Contraddizioni nel Libro di Samuele
E Shmuel prese l’ampolla dell’olio e gliela versò sulla testa, e lo baciò dicendo: «Ecco, HaShem ti ha unto come capo sopra Israele, suo popolo. Tu avrai potere sul popolo di HaShem e lo libererai dalle mani dei nemici che gli stanno intorno» (1 Samuele 10:1).
Per quale motivo fu istituita la monarchia in Israele? In precedenza, abbiamo letto di come questa svolta era stata richiesta a gran voce dal popolo, contro il volere del profeta Shmuel, a causa del desiderio di emulare le nazioni vicine, rigettando così la sovranità di Dio (1 Sam. 8).
Eppure, in questo brano (che costituisce il continuo del racconto dell’arrivo di Shaul a Ramah), il testo ci presenta un’idea diversa: Dio, nella sua compassione, ha deciso di stabilire un re sugli Israeliti per liberarli dai nemici.
Ciò è affermato in maniera ancora più esplicita in 1 Sam. 9:15-16, con un linguaggio che rievoca la liberazione dalla schiavitù in Egitto:
HaShem aveva detto all’orecchio di Shmuel, un giorno prima che giungesse Shaul: «Domani a quest’ora ti manderò un uomo della terra di Binyamin e tu lo ungerai come capo del mio popolo Israele. Egli libererà il mio popolo dalle mani dei Filistei, perché io ho guardato il mio popolo, essendo giunto fino a me il suo grido».
Chi è dunque il re in Israele, un liberatore provvidenziale suscitato da Dio (una sorta di “nuovo Mosè”), oppure una carica istituita per iniziativa del popolo, in contrasto con il volere divino?
Leggendo il testo attentamente, possiamo notare che quella relativa all’origine della monarchia non è l’unica discordanza presente in questi capitoli del Libro di Samuele. Dal testo emergono infatti altre possibili incongruenze:
- Secondo il capitolo 9, il popolo ebraico è duramente oppresso dai Filistei e perciò implora l’aiuto di Dio (v. 16). Al capitolo 8, però, non era stata menzionata alcuna oppressione da parte dei nemici. Anzi, in precedenza (7:12), il testo ci aveva detto che Israele aveva già umiliato e scacciato i Filistei, e che la situazione rimase tale “per tutti i giorni di Shmuel” (7:13).
- Al capitolo 9, Shmuel è chiamato “il veggente” (HaRo’èh), e il servo di Shaul lo descrive come “un uomo onorato [poiché] quanto egli dice si avvera” (v. 6). Tutto ciò ci fa pensare quasi a una sorta di indovino o di sensitivo consultato dal popolo in cambio di doni (v. 7); il servo di Shaul ha sentito parlare di lui, mentre Shaul stesso sembrerebbe addirittura non conoscerlo. Ai capitoli 7-8, Shmuel era però stato presentato come il leader dell’intera nazione (chiamato “giudice di Israele”), dunque molto più di una figura oscura legata al misticismo popolare.
- Pur avendo già consacrato Shaul come re di Israele secondo il comando divino (10:1), in seguito Shmuel convoca il popolo, lo rimprovera per aver scelto la monarchia e poi effettua un sorteggio per individuare colui che salirà al trono (10:17-24); in questi versi, il testo ci presenta Shaul come se non avessimo mai sentito parlare di lui.
- Al capitolo 10, Shaul viene sorteggiato come re e acclamato da gran parte del popolo. Eppure, al capitolo successivo, lo ritroviamo a condurre la sua vita da semplice pastore come se nulla fosse accaduto finché, quasi per caso, egli viene a sapere che il re degli Ammoniti minaccia Israele (11:4-6). Solo allora Shaul convince il popolo a seguirlo e diviene il capo dell’esercito.
Tutte queste difficoltà possono essere affrontate proponendo interpretazioni più o meno convincenti volte a risolvere le contraddizioni, e in effetti i commentatori classici scelgono proprio questa strada. Tuttavia, “problemi globali richiedono soluzioni globali”: la presenza di una molteplicità di divergenze narrative (e in seguito ne troveremo altre) ci spinge a ricercare una soluzione generale che chiarisca questo fenomeno.
Due prospettive in un unico testo
L’apparente illogicità che deriva da tutte le contraddizioni elencate può essere pienamente spiegata se accettiamo l’idea che in questi capitoli non sia narrato un unico racconto, ma due versioni differenti della stessa storia:
- Capitoli 7, 8 e 10:17-27: il popolo d’Israele, governato dal giudice e profeta Shmuel, chiede un re per essere simile alle altre nazioni. La richiesta non è gradita a Shmuel ed è considerata un affronto al Creatore. Nonostante ciò, Dio tollera la volontà del popolo e fa sì che Shaul sia eletto tramite un sorteggio. Questa versione enfatizza la grande autorità di Shmuel presentando le rivendicazioni del popolo come illegittime.
- Capitoli 9, 10:1-16 e 11: Dio decide di redimere gli Israeliti oppressi dai Filistei suscitando un liberatore. Shaul viene consacrato da Shmuel per ricoprire questo ruolo, e in seguito sarà effettivamente riconosciuto dal popolo come re dopo aver guidato Israele alla vittoria contro gli Ammoniti. Questa versione sminuisce il ruolo politico di Shmuel, descrivendolo come “il veggente”, esaltando invece la monarchia in quanto istituzione voluta da Dio per salvare Israele.
Ciascuna delle due versioni risulta logica e lineare se esaminata singolarmente, mentre perde coerenza se viene letta insieme all’altra come un’unica storia. Ma in che modo si può spiegare la presenza di due linee narrative differenti nel medesimo libro?
Come è noto, la critica accademica sostiene che la forma attuale del testo biblico sia il risultato della commistione di “tradizioni” in conflitto tra loro, congiunte forzatamente da un redattore successivo. Posta in questi termini, l’idea non può essere accolta con favore dall’Ebraismo, in quanto una simile teoria spoglia le Scritture della loro sacralità per trasformarle in un collage testuale non molto riuscito. Nel nostro commentario alla Genesi, abbiamo mostrato inoltre come tale teoria risulti smentita dalla profonda coerenza che domina l’impianto strutturale della Torah, in cui persino le divergenze contribuiscono a creare un disegno armonioso.
Rav Amnon Bazak, alle cui interpretazioni ci siamo affidati in gran parte finora nella lettura di 1 Samuele, ricorre in questo caso al metodo elaborato da Rav Mordechai Breuer, ossia alla Shitat HaBechinot (“metodo degli aspetti”). Tale teoria, pur accettando la natura eterogenea del testo biblico messa in luce dalla critica, intende le contraddizioni come il frutto di “aspetti” o “prospettive” che coesistono nel testo con uno scopo preciso:
“Per dare espressione alla complessità dell’argomento, il libro di Shmuel ci presenta due racconti sullo sviluppo della monarchia. Il primo racconto, incentrato sul capitolo 8, descrive la successione degli eventi da una prospettiva negativa, secondo cui Dio acconsente alla monarchia come soluzione non ideale, secondo il principio «la Torah ha parlato solo contro l’istinto del male». Il racconto nel capitolo 9, in contrasto, vede il regno di Israele sotto una luce positiva e presenta gli eventi da questa prospettiva. Da qui in poi, attraverso molti dei capitoli del libro, ci saranno due “aspetti” differenti, e a volte contraddittori, relativi a eventi specifici e riguardanti il regno in Israele. […]
Qualcuno potrebbe chiedere: qual è in fondo la verità? La monarchia è un fenomeno positivo o negativo? Fu il popolo a istituirla, o fu un’idea di Dio? Queste domande avranno sempre una sola risposta: «Le une e le altre sono parole del Dio vivente» [Talmud, Eruvin 13b]. La capacità di accettare l’idea che due resoconti contraddittori rappresentino due prospettive che si completano a vicenda, e creano un’unica verità onnicomprensiva, è la base per capire il metodo delle bechinot e, a questo riguardo, l’intera Torah” (A. Bazak, Contradictions in the Book of Shmuel).
Questa idea, in quanto espressa dalla voce di un rabbino, potrebbe facilmente apparire come un tentativo sofisticato di preservare la natura sacra e autorevole delle Scritture senza negare le evidenze testuali suggerite dai critici. Bisogna però notare che, pur seguendo una visione laica e accademica, lo studioso Robert Alter è giunto di fatto a conclusioni simili, come egli spiega nel libro L’arte della narrativa biblica, attribuendo a tale fenomeno il nome di Composite artistry (“arte composita”). Commentando 1 Sam 17:55, Alter scrive inoltre:
“Nella tradizione greca, esistevano versioni contrapposte degli stessi miti, ma esse non comparivano mai in un unico testo. La moderna narrativa occidentale, generalmente, insiste sulla verosimiglianza e sulla coerenza. Nella Bibbia, tuttavia, le varianti di una singola storia sono talvolta poste in una sorta di dialogo implicito dell’una con l’altra (vedi il caso dei due racconti della Creazione all’inizio della Genesi)”.
Piuttosto che un connubio forzato e arbitrario di testi in origine indipendenti, possiamo vedere in questi capitoli un’alternanza tra due voci che si avvicendano nel comporre un racconto che, per la sua complessità, non potrebbe essere narrato da una singola prospettiva. Tale racconto non è puramente storico, non mira a ricostruire un quadro accuratamente realistico di vicende accadute, e proprio per questo può talvolta sacrificare la coerenza della trama a favore della ricchezza del messaggio.
In seguito, analizzando i capitoli successivi, avremo modo di mettere alla prova questa ipotesi e di scoprire dove ci condurranno le due prospettive del Libro di Samuele.
Nei cap. 8-12 – l’origine della regalità – è ovvio che si distinguono due tradizioni:
• una antimonarchica: 8; 10,17-25; 12.
• una promonarchica: 9; 10,1-16; 11.
Sarebbe interessante Sguardo a Sion, stabilire quale delle due sia la più antica, anche se forse è impossibile. Certo è, che il passaggio dalla concezione di un capo militare carismatico in un’area geografica limitata a quella di una funzione duratura di governo esercitata su più tribù, non ha potuto farsi in un sol giorno, senza ostacoli, senza partiti o partigiani, cosa che si riflette effettivamente nelle due tradizioni. D’altra parte non si dovrà esagerare nel rimarcare la differenza fra le due valutazioni, perchè da nessuna parte l’istituzione monarchica come tale è condannata e la denuncia dei suoi pericoli non esclude la sua legittimità.
E quando il movimento profetico criticherà con forza la monarchia, la critica non sarà mai rivolta all’istituzione in quanto tale, ma in quanto essa si è distaccata da un ideale religioso. Così come anche la storia della successione al trono di David, pur mettendo in luce i difetti e i peccati del re, non mette mai in questione l’esistenza stessa della monarchia. Aggiungo poi, che la storia della monarchia israelita si conclude con un paradosso: infatti dopo il fallimento dell’esilio, l’ideologia monarchica non scompare, bensì sopravvive proiettata nel futuro, in chiave escatologica e messianica… il mashiach è visto come un re, figlio di Davide…
Una cosa non mi è chiara Sguardo a Sion: dopo la morte di Elì chi era il sommo sacerdote? Perchè il testo dice che fu Samuel a scegliere Saul e che fu lui stesso ad “ungerlo” re (1 Sam. 10, 1). Ora, mentre la prima informazione è senz’altro verosimile, perché in quanto tutore e factotum del sommo sacerdote questo lavoro rientrava nelle sue mansioni, la seconda può essere credibile?. Samuel che si attribuisce anche un’attività che era di esclusiva competenza del kohèn gadòl? Samuel non era kohen e non poteva effettuare azioni come quella di consacrare il re, che invece si attribuisce (o gli vengono attribuite dall’autore del libro), neppure in nome o per conto del sommo sacerdote. O no? Certamente era presente alla cerimonia dell’unzione di Saul, perchè nè fu il promotore ed il regista. Ma siamo sicuri che andarano così le cose? Anche perchè l’unico sommo sacerdote che compare al servizio di Saul, è Zadok figlio di Achitub. Anche se c’è da dire, che questo nome compare nelle cronache bibliche per la prima ed ultima volta e di cui non si sa nient’altro. Pertanto ti domando, può essere che fu effettivamente Achitub ad ungere re Saul dopo la vittoria sugli ammoniti davanti al popolo? Anche se mi domando con quale spirito non si sa, visto che un suo antenato aveva quasi sterminato la tribù da cui proveniva l’uomo che stava innalzando al di sopra di tutto Israele? E contro ogni legittimità visto che l’investitura spettava di fatto alla tribù di Giuda?Giuda era stato nominato primogenito e se un re doveva essere posto su Israele, era da questa tribù che doveva venire prescelto (come in effetti avvenne successivamente). O Forse intendeva essere un gesto riparatorio mediante il quale chiudere definitivamente i conti con il passato? ….
Non è scritto che ungere il re era compito del sonmo sacerdote. Di fatto nel Tanakh a ungere i re sono sempre i Neviim (profeti), non i cohanim.
Scusami, ma se non sbaglio (vado a memoria) mi sembra che in esodo 28 o 29 il rito dell’unzione non spettava al sacerdote? E chi ungeva profeti e sacerdoti?
Scrivi: di fatto nel Tanakh a ungere i re sono sempre i Neviim (profeti). Però sembra che Salomone è unto re, dal sacerdote Sadok e dal profeta Natan. o No? vedi 1Re 34-35
Appunto dal profeta Natan. Vedi anche i casi di Elia e Achia di Shilò. Nulla di insolito quindi nel caso dell’unzione di Shaul da parte di Shmuel.
Abbi pazienza Sguardo a Sion, ma io in 1 Re v 38 e 45 leggo che IL SACERDOTE ZADOK E IL PROFETA NATAN hanno consacrato re Salomome….o non riesci a leggere? Lascia stare il regno del Nord e la sua scissione…
Ti dò atto comunque Sguardo a Sion, che i profeti nella scelta dei re, sembra abbiano avuto una considerevole influenza anche se sottoposti ai cohanim…