La rana gigante e il valore dei Midrashim

tzfardea
Lo studio della Torah, condotto secondo l’approccio ebraico classico, non sarebbe concepibile senza il supporto delle parole degli antichi Saggi d’Israele e le sconfinate interpretazioni contenute nei vari scritti rabbinici. Alla semplice lettura del testo biblico viene infatti sempre affiancata la riflessione basata sulla tradizione e sugli insegnamenti dei Maestri.
Tuttavia, accostandosi per la prima volta al vasto mondo dell’Ebraismo, può capitare di rimanere stupiti e decisamente perplessi davanti alle tortuose interpretazioni dei Saggi, provando addirittura la sensazione che la Torah risulterebbe più semplice e più credibile senza l’apporto dei commenti rabbinici.
Ciò avviene principalmente a causa di un metodo interpretativo ampiamente utilizzato nella tradizione ebraica, il Midrash. Si tratta di un modo di leggere le Scritture che va oltre il senso letterale (chiamato p’shat) per cercare significati nuovi e per nulla scontati, spesso elaborando riflessioni etiche, morali, filosofiche e mistiche.

Tramite il metodo del Midrash, partendo da una singola parola del testo sacro, si può arrivare a formulare racconti non inclusi nella Bibbia e insegnamenti ricchi di applicazioni pratiche.
Molte interpretazioni midrashiche sono presenti nel Talmud, in particolare nelle cosiddette Aggadot, e ad esse sono anche dedicate intere raccolte chiamate proprio Midrashim.
Quando non viene adeguatamente compresa, questa tecnica esegetica può avere un effetto negativo, trasformando la visione ebraica della Torah in un insieme di storie fantasiose, leggende assurde e concetti dedotti in maniera forzata.
Possiamo trovare un esempio partendo dal racconto delle dieci piaghe, nel verso in cui la Torah narra che “le rane salirono e coprirono il paese d’Egitto” (Esodo 8:6).
In realtà, nel testo ebraico, la parola“rana” è espressa al singolare. Per i Saggi d’Israele ogni insolito particolare linguistico deve essere analizzato e sfruttato per elaborare idee argute e nuovi significati. Nel Midrash Tanchuma troviamo infatti la seguente spiegazione:
“Rabbi Akiva ha detto: Vi era una sola rana, gli Egiziani la colpirono e molte rane apparirono da essa” .
Ampliando il discorso, altre fonti aggiungono che si trattava di una rana di enormi dimensioni e che le altre rane uscirono dalla sua bocca per invadere l’Egitto.

 

Un altro caso ancora più significativo riguarda anch’esso il libro dell’Esodo.
La Torah racconta che la madre di Moshè nascose il suo bambino in una cesta che poi pose in un canneto nel Nilo nel tentativo di far sfuggire il figlio alla terribile persecuzione. Fu proprio la figlia del Faraone a salvarlo dalle acque, come è narrato nel famoso brano:
“La figlia del Faraone scese per fare il bagno nel Nilo, mentre le sue ancelle passeggiavano lungo il Nilo. Ella vide la cesta nel canneto e mandò la sua ancella a prenderla” (Esodo 2:5).
Nel Talmud (Sotah 12b) è riportata un’opinione secondo cui la parola amatah (ancella) assumerebbe qui il senso di “braccio”. Rashi spiega che per ottenere questo secondo significato bisogna leggere il testo secondo una vocalizzazione diversa da quella tradizionale.
Basandosi su questa interpretazione, il Midrash afferma che la figlia del Faraone stese il suo braccio ed esso si allungò notevolmente in modo miracoloso per permetterle di afferrare la cesta.

Cosa vogliono dirci i Maestri con queste osservazioni sorprendenti? Il loro intento era davvero quello di raccontare eventi storici prodigiosi tralasciati dalle Scritture?
Maimonide (1138 – 1204), nella sua Introduzione al Perek Chelek, parlando di chi interpreta letteralmente il Midrash dichiara: “La gente che segue questo approccio è veramente patetica. […] Essi credono in questa maniera di elevare i Saggi, ma in realtà li denigrano del tutto”.
Altri Maestri, pur senza esprimere pareri così severi, di fatto arrivano comunque a conclusioni simili.
Rabbeinu Abraham ben David (1125 – 1198), in un commento al Mishneh Torah, scrive che chi prende alla lettera il Midrash “distorce i principi della fede”.
Secondo Rabbi Shlomo ben Aderet (1235–1310), soltanto i grandi studiosi sono in grado di svelare i significati allegorici dei Midrashim.
Anche per Rabbi Moshe Chaim Luzzatto (1707-1746) i Midrashim sono una fonte di idee astratte e non devono essere interpretati letteralmente. Osservazioni analoghe sono espresse da Nachmanide e Ibn Ezra.
Oggi, particolarmente in ambiente ebraico chassidico e mistico, i racconti del Midrash vengono spesso presentati come eventi realmente accaduti e tramandati oralmente. Di solito, inoltre, non si fanno precisazioni su tale questione poiché nell’Ebraismo ciò che importa di più non è l’analisi storica delle vicende narrate, ma la lezione morale che da esse è possibile trarre.

Tornando all’esempio della rana gigante, è interessante leggere con attenzione il commento di Rashi in proposito:

«E le rane salirono», letteralmente «La rana salì». Era una sola rana, gli Egiziani la colpirono e da essa scaturì una grande moltitudine di rane. Questa è l’interpretazione midrashica. Per quanto riguarda il significato semplice, si può dire che la moltitudine delle rane sia presentata al singolare [in quanto era un gruppo di una singola specie], come avviene anche con la piaga dei pidocchi.

Dunque Rashi pone una netta distinzione tra i due livelli differenti, quello del Midrash (o derash) e quello “semplice”, cioè il senso letterale, il cosiddetto p’shat.
Il Midrash, per definizione, cerca significati più profondi, e quindi non richiede di essere necessariamente inteso alla lettera, ma solo di insegnare verità aggiuntive. Si tratta di un metodo creativo, poetico, estraneo a quella che oggi si definisce critica testuale. È una via interpretativa che non esclude e non annulla il significato semplice, ma arricchisce il messaggio della Torah svelandone i messaggi meno evidenti.

Considerando il racconto degli Egiziani che colpivano la rana senza accorgersi che in questo modo la piaga diventava più aspra, è possibile cogliere un’analogia con il brano dell’Esodo in cui si narra dell’oppressione subita dagli Israeliti per mano dei servi del Faraone. La Torah dice infatti: “Ma quanto più [gli egizi] opprimevano il popolo, tanto più si moltiplicava e cresceva oltre misura” (Esodo 1:12). Questo parallelismo tra la crescita della popolazione ebraica e quella delle rane serve probabilmente a evidenziare il principio della Giustizia Divina che agisce “misura per misura”.

Per quanto riguarda l’esempio della figlia del Faraone, riportiamo una spiegazione tratta da un articolo di Rabbi Pinchas Rosenthal, preside della Torah Academy di Long Island:

«La narrazione della Torah è ciò che accadde davvero nello spazio e nel tempo. Il Midrash serve a indicare la “storia dietro la storia”. I rabbini ci insegnano che il movimento emotivo della donna nel proteggere il bambino fu un grande miracolo, come se Dio avesse fatto allungare il suo braccio».

Nella Guida dei Perplessi, Maimonide distingue tre categorie di persone tra coloro che studiano i Midrashim:

“La prima categoria interpreta ogni cosa letteralmente e di conseguenza insegna alle masse senza alcuna spiegazione. Vorrei che essi tacessero. […]
La seconda categoria crede che i Maestri fossero degli sciocchi. Costoro non riescono a riconoscere lo straordinario valore umano contenuto nel Talmud.
La terza categoria, formata da così pochi individui che in realtà non potrebbero neanche costituire una categoria, è quella di chi crede che i Maestri fossero saggi e modesti, e cerca qualsiasi spiegazione della Aggadah che si accordi con questa considerazione”.

Qualunque sia il significato più corretto dei vari Midrashim, il valore ad essi attribuito dalla tradizione ebraica è tale che essi non possono e non devono essere ignorati. Ciò di cui si ha bisogno è forse un approccio diverso, che non generi confusione nelle menti di chi si avvicina alla Torah e di chi desidera farsi guidare dagli antichi Saggi del popolo ebraico, oggi come nel lontano passato.

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