Introduzione al Noachismo

Riportiamo di seguito una breve introduzione ai concetti di Noachismo e universalesimo ebraico, scritta dal rabbino Elio Toaff.

L’uomo creato da Dio a Sua immagine e somiglianza, alla prova dei fatti non si dimostrò degno della fiducia che Dio aveva riposto in lui e quindi non meritava di continuare a vivere. Il diluvio universale fu il castigo che colpì un’umanità perversa e sanguinaria, e solo Noè con la sua famiglia venne risparmiato perché, dice il testo della Genesi: “Noè era un uomo giusto per i tempi che correvano”. E a lui il Signore si rivela per la prima volta dopo la rivelazione ad Adamo nel giardino dell’Eden, per fare un patto: non manderà più un diluvio sterminatore per punire gli uomini anche se malvagi e l’arcobaleno nel cielo ricorderà questo suo impegno.

Ma gli uomini dovranno accettare ed osservare alcuni precetti fondamentali che poi vennero designati come i precetti dei figli di Noè (mizvoth benè Noach). Questi formano le leggi costituzionali dell’umanità che prescrivono che gli uomini – per vivere una perfetta vita morale – debbono astenersi dall’idolatria, dalla bestemmia, dall’omicidio, dall’incesto, dal furto e debbono organizzare la loro vita basandola sul diritto e sulla mitezza dei costumi. Nessun dogma è imposto né alcun sistema di vita o di pensiero.
Per questo sulla base dei principi noachidi si può fondare qualunque filosofia, qualunque teologia, qualunque diritto.

Io penso che sia per noi importante accertare come i nostri Maestri abbiano saputo da quelle pagine della Bibbia attingere i principi della più grande tolleranza.
L’ebraismo non ha fra i suoi scopi quello di fare proseliti alle sue idee ed al suo sistema di vita. Si propone invece di fare proseliti al noachismo con i suoi schematici principi ai quali nessuna società civile potrebbe rinunciare. Si tratta infatti di un’etica universale che prescinde dalle origini etniche, dal colore della pelle, dalla cultura nazionale e che non impone alcuna particolare filosofia o fede religiosa ma assicura i diritti umani, la libertà’ e la salute dello spirito. È un’idea che potrebbe apparire come la filiazione di ideologie razionalistiche se non la si attribuisse a Dio e ad una sua rivelazione. Ma potrebbe sembrare anche prodotto di epoche liberali e moderne se non fosse nata sotto l’influsso di una tradizione molto antica basata sulla Bibbia. Eppure è un’idea prettamente ebraica, che Maimonide fissava con la sua consueta precisione in quei capitoli di diritto costituzionale e internazionale che vanno sotto il nome di “Norme riguardanti i Re e le loro guerre”.

Egli dice testualmente: “Mosè nostro Maestro dette la Torah e le leggi solo ad Israele e a chi spontaneamente delle altre genti vi voglia aderire. Nessuno può essere costretto ad adottarle con la forza. Ciò che gli esseri umani debbono accettare, come principi di rivelazione divina, sono i precetti ordinati ai figli di Noè. Chiunque li adotti si chiama in qualunque luogo Gher Toshav (proselita residente) e chi li professi e diligentemente li adempia fa parte dei gentili pii che avranno parte nel mondo futuro”. È questo un ritorno al riconoscimento dell’uguaglianza degli uomini, di origine comune, malgrado diversi per lingua, costumi, colore della pelle, perché semiti o ariani, bianchi o neri, discendono tutti dallo stesso padre Noè.
Dicono infatti i nostri Maestri: pagano o ebreo, uomo o donna, schiavo o schiava, lo Spirito Santo posa ugualmente su ciascuno secondo le opere che fa.”

L’uomo ha valore in quanto crede alle grandi idealità spirituali e morali che sono l’elemento essenziale di ogni civiltà, in quanto rispetta la vita degli altri, la santità della famiglia, la proprietà altrui e ha valore anche per chi vive nella disciplina e nell’ordine, seguendo i costumi di una umanità che ha superato lo stadio primitivo della sua storia.

Questa è la legge universale dell’uomo ma ogni popolo ha poi la sua civiltà, la sua storia, la sua filosofia, la sua arte e i suoi costumi e quello specifico carattere che segna tutti gli atti e i fatti della sua vita. Ogni popolo lascia la sua traccia nella storia seguendo le sue particolari vie che sono diverse da quelle di altri popoli, ma sono tutte provvidenziali.

Il popolo ebraico adempie al suo destino concretizzando la sua vocazione. La sua storia ha inizio con Abramo in quella breve striscia di terra che vide avverarsi la divina profezia che avrebbe dato quel paese alla sua discendenza, che sarebbe divenuta simbolo e motivo di benedizione per tutte le genti.

L’umanità nonostante il diluvio e la lezione che aveva ricevuto, era ricaduta nell’antico vizio e come era già avvenuto, che un uomo solo, Noè, si era salvato, ora, – in una fase successiva – troviamo Abramo, padre di diversi popoli e fedi, l’unico uomo della sua generazione ad essere degno di una rivelazione. Ho nominato Abramo perché – malgrado non possa entrare in questa breve introduzione – è tuttavia da notare che anche egli era un uomo qualunque, un noachide della Caldea, un uomo giusto in mezzo al mondo pagano.

Elia Benamozegh, il grande teologo e rabbino livornese ha scritto: “II concetto ebraico è questo: L’Universo è la gran casa di Dio, Dio è padre di tutti i popoli. Questi sono i figli destinati, ognuno alla sua vocazione. Israele, come il primogenito era nella famiglia il vicario paterno, il sacerdote, l’insegnante, il conservatore del culto di Dio, cosi’ e non altrimenti è Israele nell’Umanità.”

Credo – come insegnano Giuda Levita e Maimonide, che il Cristianesimo e l’Islam siano grandi avviamenti all’organizzazione definitiva dell’umanità, che sarà perfetta solo quando nella sua interezza vorrà accettare, dalle mani dell’antico Israele, la semplice pratica laicale e razionale detta noachide o di Noè, di cui l’ebraismo è custode; e quando Israele sara’ riconosciuto sacerdote del genere umano, soggetto alla regola più rigida del Mosaismo, alla quale egli solo è obbligato, proprio come a regole speciali sono sottoposti i sacerdoti.

Prima del patto fra Dio e i Patriarchi c’e il patto che Dio contrasse mediante Noè con tutta l’umanità. Se esistono uomini che accettano il servizio del Dio unico, per essere i suoi testimoni di fronte al mondo, questi sono i figli d’Israele; i gentili che si astengono da atti inumani e immorali sono i figli di Noè, anch’essi eletti da Dio. La concezione politica del Noachide fissava legalmente l’indipendenza della legge morale e dell’uguaglianza etica da qualsiasi limitazione nazionale e confessionale. Noachide, o figlio di Noè, è ogni abitante della terra, senza riguardo alla sua fede o alla sua nazionalità, purché adempia ai più elementari doveri di monoteismo, umanità, e civismo, ha scritto Leo Baeck.

La teoria potrebbe apparire fantastica, perché se Noè ricevette ordini e assicurazioni, benedizioni da Dio e fece con Lui un patto per sé e per i suoi discendenti, pure non c’e in tutto il periodo biblico alcuna traccia di una “religione” laica e razionale dei popoli della terra della quale gli ebrei siano riconosciuti o si sentano sacerdoti. Il fatto che la storia non ci dica nulla non è una prova dell’assenza di un’antica profezia. È un merito indiscusso dell’ebraismo quello di avere ritenuto che le genti pagane fossero degne delle cure e dell’insegnamento divino, e di aver ricavato dalle prime pagine della Genesi, una specie di costituzione che Dio avrebbe offerto agli uomini, simile a quella fornita agli ebrei dai dieci comandamenti e dalla Legge di Mosè. Nessuno può negare che il noachismo è coerente col pensiero biblico, con l’idea che la Bibbia offre di Dio nei suoi rapporti con gli uomini, con l’idea di Israele sacerdote dei popoli, con le leggi relative ai non ebrei. Ci sono infatti nella legislazione mosaica segni evidenti dell’esistenza di norme precise circa il trattamento riservato ai pagani onesti e morali. Infatti – come è noto – in mezzo al popolo ebraico vivevano popolazioni che – senza aver aderito all’ebraismo – tenevano una condotta morale e onesta e non seguiva riti idolatri, seguivano cioè la legge noachide e per questo, mentre non si chiedeva loro la conversione e I’assimilazione all’ebraismo si richiedeva di non compiere azioni crudeli, immorali e inumane, o contro la Divinità.

Per concludere non appare strano o illogico ammettere che si richiedesse al non ebreo un minimo di moralità e di fede che è sanzionata dai “sette precetti dei figli di Noè”.

Per approfondire:
– I precetti noachidi nella Bibbia
– Domande e risposte sul Noachismo

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