David al servizio dei Filistei – 1 Samuele 27-30

Un periodo buio

E disse David nel suo cuore: «Dunque perirò un giorno per mano di Shaul. Non vi è niente di meglio per me che fuggire subito nella terra dei Filistei, e Shaul rinuncerà a cercarmi in tutto il territorio di Israele, e io scamperò dalla sua mano (1 Samuele 27:1). 

Frustrato e scoraggiato per il protrarsi della sua vita da ricercato in Israele, Davìd decide in questo capitolo di rifugiarsi nel paese dei nemici. Egli si presenta ai Filistei come un traditore della patria, conquistando così il favore del re Akhish, che gli consente di stabilirsi nella città di Tziklàg.

Nel corso di questo periodo, insieme al suo piccolo esercito privato, David compie razzie contro gli Amalekiti e contro altre popolazioni nemiche di Israele, facendo credere però al re dei Filistei di andare a combattere contro Il sud di Giuda e contro i Keniti (storici alleati degli Ebrei). In questo modo, egli riesce a guadagnarsi la piena fiducia di Akhish, ma allo stesso tempo può continuare a proteggere il proprio popolo segretamente, danneggiando i nemici di Israele.

Per mettere a punto un simile inganno, l’eroe biblico deve tuttavia ricorrere a una pratica molto cruenta: quella di sterminare ogni possibile testimone che possa rivelare ai Filistei chi fossero davvero le popolazioni contro cui egli si scontrava.

E né uomo né donna lasciava in vita David, perché potevano portare [notizie], e diceva: «Potrebbero riferire a nostro riguardo e dire: Così ha fatto David». Questa fu la sua procedura per tutto il tempo che rimase nella terra dei Filistei. Così Akhish si fidava di David e diceva: «Egli si è reso odioso al suo popolo Israele e così sarà per sempre mio servo» (27:11).

Come spiega Rav Amnon Bazak, vi sono almeno tre elementi moralmente problematici nella condotta di David in questo racconto:

  • Innanzitutto, come può David affermare “Dunque perirò un giorno per mano di Shaul”? Forse non crede più alla promessa divina sulla sua futura ascesa al trono? E come può dichiarare che la fuga da Israele sia l’unica soluzione, quando poco fa aveva paragonato l’atto di lasciare la terra santa a quello di “servire altri dèi”? (vedi 26:19). Questo atteggiamento non sembra quindi coerente con la personalità di “guerriero della fede” che il testo biblico attribuisce inizialmente a David.
  • Far credere ai Filistei di aver tradito Israele, giurando fedeltà ai suoi nemici – proprio quegli stessi nemici contro cui David aveva dimostrato il suo valore e la sua fede – è una scelta per nulla onorevole, che nel pensiero ebraico sarebbe definita come chillul HaShem (dissacrazione del Nome di Dio).
  • Uccidere uomini e donne per non compromettere la buona riuscita del suo stratagemma è un’azione che appare ingiusta e deplorevole. Certo, David non agisce in questo modo per pura crudeltà, ma per proteggere sé stesso e continuare a salvaguardare il popolo ebraico; ciò però non basta a giustificare un’azione tanto efferata in un contesto che fin dall’inizio non pone David in buona luce. È anche a queste stragi che, secondo il commentario di Radak, si riferisce il libro delle Cronache quando afferma che a David non fu concesso costruire il Tempio poiché aveva versato “troppo sangue sulla terra” (22:8).

In che modo il testo biblico giudica David in tale situazione? Il racconto non sembra fornirci qui particolari indizi. Tuttavia, spostandoci più avanti, al capitolo 30, possiamo tentare di ricomporre il punto di vista morale della narrazione su questa vicenda analizzando il suo seguito.

L’attacco di Amalek

E giunsero David e i suoi uomini a Tziklag il terzo giorno, e gli Amalekiti avevano fatto una razzia nel Neghev e a Tziklag, e avevano attaccato Tziklag e l’avevano incendiata; […] David e i suoi uomini giunsero alla città, ed ecco, essa era distrutta dal fuoco, e le loro mogli, i loro figli e le loro figlie erano stati fatti prigionieri” (1 Sam. 30:1-3).

Proprio come David aveva “compiuto razzie” (pashat in ebraico) contro alcune popolazioni, così ora gli Amalekiti compiono razzie (pashat) contro la città di Tziklag, approfittando del fatto che gli uomini che vi risiedevano erano partiti per la guerra (28:1). E ora anche David, come in passato era avvenuto ai suoi avversari, si ritrova privato delle mogli e dei figli.

L’attacco degli Amalekiti rappresenta la risposta provvidenziale agli errori commessi da David al capitolo 27. La conferma di ciò è fornita dal fatto che, nella Torah, Amalèk attacca Israele esclusivamente in momenti in cui il popolo sperimenta una mancanza di fede. È il caso di Esodo 17:8 in cui, come nota il Midrash Tanchumà, la frase “E venne Amalek a far guerra a Israele” segue alle parole di scetticismo e sfiducia espresse dagli Israeliti nel verso precedente: “Davvero HaShem è in mezzo a noi, oppure no?” (17:7).

Lo stesso avviene in Numeri 14:44-45, laddove si legge che gli Israeliti, avendo “abbandonato HaShem”, furono sconfitti dagli Amalekiti e dai Cananei. Si fa notare a questo proposito che, nella Ghematria, Amalek ha lo stesso valore numerico (240) della parola safek (“dubbio”).

Amalek, è bene ricordare, è la nazione empia e codarda che la Bibbia associa sempre alla ricerca del vantaggio personale a discapito dei più deboli e degli indifesi (vedi l’articolo “Le mani di Moshè e la guerra contro Amalek“), una condotta cinica a cui David stesso si era tristemente avvicinato.

Più che una punizione, questo evento tragico risulta essere un’opportunità per ritornare sulla strada giusta abbandonando il materialismo opportunistico e violento in cui l’eroe biblico sembrava essere sprofondato. Da questo dramma riemergono infatti la fede e il coraggio di David, la cui mancanza era stata la causa della fuga da Israele e di tutto ciò che ne era scaturito:

E David fu molto angosciato perché la gente parlava di lapidarlo, avendo tutti l’animo amareggiato, ciascuno a motivo dei suoi figli e delle sue figlie; ma David si fortificò in HaShem, suo Dio” (30:6).

Travolto dalle difficoltà, David mette nuovamente Dio al centro della sua visione e scende in campo per inseguire gli Amalekiti che hanno distrutto Tziklag, ma non prima di aver “consultato HaShem” per mezzo del sacerdote Evyatar (30:7), a dimostrazione del fatto che ora le sue decisioni non derivano più dai pensieri del suo cuore (27:1), ma dal volere divino.

Nel narrarci la buona riuscita dell’impresa militare, il testo ci riporta due elementi interessanti che mostrano il contrasto tra la rinnovata fede di David e la cultura cinica e utilitaristica di Amalek.

E trovarono nel campo un Egiziano e lo condussero a David. Gli diedero pane da mangiare e acqua da bere, e gli diedero un pezzo di schiacciata di fichi secchi e due grappoli d’uva. Dopo aver mangiato, il suo spirito tornò in lui, perché non aveva mangiato pane né bevuto acqua per tre giorni e tre notti (30:11-12).

Nel corso dell’inseguimento, David e i suoi uomini salvano uno schiavo egiziano (ancor prima di scoprire chi fosse) che era stato abbandonato dal suo padrone amalekita perché si era ammalato. Questo atto di compassione per uno schiavo straniero un atto che si contrappone alla crudeltà di Amalek si rivelerà poi la chiave per il successo dell’impresa, poiché il giovane condurrà David all’accampamento dei predoni.

L’altro elemento essenziale riguarda ciò che avviene dopo la vittoria: di ritorno dalla spedizione, David ordina che i più deboli tra i suoi uomini, che erano rimasti indietro a causa della loro stanchezza, ricevano una porzione del bottino raccolto in battaglia identica a quella di coloro che invece non erano mai venuti meno (30:21-25). Con questa seconda dimostrazione di solidarietà nei confronti dei più vulnerabili, David si distingue ulteriormente da Amalek e appare così di nuovo degno di diventare re di Israele.

 

10 commenti

  1. Mio caro redattore, aspettavo un tuo articolo dopo tanto tempo, perché sai che li leggo sempre tutti, e non riesco a non commentare anche se poi sono parole a vuoto ritornando sempre sugli stessi argomenti. Mi giudicate e maltrattate pure Davide, vostro Re amato da Dio dalla cui discendenza dovrà venire il Messia. Per amore di Davide mio servo,… terrò fede alle mie promesse è scritto sempre nella Bibbia, ma a leggere voi viene da chiedere perché mai Dio lo ama, o se forse proprio per questo non è peggio di lui. Ma cosa direte quando arriverai a commentare grazie ai tuoi maestri il peccato di Davide? Mi viene da ridere , pensando che forse li troverete ogni sorta di giustificazione ( conoscendo qualche commento rabbinico), mentre li dove nella Bibbia non si fa riferimento ad un peccato siete capace di esprimere ogni sorta di giudizio. Ma dove hai letto nella Bibbia ciò che hai scritto? Si presenta come un folle Davide ai filistei, o come un traditore del suo popolo? dove sta scritto la parola traditore? Si evince potresti dirmi, ma sono le vostre interpretazioni fantasiose che possono farvi evincere tutto e il contrario di tutto. non continuo perchè è tardi e puoi cmq leggere ciò che ho già scritto, poi ti aspetto al vero peccato di Davide, scherzo un pò lo sai, un saluto

    1. Il fatto che si presenti come un traditore del suo popolo è scritto chiaramente. Lui, che era stato l’eroe ebreo contro i Filistei, si rifugia tra quegli stessi Filistei e chiede al re di farlo scendere in campo contro Israele (!) facendogli credere per un anno e quattro mesi di compiere razzie contro il sud di Giuda (la sua stessa tribù!). Naturalmente si trattava solo di un inganno, poiché David non intendeva davvero tradire Israele.

  2. Se Davide avesse peccato, lo avrebbe ammesso ed avrebbe chiesto perdono a DIo, come ha fatto quando ha peccato. E come ha fatto quando ha peccato, Dio per amore gli avrebbe fatto prendere coscienza del suo peccato. tutto qui

  3. Fece credere di essere folle, mio caro redattore, e non traditore, ed il re dei Filistei lo prese per folle…. e lo rimando indietro non essendo sicuro che avrebbe alla fine tradito il suo popolo

    1. Dici di leggere tutti gli articoli che pubblichiamo qui, ma mi viene purtroppo il sospetto che tu li legga molto sommariamente per poi partire subito con i commenti. Dico questo perché il brano analizzato in questo articolo NON riguarda l’episodio della finta follia di David. Siamo al capitolo 27, molto più avanti.

      1. Hai scritto cosi in questo articolo :Egli si presenta ai Filistei come un traditore della patria, conquistando così il favore del re Akhish, che gli consente di stabilirsi nella città di Tziklàg.
        Ed io ti ho chiesto dove è scritta la parola traditore nella Bibbia. Se l ha pronunciata Davide presentandosi, o glielo avete attribuito voi. Buona giornata

      2. è scritto qui: “Così Akhish si fidava di David e diceva: «Egli si è reso odioso al suo popolo Israele e così sarà per sempre mio servo»”. Come si chiama una persona che si è resa odiosa al proprio popolo ed esce a combattere (così credeva Akhish) contro la sua stessa patria? Ora possiamo accantonare le apologie e dedicarci allo studio obiettivo del testo?

  4. Continuo un pò… tu dici che è scritto chiaramente che si fece passare per traditore. Ma dove è scritto, in quale verso, e qual è il termine ebraico usato per traditore? Se me lo riporti posso verificare facendo ammenda, e dandoti ragione. Tu dici che si è rifugiato presso i Filistei, i nemici di Israele. Ma dove si sono rifugiati, Giuseppe, Mosè ed Elia? non si sono dovuti rifugiare in terra straniera per scampare dalla morte per opera del loro stesso popolo consanguinei? Sono stati messi tutti duramente alla prova, ma nessuno di loro ha tradito coloro che amavano, anche se non ricambiati. Come doveva comportarsi Giuseppe con i propri fratelli? cosa avrà pensato di loro quando si ritrovava ad un passo dalla morte, e rinchiuso nei sotterranei di una prigione?
    E Davide non ha tradito il suo popolo, perché non ha mai alzato una mano contro un israelita. Stava per marciare contro Israele certo, ed è un mistero ed una domanda che mi facevo, ma non ti risulta che Dio stesso sia lì ad un passo dal combattere contro Israele? Cosa ha detto Mosè a proposito? Basta leggere invece che interpretare, perché Dio parla in modo semplice. Ma sono i misteri dell amore mio caro..

    1. Caro Redattore il corretto uso delle parole è importante, perché proprio l ebraismo ci dice che il mondo è stato creato con le parole, e gli uomini non devono mai rischiare di litigare con le parole. Odioso e traditore sono parole diverse con significati diversi se in ebraico si usano termini diversi. Ma quel che conta è che tu hai scritto che Davide si presentò come traditore…. mentre poi mi hai citato il verso biblico in cui è il re dei filistei a dire ( pensandolo) che si è reso odioso al suo popolo, e cosi sarebbe stato per sempre suo servo. L’esame obiettivo del testo ( e di tutta la bibbia) ci dice che quando il popolo di israele è diviso al suo interno soccombe contro i propri nemici. Diviso il popolo dal suo Re Davide ( unto da Dio) soccombe contro i filistei, ma siccome Davide non hai mai tradito saranno sconfitti poi i filistei. E siccome Dio non tradirà mai solo per amore del suo nome, nonostante le infedeltà di Israele, farà giustizia dei suoi nemici, come dice Mosè nel suo cantico. e la storia ci conferma.

  5. E’ davvero commovente vedere qualche cristiano praticante che tenta di capovolgere il senso del testo biblico per ripulire l’immagine di David da possibili critiche che ne mettano in luce il carattere moralmente problematico. Il punto è che David rappresenta l’archetipo messianico, ossia per i cristiani il modello per Yohsua, che di David sarebbe stato discendente diretto (Matteo 1,1), e allora bisogna ripulirne l’immagine per timore che una sua discutibilità morale ricada sull’erede. Analogamente l’ermeneutica cristiana reinterpreta la vicenda di David e Bethsabea, in cui il re prediletto dal Signore viola almeno 3 precetti del decalogo mosaico. E allora per i cristiani la colpa non deve ricadere su di lui, ma sulla donna, peccatrice per antonomasia, corruttrice, evidenziando una visione sessuofobica tutta cristiano-ellenistica e per nulla propria all’Antico Testamento. Sono davvero commoventi nel loro slancio di infantile falsificazione che rifugge da qualsivoglia interpretazione letterale del testo. Eccellente invece il commento misurato al testo proposto dal rabbino Amnon Bazak, che mette in luce la problematicità della figura di David da un punto di vista morale ma non per questo ne misconosce la grandezza storica e il ruolo da lui svolto nel disegno divino. David è un uomo, e come tutti gli uomini può sbagliare. Del resto Samuele ci dice che perfino Dio può commettere atti di cui deve pentirsi: “E il Signore si era pentito di aver eletto Saul re d’Israele” (1 Sam 15, 35), quindi pur nella sua onnipotenza non è detto che sia infallibile, dote che invece per i cristiani gli compete, e discende perfino su colui che per loro è il vicario del figlio, a partire altresì solo dal Concilio Vaticano I.

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