Yitrò: L’eco universale della Redenzione

Yitro

E Yitrò, sacerdote di Midiàn, suocero di Moshè, ascoltò tutto ciò che Dio aveva fatto per Moshè e per Israele suo popolo. […]
E Yitrò si rallegrò per tutto il bene che Hashem aveva fatto a Israele, liberandolo dalla mano degli Egiziani. E disse Yitrò: «Benedetto sia Hashem, che vi ha liberati dalla mano degli Egiziani e dalla mano del Faraone, e ha liberato il popolo dalla mano degli Egiziani!» (Esodo 18:1-10).

Nell’ordine narrativo del Libro dell’Esodo, l’episodio della visita di Yitrò all’accampamento degli Israeliti è posto poco prima della Rivelazione dei Dieci Comandamenti.

Eppure, il testo ci fornisce indizi sufficienti per farci comprendere che tale evento sia accaduto in realtà dopo che il popolo si era già stabilito da tempo ai piedi del Monte Sinai (vedi Esodo 18:5).

Questa scelta di invertire la successione cronologica degli avvenimenti ci pone davanti a delle difficoltà già note ai Maestri del Talmud, che proprio commentando il Libro dell’Esodo hanno enunciato il principio secondo cui “la Torah non segue sempre l’ordine cronologico” (Pesachim 6b).

Nel suo commentario biblico, Ibn Ezra ci mostra che l’apparente incongruenza è stata creata dalla Torah con uno scopo preciso: affiancare due avvenimenti opposti e far risaltare così il contrasto tra Yitrò, il sacerdote straniero venuto a mostrare il suo rispetto per Israele, e Amalek, la nazione malvagia che proprio nel capitolo precedente aveva mosso guerra agli Ebrei.

Giustapporre questi due racconti per evidenziare le loro differenze è molto più importante di rispettare il semplice ordine cronologico.

Il clan familiare di Yitrò, appartenente alla stirpe dei Kenei (vedi Giudici 1:16), si stabilì pacificamente tra gli Israeliti dopo la conquista della terra di Canaan. Gli Amalekiti, al contrario, rimasero i peggiori nemici di Israele per tutte le generazioni successive.

L’osservazione di Ibn Ezra è avvalorata dal fatto che la contrapposizione tra Amalek e i Kenei ricorre nella Bibbia in almeno due luoghi: nell’oracolo di Bil’am (Numeri 24:21) e nella storia del re Saul, che mise in salvo i Kenei durante la guerra contro gli Amelekiti (1Samuele 15:6).

Come nota Umberto Cassuto, tra la storia di Yitrò e quella dello scontro con Amalek si possono individuare anche parallelismi e termini in comune che sottolineano l’antitesi tra i due racconti:

“E Amalek venne a muovere guerra contro Israele a Refidim” (17:8);
“E Yitrò venne da Moshè nel deserto […] poi si informarono l’uno della pace dell’altro” (18:7).

“Moshè disse a Yehoshua: Scegli per noi alcuni uomini ed esci in battaglia contro Amalek” (17:9);
“Moshè ascoltò la voce del suocero e fece quanto gli aveva suggerito. E Moshè scelse uomini capaci in tutto Israele e li costituì alla testa del popolo” (18:25).

“E Moshè sedette sulla pietra” (17:12);
“Il giorno dopo Moshè sedette a rendere giustizia al popolo” (18:13)

“Vi sarà guerra di Hashem contro Amalek di generazione in generazione” (17:16);
“E questo popolo arriverà alla sua meta in pace (18:23).

Amalek rappresenta tutti coloro che non accettano la missione del popolo ebraico, non sanno cogliere i segnali della Storia, ma ricorrono alla violenza e allo sterminio per prevalere. Yitrò e la sua stirpe sono invece i precursori di chi riconosce la portata universale della Redenzione vissuta da Israele, e che ha il coraggio di abbandonare i propri idoli per venire ad ascoltare la voce di Dio attraverso il Suo popolo.

“E disse Yitrò: «Ora io so che Hashem (Y-H-V-H) è più grande di tutti gli dèi (Elohim), poiché Egli ha operato [contro gli Egiziani] con quelle stesse cose di cui essi si vantavano»” (Esodo 18:11).

Cosa sono questi “altri dèi” di cui parla Yitrò? La Bibbia accetta forse un residuo di politeismo nella nuova fede del sacerdote di Midiàn?

Bisogna tornare un po’ indietro. Nelle sezioni precedenti del Libro dell’Esodo, la Torah ha narrato i grandi giudizi inflitti dal Creatore del mondo contro l’Egitto, giudizi che di fatto hanno colpito spesso le divinità egizie: il Nilo mutato in sangue, le rane trasformate da simbolo di fertilità a piaga insopportabile, gli animali tanto venerati divenuti vittime della pestilenza,  il sole oscurato, le arti magiche degli stregoni cadute in discredito, il Faraone stesso privato a più riprese della sua fasulla aura divina.

Il messaggio è chiaro, e Yitrò ha saputo comprenderlo: Hashem, il Dio Unico, è al di sopra di tutto ciò che si può chiamare “Elohim” (divinità, giudici, poteri elevati); non esiste alcuna forza della natura, idolo o essere umano che si possa paragonare ad Hashem.

Forse è proprio questo il significato della misteriosa frase pronunciata da Yitrò: “poiché Egli ha operato [contro gli Egiziani] con quelle stesse cose di cui essi si vantavano”. Le divinità egizie, che erano il vanto di tutta la nazione, sono esattamente ciò che Dio ha utilizzato per portare alla rovina gli oppressori degli Israeliti.

Ma Yitrò non si è limitato solo a manifestare la sua gioia per la salvezza degli Ebrei. Il suocero di Moshè ha anche fornito al suo genero affaticato importantissimi consigli su come amministrare la giustizia.

Scrive a questo proposito R. Chayim ibn Attar nel suo famoso commentario Or HaChayim:

“Sembra che il motivo [dell’insegnamento di Yitrò] sia l’intenzione di Dio di mostrare agli Israeliti di quella generazione – e di tutte le generazioni – che esistono tra le nazioni del mondo dei grandi uomini di saggezza e intelletto. Poiché ci sono senza dubbio fra le nazioni persone capaci di dare consigli di grande valore. Il proposito è dunque quello di mostrare che gli Israeliti non furono eletti in quanto dotati di intelligenza o di un discernimento superiore a quello degli altri popoli, e la prova è rappresentata dall’intelligenza di Yitrò. Dio non scelse gli Israeliti per la loro saggezza o per il loro intelletto, ma in virtù della Sua bontà suprema e del Suo amore per i nostri padri”.

Soltanto dopo aver appreso tutto ciò è davvero possibile accostarsi con umiltà alle pendici del Monte Sinai, per poter ricevere così la più grande Rivelazione mai concepita.

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