico è sinonimo di esseri piccoli e insignificanti (Numeri 13:33). Egli, è scritto nello stesso brano, “distende i cieli come un velo e li dispiega come una tenda in cui abitarvi”, fa appassire gli uomini potenti come fossero piante (v. 25) e dispone l’esercito delle stelle, chiamandole per nome (v. 26). Non è scienza, ma poesia.

La tradizione ebraica e la forma della terra

Rispondendo ora alla seconda parte del quesito, dobbiamo dire subito che non esiste alcuna tradizione di origine mosaica che parli della forma del nostro pianeta o della struttura fisica dell’universo. Si tratta di semplici fake news teologiche, e ora scopriremo il perché.

Storicamente, si ritiene che i primi a descrivere la terra come una sfera siano stati i filosofi greci nel V secolo a.e.v. Inizialmente, sembra che tale forma fosse stata scelta solo in quanto era intesa come immagine di perfezione; tuttavia, circa due secoli dopo, gli astronomi ellenisti confermarono tale ipotesi e riuscirono addirittura a calcolare la circonferenza della terra.

Ci sono effettivamente alcuni brani del Talmud e dei Midrashim che possono essere interpretati come riferimenti alla sfericità della terra (Avodah Zarah 41a, Yerushalmi  Avodah Zarah 3:1). Sappiamo però per certo che questa non era la visione tradizionale dei Maestri, bensì un’idea che essi avevano udito dai Greci.

Originariamente, i Saggi d’Israele infatti adottavano un altro modello cosmologico, quello babilonese, secondo cui la terra è un disco piatto circondato dalle acque e sormontato dalla cupola del cielo. Comprendiamo ciò soprattutto grazie a un brano nel Talmud in cui è riportato un dibattito tra i Maestri ebrei e gli astronomi greci:

“I nostri Maestri hanno detto: I saggi d’Israele affermano che la sfera celeste è fissa e che le costellazioni ruotano al suo interno; e i saggi delle nazioni affermano che la sfera celeste ruota [attorno alla terra] e che le costellazioni sono fissate [al suo interno]” (Pesachim 94b)

L’opinione qui espressa dai rabbini riflette l’antica cosmologia babilonese con la sua idea della “volta celeste” immobile che sovrasta la terra, mentre quella dei “saggi delle nazioni” corrisponde al sistema aristotelico-tolemaico che vede la terra sferica al centro dell’universo con i cieli che ruotano attorno ad essa (chiaramente, nessuna delle due ipotesi appare coerente con le conoscenze attuali).

Più avanti, il dibattito continua incentrandosi sulla questione dell’orbita solare: dove va il sole dopo il tramonto? Secondo i rabbini, alla fine del suo percorso diurno, di notte il sole si nasconde al di sopra del firmamento e si muove in direzione opposta per poter sorgere di nuovo il giorno successivo. In contrasto, i saggi delle nazioni affermano che “di notte il sole viaggia sotto la terra”, compiendo cioè un’orbita completa intorno al globo, cosa impossibile nel modello adottato dai rabbini.

A questo punto, il Talmud ci sorprende con una svolta inattesa: “Rabbi Yehudah HaNassì ha detto: Le parole [dei saggi delle nazioni] appaiono più corrette delle nostre“.

Da qui emerge la superiorità dei Maestri rispetto ai fanatici letteralisti di ieri e di oggi: Rabbi Yehudah HaNassì non ha rigettato la visione degli astronomi greci come blasfema, non ha invocato teorie del complotto e non ha difeso a ogni costo l’opinione ebraica, ma ha semplicemente ammesso che, dal punto di vista logico, il modello elaborato dai Greci (almeno per quanto riguarda l’orbita solare) risulta più accurato.

Maimonide (1138 – 1204), commentando questo brano del Talmud, espone l’argomento in maniera ancora più radicale:

“…in materia di astronomia, la questione è stata risolta a favore dei saggi delle nazioni piuttosto che dei nostri Saggi. Pertanto, è espressamente affermato che i saggi delle nazioni hanno vinto su di essi. E ciò è appropriato, poiché riguardo a questioni speculative ognuno si esprime secondo i risultati delle proprie ricerche, e ognuno accetta ciò che appare confermato dalle prove” (Guida dei Perplessi, 2:8).

Rabbi Yitzchak Arama (1420-1494), in riferimento allo stesso dibattito astronomico, propone anche una sua spiegazione personale del motivo per cui la conoscenza dei pagani si è dimostrata in questo caso superiore a quella degli Ebrei:

“Questa verità [sulla struttura del cosmo] fu appresa dapprima dai sapienti dei Gentili e dai loro regni grazie ai loro immensi sforzi nel perseguire lo studio [dell’astronomia], su cui essi si concentravano allo scopo di adorare [i corpi celesti] secondo la via delle loro religioni, che la Torah ci ha proibito. I saggi ebrei, invece, non avevano bisogno di conoscere [tutte le questioni astronomiche], tranne per quanto riguarda l’intercalare dei mesi e il susseguirsi delle stagioni e dei noviluni, necessari per la Torah e per i comandamenti […] Il resto era da loro ritenuto estraneo e uno spreco di tempo” (Akedat Yitzchak, Parashat Bo, 37).

Rabbi Samson Raphael Hirsch (1808-1888), in una lettera a Rabbi Pinchos Wechsler (Hama’ayan 16:2), evidenzia il fatto che le convinzioni dei Maestri del Talmud in merito alla natura non derivavano da una tradizione risalente al Sinai o da un’ispirazione profetica, ma da altre fonti. Egli scrive che i Saggi d’Israele “rispettavano le opinioni dei saggi dei Gentili, riconoscendo in certi casi che le opinioni di questi ultimi erano più corrette delle loro”.

Invitiamo allora a diffidare delle pretese di chi, in contrasto con il pensiero ebraico classico, vorrebbe trasformare i Saggi del Talmud in degli improbabili depositari infallibili di tutto il sapere universale.

Per approfondire, si veda la monografia di Rabbi Natan Slifkin dal titolo “The Sun’s Path at Night“.

Un commento

  1. Caro redattore come Va? il sito continua a languire e non mi hai più risposto sulla mia proposta. Mettere in alto un’altra sezione con il titolo del mio libro, a fianco di quella ” la tua voce ho udito,” molti capitoli sono pronti , e se ne potrebbe pubblicare uno a settima, in modo che tu ed altri ( molti altri) potreste commentarli o confutare le sue tesi. ma è un libro che vorrebbe creare sublime armonia, non conflitto, chiarendo molte cose della Bibbia, e di certo darebbe adito ed apertura a molte ricerche e discussioni, fammi sapere se vuoi e puoi, anche se poi nemmeno io la vedo facile.

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