In quei giorni i Filistei radunarono il loro esercito per combattere contro Israele. […] Quando Shaul vide l’accampamento dei Filistei, rimase atterrito e il suo cuore tremò di paura. Shaul consultò HaShem, e HaShem non gli rispose né attraverso sogni, né mediante gli Urim, né per mezzo dei profeti. Allora Shaul disse ai suoi ministri: «Cercatemi una negromante, perché voglio andare a consultarla» (1 Samuele 28:1-7).
L’inizio di questo capitolo del Libro di Samuele conduce il lettore in un’atmosfera oscura e tragica. Costretto ancora una volta ad affrontare i Filistei, Shaùl è chiamato a vivere un momento decisivo per la sua vita ormai da tempo segnata da un irreversibile declino morale.
Dopo aver disobbedito in più occasioni ai comandi divini, e dopo aver a lungo perseguitato il giovane David con l’inganno e con inaudita violenza, il primo re d’Israele sperimenta l’inquietudine che deriva dall’essere stato abbandonato da Dio.
Desideroso di ricevere un supporto metafisico e una guida spirituale, il sovrano compie il suo ultimo errore: quello di recarsi nella località di En-dor per consultare una eshet baalat HaOv (“negromante” o “medium”), pur avendo egli stesso, in precedenza, bandito da Israele ogni forma di stregoneria (vedi 1 Samuele 28:3).
Ciò che è narrato nel seguito del racconto ha generato non pochi interrogativi e perplessità tra gli studiosi e i commentatori:
Shaul si travestì indossando altri abiti e partì con due uomini. Giunsero dalla donna di notte, e Shaul le disse: «Pratica la divinazione per me, ti prego, con una seduta spiritica e fammi salire colui che ti dirò». […] La donna gli disse: «Chi devo farti salire?». Egli disse: «Fammi salire Shmuel». Quando la donna vide Shmuel gridò ad alta voce, e la donna disse a Shaul: «Perché mi hai ingannata? Tu sei Shaul!». Il re le rispose: «Non aver paura; che cosa vedi?». La donna disse a Shaul: «Vedo un essere sovrumano che sale dalla terra». Egli le domandò: «Che forma ha?». Ella rispose: «È un vecchio che sale ed è avvolto in un mantello». Allora Shaul comprese che era Shmuel, si piegò con la faccia a terra e si prostrò. E Shmuel disse a Shaul: «Perché mi hai tu disturbato, facendomi salire?». Shaul rispose: «Mi trovo in una grande angustia, perché i Filistei mi fanno guerra e Dio si è allontanato da me, e non mi risponde più né mediante i profeti né attraverso i sogni; perciò ti ho chiamato perché tu mi faccia sapere cosa devo fare». Shmuel disse: «Perché consulti me, se HaShem si è allontanato da te ed è divenuto tuo nemico?» (28:8-14).
A questo punto, il dialogo tra Shaul e lo spirito del profeta Shmuel si conclude con la profezia pronunciata da quest’ultimo, secondo cui i Filistei avrebbero sconfitto Israele e avrebbero ucciso il re con i suoi figli. Tutto ciò avvenne effettivamente il giorno successivo.
Il racconto sembra dunque far intendere che la negromante di En-Dor riuscì davvero, con i suoi poteri oscuri, a evocare il defunto Shmuel e a far sì che lo spirito comunicasse in maniera diretta con Shaul.
Questa idea, accettata e condivisa da alcuni Midrashim e da commentatori rabbinici come Malbim e Moshe Yitzchak Ashkenazi, è però rigettata da altri autori che non attribuiscono alcuna reale efficacia alla stregoneria, e che ritengono che tali pratiche siano delle semplici “falsità e perdite di tempo che gli antichi idolatri usavano per ingannare molte persone guadagnando così funzioni di potere”, come afferma Maimonide (Hilkhot Avodah Zarah 11:16). Coloro che seguono questo approccio hanno dunque proposto alcune interpretazioni alternative (e spesso meno letterali) della storia:
- Secondo Rav Shmuel ben Chofni Gaon, lo spirito di Shmuel non fu affatto evocato, e l’intera scena si fonda su un inganno operato dalla negromante. Tramite trucchi e illusioni tipici dei ciarlatani, la donna fece credere a Shaul di aver richiamato il defunto profeta dall’oltretomba, mentre in realtà era proprio lei stessa a parlare (o un suo complice nascosto). Il fatto che nel racconto sia scritto, in riferimento al presunto spirito apparso, “Shmuel disse…”, andrebbe spiegato ipotizzando che il narratore si cali qui nella prospettiva di Shaul. Per quanto riguarda la predizione del futuro, poi rivelatasi esatta, questa interpretazione sostiene che la negromante abbia fatto riferimento a una nota profezia già espressa da Shmuel quando era in vita (riguardo alla sorte di Shaul, rigettato da Dio per la sua disobbedienza, vedi 1 Sam. 15:26), e che, in aggiunta, la donna predisse la sconfitta per mano dei Filistei e la morte del re usando semplicemente la logica.
- Un’opinione orientata verso il razionalismo è elaborata anche da Rabbi Levi ben Gershon (Ralbag), secondo cui Shaul, suggestionato dalla negromante, immaginò di parlare con lo spirito di Shmuel. L’intera conversazione mistica sarebbe quindi da intendere come una pura costruzione mentale del sovrano reso vulnerabile e confuso. Dal momento che Shaul sapeva bene di essere stato abbandonato da Dio, ed era cosciente del proprio degrado morale, si può supporre che la profezia sulla sua tragica fine derivasse da questa sua consapevolezza e dal timore dell’imminente battaglia.
- Rabbi Sa’adiah Gaon afferma invece che lo spirito del profeta apparve realmente, ma che non fu la negromante a evocarlo, poiché nessun essere umano potrebbe essere in grado di compiere un simile prodigio. L’apparizione dello spirito fu dunque resa possibile da un miracolo divino. Questa interpretazione si fonda sul v.12: “Quando la donna vide Shmuel, gridò ad alta voce”. Sa’adiah Gaon ritiene che il grido della negromante fosse motivato proprio dalla manifestazione di Shmuel, che generò in lei grande sorpresa.
Ci si potrebbe soffermare ancora a lungo su queste ipotesi interpretative, mettendo in luce le difficoltà e gli elementi interessanti che sorgono da ognuna di esse. Per un’analisi più approfondita dell’argomento rimandiamo però a uno studio pubblicato sul sito AlHaTorah.org. Ciò su cui ora vogliamo concentrarci sono invece i versi conclusivi del racconto, che illustrano la reazione di Shaul alla terribile profezia e l’intervento della negromante:
Shaul cadde subito disteso per terra, perché grandemente spaventato dalle parole di Shmuel; egli era già senza forze, perché non aveva preso cibo tutto quel giorno e tutta quella notte. La donna si avvicinò a Shaul e, vedendolo terrorizzato, gli disse: «Ecco, la tua serva ha ascoltato la tua voce; io ho messo in pericolo la mia vita per ascoltare le parole che mi hai detto. Ora dunque ascolta anche tu la voce della tua serva e lascia che ti metta davanti un boccone di pane; mangia, così riprenderai forza per rimetterti in cammino». Ma egli rifiutò e disse: «Non mangerò». I suoi servi però, insieme alla donna, insistettero ed egli li ascoltò; così si alzò da terra e si pose a sedere sul letto. La donna aveva in casa un vitello ingrassato, lo uccise in fretta, poi prese la farina, la impastò e ne fece dei pani senza lievito. Mise questi cibi davanti a Shaul e ai suoi servi, ed essi mangiarono; poi si alzarono e ripartirono quella stessa notte (28:20-24).
Benché quest’ultima scena appaia alquanto marginale rispetto agli avvenimenti precedenti, è proprio qui che il testo biblico ci mostra tutta la sua ricchezza e complessità. Le cure premurose che la donna riserva a Shaul per ristorarlo ricordano infatti, sorprendentemente, le azioni compiute da Abramo nell’accogliere i tre misteriosi messaggeri giunti presso la sua tenda, come è narrato al capitolo 18 della Genesi. I parallelismi tra i due episodi sono evidenti:
1 Samuele 28 | Genesi 18 |
“Ora dunque ascolta anche tu la voce della tua serva…” (v. 22). | “Mio signore, ti prego, se ti sono gradito, non oltrepassare il tuo servo!” (v. 3). |
“…e lascia che ti metta davanti un boccone di pane; mangia, così riprenderai forza per rimetterti in cammino” (v. 22). | “Io prenderò un pezzo di pane e vi rifocillerete, poi riprenderete la vostra via” (v. 5). |
“La donna aveva in casa un vitello ingrassato; lo uccise in fretta…” (v. 25). | “E Avraham andò in fretta nella tenda […] e scelse un vitello tenero e buono” (v. 5-6). |
“…poi prese la farina e la impastò” (v. 25). | “Presto, prendi tre misure di fior di farina, impastala e fanne delle focacce”(v. 6). |
“Poi si alzarono e ripartirono quella stessa notte” (v. 25). | “Poi quegli uomini si alzarono di là” (v. 16). |
Sottraendosi a qualsiasi schematizzazione moralistica che porterebbe a demonizzare il carattere dei peccatori, la Bibbia non teme di evidenziare le buone azioni compiute dalla donna, benché le sue arti esoteriche siano proibite dalla Torah.
In netto contrasto con Shaul, che ha bandito gli stregoni e gli indovini, ma che si è macchiato di ogni ingiustizia ed efferatezza, la negromante si rivela essere una persona dal carattere gentile, che merita persino di essere implicitamente paragonata ad Abramo. Il peccato di natura religiosa commesso nel praticare la divinazione non offusca e non cancella la sensibilità etica della donna e la complessità della sua figura.
Razionalismo ebraico ( o rabbinico) che volendo rendere credibile i racconti biblici ricorre ad ogni sorta di fantasie e supposizione, fininendo con l’essere illogici e contraddittori. Zoppicare da entrambi i piedi fra ateismo e religiosità, eppure basterebbe decidere o di quà o di là, o tutto vero o tutto falso, credere in Dio ( e nella Bibbia) o voler semplicemente fondare un sistema etico e morale basato semplicemente sul pensiero umano, pur servendosi degli uomini che hanno scritto la Bibbia. Dire che è stato l uomo a creare dio e non il contrario, essere chiari sinceri e coerenti se non si crede.
L’analisi biblica nasce spontaneamente e necessariamente dal testo che leggendolo non si possono ignorare schemi e disegni ideati ad arte ed intelligentemente costruiti per fare passare insegnamenti di un certo spessore . È proprio quello che mi aspetto da un testo ispirato divinamente .
Anche al giorno d’oggi non sono pochi coloro che, come fece Saul, consultano indovini e negromanti, e li pagano. Cosa li spinge a farlo? Lo scopo di Saul viene detto: giacché Dio si era allontanato da lui, voleva informazioni o consigli per stornare gli eventi catastrofici che stavano per abbattersi sul suo regno. I ciarlatani esistono proprio perché questo bisogno umano di illusioni positive sul proprio futuro è una miniera per i furbi. Se consideriamo ciò, è del tutto illogico che un truffatore dica ai suoi clienti cose razionali e possibiliste ma sgradite anziché alimentare falsamente le loro speranze. Se ci mettessimo nei panni di quella negromante, vedremmo che, trovandosi in casa il re in persona circondato dai suoi sgherri, si sarebbe resa conto di avere i minuti contati qualora avesse disilluso le aspettative di Saul con argomentazioni logiche ma completamente nefaste per lui. Perciò accantonerei l’ipotesi, avanzata da Rav Shmuel ben Chofni Gaon, che Saul avesse a che fare con una comune ciarlatana che lo stava ingannando… ma dicendogli la tristissima verità!
C’è poi la tesi dell’autosuggestione proposta da Rabbi Levi ben Gershon. Se Saul fosse stato sicuro che dal defunto profeta non avrebbe udito altro che parole di sciagura, le stesse che Samuele gli aveva dette quand’era vivo, non avrebbe avuto motivo di contattare il suo spirito. Ma, evidentemente, si era recato dalla negromante perché sperava in buoni auspici. Ed ecco che Saul, confuso e disperato ma animato da una folle speranza di riscatto, si trova di fronte a una truffatrice abile a leggere lo stato d’animo dei suoi clienti, ma anche attenta a non esasperarli emotivamente per non fare poi da capro espiatorio. Costei aveva tutto l’interesse a suggestionare il re alimentando i suoi auspici con delle falsità. Se, pertanto, la figura di Samuele fosse stata frutto di suggestione, Saul avrebbe dovuto immaginarselo che gli parlava dicendo parole accomodanti, che in realtà era la negromante a pronunciare, e non quei pronostici di sciagura.
Anche l’affermazione di Rabbi Sa’adiah Gaon che la figura dello spirito di Samuele fosse apparsa realmente ma per un prodigio divino non mi appare convincente in quanto fa sorgere la seguente domanda: perché Dio, che non parlava più a Saul né in sogno né per bocca dei profeti, decise poi di farlo rivelandogli il suo nefasto destino, ma attraverso quella messinscena? Quest’ultima sarebbe servita solo ad accreditare tra gli israeliti l’idea che la negromanzia è una cosa seria, che dunque non appartiene al novero delle tante superstizioni di cui il popolo eletto doveva liberarsi. Strano, quindi, che HaShem da una parte vieti tale pratica con tanto di condanna a morte, ma dall’altra la sponsorizza con effetti speciali.
Certo colpisce il comportamento premuroso della donna verso l’afflitto Saul, un comportamento che evoca in molti dettagli l’accoglienza di Abramo verso i tre messaggeri. Credo, però, che tali collegamenti la Bibbia li faccia tra personaggi affini nell’indole, per esempio Giuseppe e Daniele, entrambi schiavi che salgono nella stima di grandi monarchi per aver interpretato i loro sogni premonitori. Ma non vedo affinità fra un Abramo ubbidiente fino all’estremo ai comandi divini e una negromante che dovrebbe essere giustiziata perché li viola. Occorre comunque riconoscere che l’autore biblico tratteggia in questa donna un aspetto deliziosamente umano accostandola addirittura all’eccelso Abramo. Inoltre non ce la mostra affatto come una abbindolatrice. Si direbbe quasi che la prenda sul serio, vale a dire come una vera evocatrice di spiriti.
Pensiamo al libro di Esodo che ci parla di maghi egizi capaci di ripetere i primi tre prodigi fatti da HaShem, cioè i bastoni che diventano serpenti, l’acqua che si tramuta in sangue e l’invasione delle zanzare. Sembrerebbe che maghi e negromanti sono condannati dalla Torah per essere effettivamente tali, non quali ciarlatani.
Di sicuro Saul credeva senz’altro alla possibilità di evocare gli spiriti dei defunti. Il che è piuttosto insolito nell’antica cultura ebraica che non accettava, così mi pare, l’esistenza di una vita nell’aldilà.
Anche io ritengo decisamente poco plausibili le interpretazioni “razionaliste” del racconto, che sarebbero magari adeguate se parlassimo di un romanzo verista dell’Ottocento, non della Bibbia. Ci sono dei casi in cui i profeti scherniscono i maghi, i falsi profeti e gli idolatri dichiarando che essi sono ingannatori, illusi o suggestionati, ma qui a onor del vero ciò non avviene.
Per quanto riguarda la rappresentazione positiva della negromante sul piano etico, si potrebbe ricollegare questo evento agli altri due casi in cui Shaul viene sopraffatto da un personaggio positivo che ricorre a mezzi tipici dei maghi: https://sguardoasion.com/2020/09/21/matrimonio-fughe-e-divinazione-1-samuele-18-20/