Beshallach: Creazione e Redenzione

Yam Suf

“…Ma i figli d’Israele camminarono in mezzo al mare, all’asciutto” (Esodo 15:19).

Il miracolo della divisione delle acque segna un trionfo di maestosità e di suggestione senza precedenti nel racconto del tormentato passaggio del popolo ebraico dalla schiavitù alla libertà. L’immagine dell’attraversamento del Mar Rosso (nel testo ebraico Yam Suf: “Mare delle canne”), indubbiamente una delle più grandiose ed epiche della Bibbia, riceve però, negli antichi commenti rabbinici, un dettaglio aggiuntivo davvero insolito.

Il Midrash Shemot Rabbah (21:10) dichiara infatti che, sulla terra asciutta formatasi grazie alla separazione delle acque, spuntarono alberi rigogliosi i cui frutti servirono a sfamare i bambini ebrei in fuga.

Come si spiega che i Maestri abbiano inserito un elemento tanto sorprendente, di cui il testo biblico non fa menzione? Si potrebbe pensare che l’intento del Midrash sia semplicemente quello di evidenziare la grande cura di Dio nei confronti degli Israeliti, o di accrescere la portata miracolosa dell’avvenimento per celebrare la grandezza della Redenzione, ma ciò non chiarisce il motivo per cui sia stata scelta proprio la figura degli alberi da frutto, che sembra così “fuori luogo” nel contesto del racconto. Se i commenti dei Maestri hanno lo scopo di condurci a una comprensione profonda della Torah, allora è lecito domandarsi cosa sia possibile imparare realmente da questi enigmatici alberi.

Torniamo un po’ indietro e concentriamoci sul testo dell’Esodo. Subito prima di narrare l’attraversamento del Mar Rosso, la Torah ci parla del modo in cui Dio operò il mirabile prodigio:

E HaShem fece ritirare il mare con un forte vento orientale tutta la notte (Esodo 14:21).

Un vento (Ruach) generato da Dio, che soffia sulle acque durante la notte è qualcosa di cui abbiamo già sentito parlare in passato. Si tratta di un’immagine simile a quella che la Torah ci presenta descrivendo l’aspetto della terra nella sua condizione primordiale risalente alla Creazione:

E la terra era informe e vuota, le tenebre coprivano la faccia dell’abisso, e il vento di Dio (Ruach Elohim) aleggiava sulla superficie delle acque (Genesi 1:1).

È ancora troppo presto per attribuire un significato a questa possibile analogia: tra i due brani potrebbe anche non esistere di fatto alcuna correlazione.

Nel racconto della divisione delle acque, a svolgere un ruolo importante è anche la “colonna di fuoco e di nube”, come narra il testo:

[La colonna] andò a mettersi tra l’accampamento dell’Egitto e l’accampamento d’Israele; e la nube produceva tenebre per gli uni, mentre faceva luce agli altri di notte” (Esodo 14:20).

Luce e buio, una contrapposizione molto antica, che ci riporta nuovamente al racconto della Creazione: “E Dio separò la luce dalle tenebre. E Dio chiamò la luce giorno e chiamò le tenebre notte” (Genesi 1:4). La Genesi parla tuttavia anche di altre due “separazioni” operate dal Creatore: quella tra “le acque di sopra” e le “acque di sotto”, e quella tra il mare e la terra asciutta:

E Dio disse: «Vi sia un firmamento tra le acque, che separi le acque dalle acque» (1:6);
E Dio disse: «Le acque che sono sotto il cielo siano raccolte in un unico luogo, e appaia l’asciutto» (1:9).

“Separare le acque dalle acque”, non è forse ciò che avviene nella storia dell’Esodo? E l'”asciutto” (in ebraico yabashah) non compare qui come nella Genesi? Nel racconto della Creazione, le tre “separazioni” avevano lo scopo di permettere lo sviluppo della vita. In maniera simile, nel caso dell’Esodo, la via aperta tra le acque viene subito percorsa dal popolo d’Israele, con il suo bestiame, in fuga verso la sopravvivenza.

Si intuisce così l’esistenza di un legame tra la Creazione del mondo e l’attraversamento del Mar Rosso, un legame che in effetti è già suggerito in maniera piuttosto evidente in alcuni versi dei Salmi:

“Con la tua forza dividesti il mare e schiacciasti la testa dei mostri marini nelle acque. Frantumasti le teste del Leviathan e le desti in pasto al popolo del deserto. Facesti sgorgare fonti e torrenti e seccasti fiumi perenni. Tuo è il giorno, tua è anche la notte; tu hai stabilito la luce e il sole. Tu hai fissato tutti i confini della terra e hai fatto l’estate e l’inverno” (Salmi 74:13-17).

Qui la storia dell’Esodo si intreccia in modo quasi inestricabile con quella dell’opera della Creazione. La frase “Con la tua forza dividesti il mare” potrebbe alludere ad entrambi gli eventi, ma i riferimenti al “popolo del deserto” (gli Israeliti) e ai mostri marini uccisi (metafore della potenza egiziana sconfitta da Dio), rimandano chiaramente al racconto dell’attraversamento del Mar Rosso.

Secondo Rabbi David Fohrman, questo parallelismo doveva essere noto ai Maestri del Midrash, che lo hanno perciò evidenziato menzionando la presenza degli alberi da frutto spuntati nel mezzo del mare. La vita vegetale è infatti un elemento della Creazione che non ha corrispondenza nel brano dell’Esodo, e che appariva perciò idoneo ad essere inserito per avvicinare ancora di più i due racconti. Il Midrash dunque non intende proporre immagini fiabesche senza un particolare valore, bensì fornire “spie luminose” che ci guidino verso dettagli nascosti sotto la superficie delle Scritture. Ma qual è dunque il senso di tutto ciò?

In Egitto, attraverso le dieci piaghe, Dio si era mostrato come il Sovrano dell’universo, capace di dominare e di controllare la natura e i suoi elementi che gli Egizi adoravano come divinità (vedi “Il vero significato delle piaghe d’Egitto“). Ora, presso il “Mare delle canne”, questa rivelazione raggiunge il massimo livello, ed è addirittura la Creazione a ripetersi nel suo schema basilare.

Ma il parallelismo che abbiamo individuato trasmette anche un altro messaggio. La liberazione dalla schiavitù e la vittoria definitiva sugli Egiziani segnano la nascita di Israele come nazione vera e propria e l’inizio di una nuova fase nella storia dell’umanità. Il popolo del Patto sorge alla vita, mentre il vecchio mondo oscuro e idolatrico, rappresentato dall’esercito del Faraone, può soltanto soccombere tra le acque. Per gli Egiziani non c’è creazione, ma distruzione.

Questa idea non è tuttavia limitata solo ad un evento del passato. I Profeti hanno infatti parlato anche della Redenzione futura di Israele come di una “nuova creazione”, facendo germogliare un’idea che era già presente nell’Esodo:

“Le sventure passate saranno dimenticate e saranno nascoste ai miei occhi. Poiché ecco, io creo nuovi cieli e una nuova terra, e le cose di prima non si ricorderanno più e non verranno più in mente.  Ma voi gioite ed esultate per sempre in ciò che creo, perché, ecco, io creo Gerusalemme per il gaudio e il suo popolo per la gioia” (Isaia 65:16-18).

Articolo basato su una lezione-video di Rabbi David Fohrman dal titolo “Beshallach: fruit trees in the sea?

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