HaShem disse a Moshè: «Compi la vendetta degli Israeliti contro i Midianiti, poi sarai riunito ai tuoi padri» (Numeri 31:1).
L’ultima impresa che Moshè è chiamato a compiere ora che la sua vita volge al termine è la guerra contro i Midianiti, colpevoli di aver aver tentato di annientare il popolo d’Israele cominciando dalle sue basi spirituali, pur non essendo stati in alcun modo minacciati dalla marcia degli Ebrei verso la terra promessa.
Se il racconto della guerra, con le immagini delle stragi e del territorio midianita arso con il fuoco (31:7-11), evoca già un certo sgomento, ciò che accade in seguito non può che suscitare orrore in chiunque possieda anche solo un frammento di sensibilità nel suo animo.
E Moshè si adirò contro i comandanti dell’esercito, capi di migliaia e capi di centinaia, che tornavano da quella spedizione di guerra. Moshè disse loro: «Avete lasciato in vita tutte le donne? Furono esse, dietro suggerimento di Bilam, a far peccare i figli d’Israele contro HaShem nella faccenda di Peor, per cui scoppiò la calamità nell’assemblea di HaShem. Ora dunque uccidete ogni maschio tra i fanciulli e uccidete ogni donna che ha avuto rapporti con un uomo, ma tenete in vita per voi tutte le fanciulle che non hanno avuto rapporti con uomini (31:14-19).
Leggere parole tanto spietate, pronunciate dal più grande profeta della Bibbia, crea in noi un grande senso di disagio, soprattutto se ricordiamo che altrove la Torah esalta la pace (Levitico 26:6), comanda l’amore per il prossimo e per lo straniero (Levitico 19:18; 19:34; Deut. 10:18) e nobilita l’essere umano definendolo “immagine di Dio” (Genesi 1:26-28). Robert Alter, spiegando che stragi come quella descritta in questi versi erano compiute comunemente nel mondo antico, afferma con una certa amarezza: “È dolorosamente evidente che siamo davanti a un caso in cui purtroppo la visione biblica non riesce a trascendere dal suo contesto storico” (The Five Books of Moses, in loco).
Non sorprende allora che, nell’ambito dei molti studi e commenti sulla parashah, questo brano sia molto spesso ignorato e tralasciato, come se evitando di parlarne fosse possibile farlo passare inosservato. Chiudere gli occhi su ciò che la Torah afferma non è tuttavia una scelta ammissibile, e non è di certo la nostra scelta.
Non sono mancate del resto neppure le letture apologetiche volte a mitigare l’asprezza della narrazione, come quella di Rabbi Naftali Tzvi Yehudah Berlin (Netziv), che nel suo commentario asserisce che la Torah si riferisca solo all’uccisione dei bambini e delle donne che avevano in qualche modo preso parte alle ostilità. Il testo, però, non riporta in verità nulla di simile.
Che questo racconto sia incompatibile con la sensibilità moderna è senza dubbio innegabile, e discuterne sarebbe persino superfluo. Ciò di cui invece si può e si deve discutere è il fatto che, sorprendentemente, il brano sembra contraddire anche la Torah stessa.
Secondo le leggi sulla guerra di cui parla il Deuteronomio, infatti, ai combattenti Israeliti è concesso uccidere soltanto i maschi adulti delle forze nemiche (Deut. 20:12-14). Nella sua codificazione della Legge ebraica, Maimonide afferma in proposito che “Le donne e i bambini non devono essere uccisi” (Hilkhot Melachim 6:4).
Come può allora la Torah, che in Deut. 20:19 vieta addirittura di sradicare un albero da frutto durante la guerra (poiché “l’albero della campagna è forse un uomo che tu debba assediarlo?“) ammettere che dei bambini innocenti siano uccisi?
È vero che, in alcuni casi controversi che meriterebbero di essere analizzati in un articolo separato, la Torah comanda di annientare completamente alcune civiltà corrotte e immorali. Questo comando tuttavia non può riguardare la guerra contro Midian per due motivi:
- Tale misura drastica si applica soltanto nei confronti delle città di Canaan e di Amalek (nel caso di un esplicito comando divino), come i Maestri del Talmud sottolineano dichiarando così l’irrilevanza di queste leggi nell’epoca post-biblica.
- In queste “guerre di annientamento”, gli Israeliti non agivano come conquistatori, ma come semplici esecutori di una sentenza divina rivelata. Ad essi non era quindi concesso trarre vantaggi materiali dall’impresa, cioè appropriarsi del bottino di guerra o del bestiame dei nemici, cosa che invece avvenne nel caso della guerra contro Midian (31:26).
La contraddizione richiede dunque di essere spiegata.
Nella vastità dei discorsi sconfortanti che scaturiscono da questa parashah, un’interessante interpretazione, benché comunque non priva di difficoltà, ha catturato la nostra attenzione. A formularla è Rabbi David Kasher, autore del blog Parsha Nut, sulla base del commento di Rashi.
L’esortazione a uccidere le donne e i bambini di Midian, come nota già Robert Alter, non è pronunciata da Dio, ma da Moshè. Nel racconto leggiamo infatti che “Moshè si adirò (vayiktzof)”, e che solo in quel momento egli esprime il comando di sterminare i superstiti.
Subito dopo, il testo ci presenta le norme della purificazione a cui doveva sottoporsi l’esercito a causa delle uccisioni compiute in battaglia. Al contrario di come ci si aspetterebbe, però, questa volta a illustrare tali norme non è Moshè, ma Eleazar, caso unico in tutta la Torah. Com’è possibile? Rashi spiega in proposito che “Moshè era in uno stato d’ira, perciò cominciava a sbagliare, e la legge sulla purificazione gli sfuggì dalla mente”.
Lo stesso verbo “adirarsi”, aggiunge ancora Rashi, era già stato impiegato in riferimento a Moshè nel Levitico, poco dopo la tragica vicenda della morte dei figli di Aharon nel Santuario:
Moshè si adirò (vayiktzof) contro Eleazar e contro Itamar, i figli di Aharon che erano rimasti, dicendo: «Perché non avete mangiato il sacrificio per il peccato nel luogo santo? […] voi avreste dovuto mangiarlo nel luogo santo, come avevo comandato!» (Levitico 10:16-18).
Anche qui Moshè sembra perdere la sua lucidità: l’ira gli annebbia la mente e lo conduce a ignorare il dramma del lutto di suo fratello in nome dell’osservanza del protocollo rituale. Qui, però, la risposta di Aharon lo porta a comprendere subito il proprio errore (10:19-20).
La rabbia, con le azioni impulsive che da essa derivano, sembra essere del resto alla base della punizione divina inflitta a Moshè, con la condanna a morire nel deserto prima dell’ingresso del popolo nella terra promessa.
Accettando questa interpretazione, il racconto conserva comunque la sua asprezza, ma appare meno problematico dal punto di vista teologico, poiché l’ingiusto comando sanguinario è attribuito a una perdita di lucidità da parte di Moshè, e non alla volontà del Creatore.
La guerra contro Midian si aggiungerebbe così alla lista di episodi biblici in cui azioni umane discutibili o aberranti sono presentate senza un’esplicita condanna da parte del testo, come nel caso della proposta di Lot di offrire le sue figlie alla folla inferocita di Sodoma, del massacro degli abitanti di Shechem a causa dello stupro di Dinah, o del sacrificio della figlia di Iefte nel libro dei Giudici
In tutti questi esempi, il silenzio enigmatico del testo non impedisce però ai lettori di cercare risposte che facciano riaffiorare la giustizia da queste storie oscure.
Essendo cristiano, parlo da cristiano. La teologia cristiana afferma chiaramente che la Bibbia è ispirata da Dio, non dettata, come il Corano per la teologia islamica. Questo vuol dire che nella Scrittura troviamo elementi propri della cultura in cui è stata scritta che a noi ci sono estranei, e sembrano essere persino contraddittori col carattere di Dio, che comanda l’amore e la pace. Dobbiamo ricordarci che la nostra cultura è molto, troppo distante da quella dell’età del bronzo, e comportamenti che a noi ci sembrano immorali, nel mondo antico erano la normalità.
Tutti a prendere le difese di Dio stanno, e per difendere Dio finiscono poi per accusare gli uomini, compreso il mite e mansueto Mosè, l’uomo più mansueto che c’era sulla faccia della terra. Ma rabbioso, impulsivo e sanguinario, non meritava di entrare nella terra promessa, giustamente castigato da Dio, e chissà poi come l avrà trattato nel regno dei cieli, sempre che esista un regno dei cieli oltre questa vita terrena. Gli ebrei seguendo i loro pensieri e la loro sapienza e intelligenza, possono dire quello che vogliono, il tutto e il contrario di tutto, visto che la Bibbia sembra essere piena di contraddizioni. Ma i cristiani invece no perché Gesù ha detto che nessuna parola dovrà essere mai cancellata. Nulla aggiungerete e nulla toglierete, sia nel vecchio che nel nuovo testamento. Ma siccome è stata ispirata e non dettata, coloro che l hanno scritta hanno sbagliato a capire o a riportare le parole di Dio, visto che erano pure impacciati di bocca e di lingua. Io e il padre siamo una cosa sola, diceva Gesù, e come mai tante volte sembrano essere il perfetto contrario l’uno dell’altro, se non contraddittori loro se stessi? Ma contraddittori sono gli uomini, non certo Dio, E se dagli uomini che pretendono di essere più buoni e giusti di Dio, viene accusato anche Mosè, poteva salvarsi Gesù? Ancora un poco e mi lapideranno, disse Mosè al Signore, e se Aronne per non essere lapidato cedette al popolo, al mite mansueto non gli restava che sperare nel Signore. Fammi morire se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non c’è la faccio più a fare il mediatore fra te e loro gli disse in pratica, ma son cose complicate per chi ambisce alla conoscenza. Meglio seguire San Paolo, aver fede e umiltà e seguire solo l amore per Dio e il prossimo, con semplicità e mansuetudine
Strano il mio commento prima é stato pubblicato e poi lo hanno tolto.
Si vede che non gli é piaciuto proprio perché ho scritto la verita´.
Comunque vi ringrazio ugualmente.
Buon anno
Il tuo commento non è stato pubblicato in quanto era scritto in tono aggressivo e presuntuoso, oltre che a tratti incomprensibile. Se riscrivi le stesse argomentazioni in modo più pacato e corretto non ci saranno problemi a pubblicarlo.
Numeri 31 dal verso 31 si parla della spartizione del bottino.
A Dio come ordinato da lui gli vengono assegnate 32 fanciulle (non Israelite) come sacrificio. Infatti fürono date al Sacerdote.
La Torah non lo dice, ma vorrei sapere a cose servivano 32 fanciulle per Dio.
Grazie
Nel testo non è scritto che le 32 fanciulle furono offerte in sacrificio. Un atto simile non è previsto né permesso nella Torah, che parla solo di sacrifici animali. Vedi ad esempio Numeri 18:15, in cui si afferma chiaramente che solo il sacrificio del bestiame è permesso, mentre un essere umano (in quel caso un primogenito), benché sia “offerto al Santuario”, deve essere riscattato.
Il fatto che queste giovani midianite furono consegnate ai sacerdoti non significa che siano state sacrificate. Il testo afferma che esse furono date come “tassa ad HaShem” e come “terumah” (porzione che spetta ai sacerdoti). In maniera simile, in Numeri 18:6 è scritto che i Leviti furono “presi dai figli d’Israele per voi (i figli di Aronne), donati come dono per HaShem per lavorare nel servizio della tenda di Convegno”. Di certo i Leviti non venivano sacrificati, ma appartenevano al Santuario nel senso che lavoravano per il Tabernacolo.
Caro redattore, scrivi:
“Nel testo non è scritto che le 32 fanciulle furono offerte in sacrificio. Un atto simile non è previsto né permesso nella Torah, che parla solo di sacrifici animali. Vedi ad esempio Numeri 18:15, in cui si afferma chiaramente che solo il sacrificio del bestiame è permesso, mentre un essere umano (in quel caso un primogenito), benché sia “offerto al Santuario”, deve essere riscattato.”
Concordo che le 32 fanciulle non furono sacrificate ma date ai sacerdoti come schiave o concubine. Non credo però che il verso di Numeri 18:15 da te citato sia l’esempio più adatto per escludere la pratica dei sacrifici umani nell’antico Israele. Questo brano sancisce che ogni offerta che i fedeli intendevano fare al santuario con voto di interdetto, ossia il cherem, diveniva proprietà dei sacerdoti e non poteva essere riscattata dall’offerente. Vi è tuttavia l’eccezione: il primogenito sia dell’uomo sia di un animale impuro (asini, cammelli, ecc.) potevano essere riscattati dal fedele; ma questa eccezione non mi pare si estendesse, secondo quanto scrivi, pure ai secondogeniti, ai terzogeniti e via dicendo. Non credo che un israelita che non avesse a disposizione qualche primogenito umano o di animale fosse per questa carenza costretto a rinunciare a fare un voto. Anzi, l’eventuale obbligo di offrire solo i primogeniti avrebbe ridotto il numero delle offerte ai minimi termini, con grave danno per i sacerdoti che vivevano proprio delle offerte. Queste ultime, riguardo al genere umano, a mio parere erano costituite dai figli e dalle figlie dei fedeli, e anche dai loro schiavi nel caso dei ricchi possidenti. Direi anzi che la maggioranza delle persone donate al santuario fossero schiavi stranieri e solo raramente i figli, e quasi mai i primogeniti maschi.
Questo mio appunto è per confutare la tua asserzione che il riscatto del primogenito umano equivalesse al riscatto in toto di ogni soggetto umano, da cui la tua conclusione che solo gli animali potevano essere “sacrificati”. L’espressione più adatta, secondo me, in riferimento al solo bestiame commestibile, sarebbe piuttosto “mangiati” dai sacerdoti e dalle loro famiglie, che però dubito fossero in grado di consumare giornalmente tonnellate di carne (erano offerti anche tori e vacche), per cui direi che la maggior parte delle donazioni non fruita era venduta dai sacerdoti per ricavarne denaro.
Il punto a cui vorrei arrivare è che dovevano esserci due tipi di offerte fatte con il cherem (o interdetto): il primo è che donando animali, persone, case e terreni al santuario il fedele rinunciava volontariamente alla possibilità di riavere indietro le sue donazioni, le quali pertanto si commutavano in proprietà perpetua dei sacerdoti. Il verso di Numeri 18:15 che hai menzionato dovrebbe riferirsi appunto a questa categoria; i doni pertanto erano fruiti per sempre dai sacerdoti, esseri umani compresi, ma con l’eccezione dei primogeniti che il santuario era tenuto a restituire previo riscatto.
Il secondo tipo: questa volta il cherem implicava anche l’olocausto, ossia l’incenerimento col fuoco dell’offerta. Quest’ultima non andava ai sacerdoti ma esclusivamente a Dio. Ma come gli era consegnata? Nei normali sacrifici di animali i quali erano poi mangiati da sacerdote e famiglia, il grasso e i reni della vittima erano riservati unicamente a Dio perché rappresentavano il suo “cibo” e la consegna avveniva attraverso i fumi della combustione, “odore soave per HaShem”:
“Il sacerdote farà bruciare tutto questo sull’altare. È un CIBO consumato dal fuoco per il Signore.” (Levitico 3:11, Nuova Riveduta)
Con l’olocausto, invece, si inceneriva tutto il corpo della vittima, poiché questa era dedicata interamente a Dio:
“Nondimeno, tutto ciò che uno avrà consacrato al Signore per voto d’interdetto, fra le cose che gli appartengono, si tratti di una persona, di un animale o di un pezzo di terra del suo patrimonio, non potrà essere né venduto, né riscattato; ogni interdetto è cosa interamente consacrata al Signore”. (Levitico 27:28, Nuova Riveduta)
In questo brano non è specificato che la consacrazione con voto d’interdetto è quella dell’olocausto, ma lo si può comprendere dalla precisazione che l’offerta non potrà essere riscattata (dall’offerente) né venduta (dal suo nuovo proprietario, cioè il sacerdote). La cosa votata non appartiene più agli uomini ma solamente a Dio. E gli verrà consegnata bruciandola col fuoco.
Già, ma se la cosa consacrata era una persona? A quanto pare, avrebbe dovuto essere uccisa. Ma se l’offerente avesse avuto degli scrupoli, oppure se pensava di aver commesso uno sbaglio come accadde all’infelice Iefte?
La chiosa successiva tiene conto degli eventuali ripensamenti:
“Nessuna persona consacrata per voto di interdetto potrà essere riscattata; dovrà essere messa a morte.” (Levitico 27:29, Nuova Riveduta)
Certo, verrebbe facile pensare che questo verso si riferisca ai criminali da giustiziare.
Ma i criminali vengono condannati, non consacrati.
Caro Marco,
L’errore da me commesso è stato quello di considerare il passo di Numeri 18:15 come relativo unicamente ai sacrifici cruenti, mentre in realtà il contesto è molto più ampio. Secondo la Torah, ogni essere vivente maschio che “apre per primo” il grembo della madre appartiene automaticamente a Dio: asini, cammelli, pecore, mucche e anche esseri umani, tutti i primogeniti appartengono a Dio. Ma “appartenere a Dio” non significa essere sgozzati sull’altare: ciò avveniva, come ci dice il Deuteronomio, solo nel caso di ovini e bovini. Nel caso di animali impuri ed esseri umani, si procedeva in modo diverso. Gli animali impuri potevano essere riscattati con denaro, ma nel caso in cui ciò non avveniva bisognava invece venderli al loro prezzo regolare (Levitico 27:27). Per i primogeniti umani, riscattarli era un comandamento, ma nel caso di inadempienza da parte dei genitori, il bambino non veniva sacrificato, ma dedicato al servizio del Santuario alla maniera dei leviti e dei sacerdoti. Insomma l’idea di uccidere un primogenito umano, anche se non riscattato, non è proprio contemplata dalla Torah, che permette di sacrificare solo i primogeniti di pecore e vacche.
Grazie per la risposta.
Ma le fanciulle medianite non erano figlie d´Israele erano medianite e bottino di guerra. I Leviti erano maschi e israelitii. E perché nelle altre guerre venivano ammazzate tutte? Sia donne sia bambini sia fanciulle e sia anziani?
Allora da come capisco da 1Samuele verso 22 le donne che prestavano servizio all´ingresso della tenda erano Prostitute poiché i figli di Eli si coricavano con loro.
Sperando di aver capito bene il verso 22.
Saluti
I figli di Eli avevano creato una sorta di racket della religione. Erano corrotti e criminali, non vanno presi come esempio di ciò che insegna la Torah. Anzi il testo li condanna proprio per la loro perversione materialistica del culto. La Torah separa nettamente tutto ciò che è corporeo e sessuale dal Santuario (vedi le leggi di purità del Levitico), quindi prostitute sacre in Israele di sicuro non potevano esistere.
Ti ho citato il caso dei Leviti per mostrarti che essere “consegnato a Dio” biblicamente non equivale a “essere sacrificato”. Sia i maschi che le femmine potevano essere dedicati al lavoro esclusivo del Santuario.
Uno studioso di lingua ebraica mi disse che la frase “prestare servizio” si usa in ebraico solo per indicare il servizio militare, il servizio sacerdotale oppure prostuirsi.
Giusto o errato?
Salitu
No, non è in alcun modo corretto. Il verbo “avad” significa lavorare, servire, coltivare la terra, adorare, offrire sacrifici. Vedi tu stesso sul vocabolario: https://biblehub.com/hebrew/5647.htm
Per quanto riguarda la tua domanda sul Salmo 22, non pubblico qui il commento perché non è pertinente con l’articolo. Ti chiedo di porre la tua domanda sotto un articolo in cui si parla del Cristianesimo.
Il Salmo 22 si trona nella Torah e non nel nuovo testamento. Quindi sarebbe giusto rispondere alla domanda fatta dall´anonimo.
Davide mori´di vecchiaia quindi a chi si riferisce quando dice che gli hanno forato i piedi e le mani ed hanno tirato a sorte sulla sua tunica. Sembra una crocifissione
Grazie
Risponderò certamente, ma non sotto questo articolo, che parla di tutt’altro argomento. Prometto che il Salmo 22 sarà l’oggetto di un nuovo articolo.
Buon giorno.
Aspetto con ansia spiegazione del salmo 22
Grazie
Visita la nostra home nei prossimi giorni. Il prima possibile tratteremo l’argomento in un nuovo articolo.
Buon giorno.
Vorrei sapere a chi si riferisce Dio quando dice guarderanno a me colui che essi hanno trafitto. Oppure é sbagliata la traduzione? Dio non fu trafitto da che io sappia.
Grazie
“Spanderò sulla casa di Davide e sugli abitanti di Gerusalemme lo spirito di grazia e di supplicazione;
essi guarderanno a me, a colui che essi hanno trafitto,
e ne faranno cordoglio come si fa cordoglio per un figlio unico,
e lo piangeranno amaramente come si piange amaramente un primogenito. ”
—
(Zaccaria 12:10 – LA BIBBIA)
Nel testo colui che viene trafitto non è Dio. Infatti subito dopo si afferma “Essi faranno cordoglio per lui”, non “per me”.
Grazie per la risposta, ma non quadra.
Ma li parla Dio e dice: essi guarderanno a me, a colui che essi hanno trafitto.
oppure traduzione sbagliata?
Grazie
La risposta non arriva, allora ecco la risposta esatta senza interpretazioni ellegorie:
Questa é chiaramente una Profezia che riguarda Gesú il Messia che fu trafitto sulla croce.
E qui non ci Piove. Leggi anche Salmo 22: Mi hanno forato mani e piedi, spartiscono fra loro le mie vesti e tirano a sorte la mia tunica. Si riferisce precisamente a Gesú. ( Leggi crocifissione die Gesu´)
Qui non abbiamo bisogno di Interpretazione, é chiarissimo.
Saluti
Gentile utente. Grazie per averci illuminato con questa sbalorditiva rivelazione. Volevo però dirle che sul salmo 22 abbiamo pubblicato un intero articolo. Lo trova sulla home del sito se le interessa.
Il mio commento è in tema col titolo dell’articolo sulle responsabilità del massacro dei midianiti. Cito il seguente stralcio:
“Il racconto conserva comunque la sua asprezza, ma appare meno problematico dal punto di vista teologico, poiché l’ingiusto comando sanguinario è attribuito a una perdita di lucidità da parte di Moshè, e non alla volontà del Creatore. La guerra contro Midian si aggiungerebbe così alla lista di episodi biblici in cui azioni umane discutibili o aberranti sono presentate senza un’esplicita condanna da parte del testo, come nel caso della proposta di Lot di offrire le sue figlie alla folla inferocita di Sodoma, del massacro degli abitanti di Shechem a causa dello stupro di Dinah, o del sacrificio della figlia di Iefte nel libro dei Giudici.”
Mosè era stato precettato da Dio e agiva in suo nome e per suo conto. Qui calza a pennello l’articolo 2049 del nostro codice civile che recita: “I padroni e i committenti sono responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito dei loro domestici e commessi nell’esercizio delle incombenze a cui sono adibiti.”. Per semplificare, se un cliente si lamenta di un lavoro eseguito male col committente, questo non può giustificarsi dicendogli che il danno è stato procurato dall’operaio e quindi si facesse risarcire da lui; la responsabilità giuridica e morale è del titolare, sebbene come uomo non sia onnisciente per accorgersi di come lavorano i suoi dipendenti. Dio, invece, che è onnisciente, ha visto sicuramente ma ha lasciato che il poco sobrio Mosè comandasse la macellazione a sangue freddo di centinaia di migliaia di esseri umani (solo le ragazze vergini risparmiate furono ben trentaduemila, figuriamoci quindi quante potevano essere tutte le altre donne e i bambini maschi trucidati).
Un articolo della nostra legge penale, il n.40, recita inoltre: “Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo.” L’omissione, quindi, equivale a essere responsabili di eventi gravi.
Stando alla morale nostrana, cui sono ispirate le leggi qui menzionate, Dio sarebbe sen’altro colpevole a causa della sua inerzia. Non resta dunque che raffrontare il suo silenzio con la morale e la mentalità dello scrittore biblico: in quest’altra ottica Dio è innocente e Mosè era del tutto lucido poiché quell’eccidio, secondo la cultura biblica, era lecito. Alla stessa luce vanno visti altri atti narrati nella Bibbia che costernano l’uomo moderno ma che erano considerati legittimi e perfino sublimi nell’età del bronzo.
Il riferimento a Maimonide da voi citato è assai improprio, poiché è proprio Rambam a scrivere, in Mishneh Torah – Issurei Biah 12:10,che il brano di Numeri 31:16-17 è la fonte del precetto di mettere a morte ogni femmina goy, a partire dalla età di tre anni ed un giorno, che abbia avuto un rapporto sessuale con un maschio ebreo di età non inferiore a 9 anni ed un giorno. Svariati poskim, anche moderni (Rav Oury Cherki ad esempio, in una conversazione privata) contestano Maimonide su tale statuizione.
È vero ciò che scrivi. E tuttavia abbiamo citato il Rambam in riferimento alle leggi sulla guerra del sefer Devarim, indipendentemente dalla sua interpretazione del racconto in questione.
Aggiungo che, in base all’esegesi talmudica presente in Yevamot 60b,Mosè avrebbe qui ordinato l’uccisione di tutte le femmine midianite a partire dall’età di tre anni ed un giorno, indipendentemente dal fatto se esse avessero avuto o meno rapporti sessuali, in quanto l’aver “conosciuto uomo” in questo passo biblico indicherebbe l’idoneità in astratto della femmina ad un coito che sia halachicamente qualificabile come rapporto sessuale, il che avviene quando la bambina raggiunge l’età di tre anni ed un giorno.
Questa è l’esegesi talmudica del passo, dalla quale io dissento, poiché nel testo di Numeri 31:16-17 si usa il termine “ishah” (donna) allorché Mosè ordina di uccidere (v.17), ed invece l’espressione “ha-ṭaph ba-nashim”, cioè le”bimbe” o “ragazzine”, al v. 18, allorché Mosè parla di mantenere in vita,una distinzione che a me sembra chiaramente legata al matrimonio o meno contratto dalle singole Midianiti.
Sicuramente nel p’shat il verbo “conoscere” può indicare solo l’atto sessuale compiuto effettivamente, non l’idoneità ad avere rapporti sessuali, come nel caso delle figlie di Lot “asher lo yadú’ ish”, cioè che non conoscono uomo, non sono sposate, ma ciò non significa che fossero delle bambine.
Intendevo dire che l’espressione“ha-ṭaph ba-nashim” indica delle ragazze molto giovani, non in età da matrimonio, e pertanto non può, a mio avviso, che ricomprendere anche(ma non solo) bambine in fase pre-puberale;il criterio dei tre anni ed un giorno di marca talmudica è quindi per me totalmente inappropriato, oltre che eticamente inammissibile.