E tutta l’assemblea dei figli d’Israele arrivò al deserto di Sin nel primo mese, e il popolo si fermò a Kadesh. Là morì Miriam e là fu sepolta, e non c’era l’acqua per l’assemblea, ed essi si radunarono contro Moshè e contro Aaron (Numeri 20:1-2).
I racconti della Bibbia non sono semplici storie da leggere in maniera superficiale, né banali annotazioni raccolte per tramandare la memoria di eventi del passato. La Torah nasconde spesso segnali e dettagli la cui rilevanza per la comprensione del testo risulta essenziale. A volte, concetti che sembrano non avere alcun legame fra loro, o frasi accostate in modo apparentemente casuale, celano in realtà un disegno che si dispiega a poco a poco agli occhi del lettore attento.
È il caso del brano che abbiamo appena citato: subito dopo averci parlato della morte di Miriam, sorella maggiore di Moshè, il testo inizia a narrare della crisi che sconvolse il popolo a causa della mancanza d’acqua. La frase “Là morì Miriam e là fu sepolta” è unita alla seguente (“non c’era l’acqua per l’assemblea”) da una lettera vav, equivalente alla congiunzione e italiana, che non a caso moltissimi traduttori eliminano, inserendo al suo posto un punto, per separare nettamente le due frasi.
Gli antichi Maestri, invece, non si sono lasciati sfuggire questo particolare, e hanno suggerito l’esistenza di una connessione tra la morte di Miriam e la mancanza d’acqua:
“Rabbi Yose bar Yehuda ha detto: Il popolo d’Israele ha avuto tre capi eccellenti: Moshè, Aaron e Miriam. Tre grandi doni furono concessi al popolo d’Israele grazie a costoro: l’acqua (lett. “il pozzo”), le nubi e la manna. L’acqua è stata fornita grazie al merito di Miriam, le nubi della gloria grazie ad Aaron, e la manna grazie a Moshè. Quando Miriam morì, l’acqua scomparve, come è scritto: ‘Là Miriam morì e fu sepolta’, e subito dopo è scritto: ‘e non c’era l’acqua per l’assemblea, ed essi si radunarono contro Moshè e Aaron’ “(Talmud, Ta’anit 9a).
“Il pozzo”, le nubi e la manna, i tre doni elencati da Rabbi Yose, rappresentano i tre elementi fondamentali di cui ogni viaggiatore nel deserto ha bisogno per sopravvivere: l’acqua da bere, un riparo all’ombra, e qualcosa da mangiare. Associare ciascuno di questi elementi a uno dei tre leader del popolo ebraico durante l’epoca che precede l’ingresso nella Terra promessa, significa evidenziare l’importanza che questi grandi personaggi ebbero durante la lunga esperienza del viaggio nel deserto.
Il fatto che Moshè e Aaron siano fortemente esaltati e considerati indispensabili per la salvezza del popolo è tutt’altro che sorprendente. Ricordare le loro imprese e i loro meriti sarebbe di certo superfluo. Che Aaron sia associato alle nubi di gloria si spiega probabilmente alla luce del fatto che egli era il Cohen Gadol (Sommo Sacerdote), e che la Presenza di Dio in forma di nube ricopriva il Santuario, i cui riti erano amministrati proprio da Aaron e dai suoi figli. Il Talmud stesso, inoltre, fa notare che, in seguito alla morte di Aaron, gli Israeliti vennero attaccati dal re di Arad, a dimostrazione del fatto che la dipartita del Sommo Sacerdote avesse reso il popolo vulnerabile.
Che Moshè abbia avuto un ruolo chiave nella sopravvivenza fisica di Israele – di cui la manna è immagine rappresentativa – è indiscutibile.
Ciò che appare molto meno chiaro è il motivo per cui anche a Miriam sia riservato l’onore di essere citata tra i redentori di Israele e di essere persino associata a un elemento tanto importante come l’acqua.
Chi è Miriam, e in cosa consiste il suo merito? La Torah non ci rivela molto su questo interessante personaggio femminile. Il contesto storico, un’epoca in cui, in linea generale, alle donne non spettavano posizioni di potere, ha impedito a Miriam di emergere in maniera prominente, come è stato invece concesso ai due fratelli maschi. Tuttavia, il suo valore traspare ugualmente, se si riesce ad entrare nelle profondità del testo.
A legittimare l’associazione proposta dai Maestri del Talmud tra Miriam e l’acqua è il fatto che questa misteriosa profetessa compaia costantemente (non sempre in maniera esplicita) proprio nelle occasioni in cui Moshè o l’intero popolo si trovano ad avere a che fare con l’acqua, in situazioni anche molto diverse fra loro:
- Quando Moshè, ancora bambino, è affidato da sua madre alle acque del Nilo, Miriam interviene in suo favore (Esodo 2:4-8).
- In seguito, quando è l’intera nazione ad essere stata appena salvata dalle acque (con il passaggio del Mar Rosso), Miriam compare di nuovo, questa volta per cantare un inno di ringraziamento a Dio (Esodo 15:20-21).
- Subito dopo, il popolo si ritrova in un’oasi le cui acque sono troppo amare (marim, in ebraico) per essere bevute. Considerando che la lingua ebraica non possiede le vocali nella grafia, marim (amare) è identico a Miriam (מרים).
- In Numeri 20:1-2, come abbiamo visto, il testo accosta la morte di Miriam alla mancanza d’acqua.
- Rivolgendosi agli Israeliti assetati, Moshè dichiara: “Ascoltate, ribelli!” (Numeri 20:10). Anche il termine “ribelli” (morim), graficamente identico a Miriam, può essere inteso come un’allusione velata al nome della profetessa.
Anche se figlia di un mondo in cui il sesso femminile era messo ai margini della società, Miriam riesce ad essere presente nei momenti cruciali della storia della redenzione d’Israele e a lasciare un segno indelebile nella vita del popolo, come testimoniano le parole del profeta Michea, che dopo molti secoli non mancherà di menzionare Miriam tra i liberatori della nazione, assieme ai suoi illustri fratelli (Michea 6:4). Non bisogna poi dimenticare che l’acqua, a cui Miriam è associata, è uno dei simboli della Torah (vedi Deuteronomio 3:22; Isaia 55:1) e che essa, nei rituali che si svolgevano nel Tempio, rappresentava la vita e la rigenerazione. Tutto ciò getta le basi affinché il ruolo della donna, nell’ambito della vita nazionale e della preservazione dei valori spirituali, sia riconosciuto come tutt’altro che secondario.