Ebraismo e Cristianesimo: la Disputa di Barcellona

disputa

Il brano che riportiamo di seguito è tratto dal resoconto della Disputa di Barcellona scritto da Rabbi Moshe ben Nachman (noto anche come Nachmanide o Ramban). La disputa fu un dibattito teologico svoltosi alla presenza del re Giacomo d’Aragona nel 1262, che vide contrapposti Moshe ben Nachman e il monaco Pablo Christiani (un ebreo convertito al Cristianesimo e divenuto tenace avversario dell’Ebraismo).
Il testo del resoconto mette in luce in modo chiaro e diretto le differenze tra l’Ebraismo e il Cristianesimo nell’ambito della fede e dell’interpretazione della Bibbia, costituendo così un importantissimo documento che è utile conoscere anche oggi, nell’era del dialogo inter-religioso e del rinnovamento dell’interesse cristiano per gli argomenti ebraici.

«In realtà la radice della discussione e della controversia tra Giudei e Cristiani consiste nel fatto che le vostre affermazioni a proposito dell’essenza della divinità sono [per noi] molto dure. E tu, re nostro signore, sei cristiano, figlio di un cristiano e di una cristiana; per tutta la vita hai ascoltato preti, frati e predicatori parlare della nascita di Gesù: essi hanno riempito con questa dottrina la tua testa e il midollo delle tue ossa tanto che essa ti appare ovvia a causa della forza dell’abitudine. Tuttavia ciò cui credete, e che è il fondamento della vostra fede, è inaccettabile per l’intelletto: la natura non lo consente e i profeti non l’hanno mai preannunciata; persino il miracolo non può giungere a tanto, come dimostrerò inconfutabilmente a suo tempo e luogo. Che il Creatore del cielo e della terra e di tutto ciò che contengono penetri nel ventre di una donna ebrea, vi si sviluppi per nove mesi per poi nascere come un neonato, e che sia cresciuto e sia stato consegnato nelle mani dei suoi nemici e che sia stato condannato a morte e giustiziato, e infine, secondo quanto affermate, che sia risuscitato e sia tornato al punto di partenza, tutto ciò è inconcepibile per la mente di un ebreo e in genere per qualunque uomo. Perciò tutte le vostre parole sono vane perché il fondamento della nostra controversia è questo. Ma parliamo pure del Messia secondo la vostra volontà».

Frate Pablo disse: «Tu credi che il Messia è già venuto?»

Risposi : «No, anzi io credo e so che egli non è venuto. Inoltre non ci fu mai un uomo che dichiarò, o del quale fu detto, che era il Messia se non Gesù, e a me è impossibile credere nella sua messianicità. Infatti il profeta afferma, a proposito del Messia: Regnerà da mare a mare e dal fiume sino ai confini della terra (Salmi 72:8); ed egli non ebbe nessun regno, ma anzi nel corso della sua vita fu perseguitato e dovette nascondersi per sfuggire ai suoi nemici ma alla fine cadde nelle loro mani e non poté salvare se stesso. Come avrebbe potuto salvare tutto Israele? Nemmeno dopo la sua morte ebbe un regno perché l’impero di Roma non deriva da lui, anzi, prima che i romani credessero in lui, la città di Roma dominava sulla maggior parte del mondo, mentre dopo che adottarono la sua fede essi persero numerosi regni. E attualmente i fedeli di Maometto hanno un regno superiore al vostro. Inoltre il profeta annuncia che all’epoca del Messia non dovranno più istruirsi a vicenda e nessuno dirà più al fratello: “riconoscete il Signore”, perché tutti mi conosceranno (Geremia 31:34). Inoltre è scritto: La conoscenza del Signore riempirà la terra come le acque ricoprono il mare (Isaia 11:9); e inoltre: forgeranno le loro spade in vomeri. un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo e non si apprenderà più l’arte della guerra (Isaia 2:4). Ora, dai tempi di Gesù fino a oggi, tutto il mondo è stato ricolmo di violenza e rapina e i cristiani hanno sparso più sangue delle altre nazioni e inoltre intrattengono relazioni illecite. Come sarebbe difficile per te, re nostro signore, e per i tuoi cavalieri se davvero non apprendessero più l’arte della guerra!

Testo di riferimento: Moshe Idel, Mauro Perani, Nahmanide esegeta e cabbalista, Giuntina, 1998.

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