Tra storia e profezia: l’interpretazione di Nachmanide di Lev. 26 e Deut. 28

tempio
Vi disperderò fra le nazioni e trarrò fuori la spada contro di voi. La vostra terra sarà desolata e le vostre città saranno deserte (Levitico 26:33).
HaShem ti darà un cuore tremante, occhi che si struggono e un’anima angosciata (Deuteronomio 28:65).
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All’interno della Torah troviamo due brani differenti che riportano un elenco di maledizioni che Dio minaccia di scagliare contro Israele nel caso in cui il popolo rifiuti ostinatamente di osservare i Comandamenti. Il primo si trova al capitolo 26 del Levitico, mentre il secondo, molto più esteso e dettagliato, compare al capitolo 28 del Deuteronomio.
Questi brani, entrambi noti come Tochachah (“ammonizione” o “rimprovero”), appaiono molto aspri in quanto contengono minacce di sciagure, malattie, pestilenze, guerre, sconfitte, esilio, persecuzioni e disastri di vario tipo. La natura inquietante di tali capitoli è particolarmente amplificata dal fatto che essi rievocano inevitabilmente nelle menti di chi li legge le più nefaste vicende della storia ebraica, dalle più remote alle più recenti.

Mentre la maggior parte dei pensatori classici dell’Ebraismo intende questi brani come delle ammonizioni senza tempo, valide ugualmente per tutte le generazioni, il grande studioso e commentatore biblico Rabbi Moshe ben Nachman (1194 – 1270), anche noto come Nachmanide, interpreta invece i due elenchi di maledizioni come delle vere e proprie profezie che preannunciano specifici avvenimenti futuri. Notando le varie differenze tra i due capitoli, Nachmanide spiega infatti che le maledizioni riportate nel Levitico (che egli chiama “prima alleanza”) si sarebbero adempiute al tempo dell’esilio in Assira e in Babilonia e della distruzione del Primo Tempio di Gerusalemme, mentre le maledizioni del Deuteronomio (“seconda alleanza”) avrebbero trovato il loro compimento con la distruzione del Secondo Tempio ad opera dei Romani e con la successiva diaspora del popolo ebraico.
Riportiamo di seguito le parole di Nachmanide, tratte dal suo commento al Levitico 26:16, per offrirvi un interessante esempio della sua particolare esegesi.
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Sappi e comprendi che queste maledizioni [nel Levitico] alludono al primo esilio, poiché è al Primo Tempio che corrispondono tutte le parole di questa alleanza riguardanti l’esilio e la successiva redenzione. Infatti vediamo che in [questo brano di] rimprovero è scritto: “E se respingi i miei statuti e se la tua anima aborrisce i miei decreti” (Levitico 26:15), e anche: “fino al punto da violare il mio patto”, con la successiva menzione delle bamot (altari proibiti), delle immagini del sole e degli idoli (v. 30), poiché [durante il periodo del Primo Tempio gli Israeliti] adoravano le stelle e compivano ogni sorta di male. Ed è a questo proposito che Dio dice (v. 31), “renderò desolati i tuoi santuari e non sentirò i tuoi dolci aromi”, avvertendo così che li avrebbe rimossi dal suo Santuario e che non avrebbe più accettato i sacrifici che prima gradiva in quel Santuario. Le punizioni che li avrebbero colpiti, [secondo queste maledizioni], includono la spada, le bestie feroci, la pestilenza, la carestia e infine l’esilio. In effetti, tutte queste cose sono avvenute [con la distruzione del Primo Tempio], come riportato esplicitamente nel Libro di Geremia (32:24).

Ed è a riguardo di quel [primo] esilio che Dio dice (Levitico 26:34-35), “Allora la terra godrà i suoi Sabati. […] Finché rimarrà desolata, avrà il riposo che non le fu concesso da voi con i Sabati, quando l’abitavate”. Poiché il numero di anni dell’esilio corrisponde agli anni in cui non hanno osservato la shemittah (anno sabbatico). Allo stesso modo, il testo afferma, in relazione a quell’esilio (2 Cronache 36:21), “Affinché si adempisse la parola di Dio pronunciata da Geremia, finché la terra avesse osservato i suoi Sabati. Infatti essa osservò il Sabato per tutto il tempo della sua desolazione, finché furono compiuti settant’anni”. Così li ha avvertiti e così li ha colpiti. Quindi, è chiaro che il testo qui [in Levitico] parla di quel [primo] esilio [in Babilonia].

Se rivolgiamo poi la nostra attenzione alla redenzione da [quell’esilio, vediamo] che Dio promette solo che ricorderà il Patto con i patriarchi e che si ricorderà della terra [rimasta desolata], ma non c’è menzione del fatto che Egli avrebbe perdonato il loro peccato e la loro trasgressione e che li avrebbe amati come prima, né alcun accenno al fatto che Egli avrebbe radunato quelli di loro che erano stati dispersi. Infatti ciò che realmente accadde, quando essi tornarono da Babilonia, fu che solo [le tribù di] Yehudah e Binyamin tornarono, insieme a pochi Leviti e ad alcuni [membri] delle altre tribù che erano state esiliate a Babilonia. Ed essi tornarono in uno stato di povertà e servitù ai re di Persia.

L’alleanza in Deuteronomio, al contrario, allude al nostro attuale esilio e alla redenzione da esso. Poiché vediamo, prima di tutto, che non vi è alcun accenno alla sua fine o alla sua durata, né esiste una promessa riguardante la redenzione; piuttosto, [essa] dipende [unicamente] dal [nostro] pentimento. […] Né vi è alcuna menzione di quei peccati – quali l’aver eretto pali sacri [pagani] e immagini del sole, o aver eseguito qualsiasi culto idolatrico. […] Infatti così fu durante il periodo del Secondo Tempio, come insegnano i nostri Saggi (Yoma 9a): “Perché il Primo Tempio è stato distrutto? A causa dell’idolatria, dell’immoralità sessuale e dello spargimento di sangue. Ma il Secondo Tempio – quando, come sappiamo, [gli Ebrei] si occupavano della Torah e di atti di benevolenza – perché è stato distrutto? A causa dell’odio immotivato che esisteva tra loro”.

Le maledizioni [in Deuteronomio] continuano: “Dio farà muovere contro di te, da lontano, dalle estremità della terra, una nazione come un’aquila che vola (28:49) – alludendo all’invasione dei Romani, che vennero da molto lontano; in effetti, il testo afferma: “una nazione che né tu né i tuoi padri avete conosciuto” (v. 36), e “una nazione di cui non comprenderai la lingua” (v. 49), indicando il loro grado di estraneità dalla nostra terra. Ciò non si trova invece nelle parole dell’alleanza [in Levitico], dove il testo allude all’esilio in Babilonia e in Assiria, [nazioni] che sono vicine alla [nostra] terra e che erano costantemente in guerra [con gli Israeliti]. La stirpe di Israele proveniva da lì e [i nostri antenati] avevano familiarità con la loro lingua, come è scritto (2 Re 18:26), “Parla, ti prego, ai tuoi servitori in aramaico, perché lo comprendiamo”. Allo stesso modo, il verso afferma: “Dio ti disperderà tra tutti i popoli, da un’estremità all’altra della terra” (v. 64). Ciò appare in relazione al nostro esilio attuale, in cui siamo effettivamente dispersi nel mondo, e [il testo] dice anche (v. 68): “E Dio vi farà tornare in Egitto con le navi” – poiché in questo esilio Tito riempì effettivamente le navi con loro [prigionieri ebrei catturati durante la guerra], come documentato nelle cronache romane.

[Il testo] dice anche: “I tuoi figli e le tue figlie saranno dati a un altro popolo, e i tuoi occhi lo vedranno” (v. 32); “Genererai figli e figlie, ma non saranno tuoi, perché andranno in cattività” (v. 41) – queste parole non descrivono un esilio di genitori insieme ai loro figli, ma piuttosto una prigionia dei figli da soli, mentre i genitori rimangono nella [loro] terra. Questa descrizione non appare nella prima alleanza [cioè nelle maledizioni in Levitico], poiché quell’esilio era completo, ma appare nella seconda alleanza [in Deuteronomio], poiché i Romani regnarono all’epoca nella nostra terra e presero figli e figlie a loro piacimento. Allo stesso modo [l’avvertimento], “Servirai il tuo nemico, che Dio manderà contro di te, nella fame e nella sete” (v. 48) allude alla nostra servitù sotto i Romani nella nostra terra, quando i loro ufficiali ci hanno governato, imponendoci un pesante giogo e prendendo sia noi stessi che la nostra proprietà, come è ben documentato nelle fonti storiche.

Ulteriore prova [che le maledizioni in Deuteronomio si riferiscono all’esilio romano] è che il testo afferma: “Dio porterà te e il tuo re che tu stabilirai su di te, in una nazione che né tu né i tuoi padri avete conosciuto”. Il re Agrippa [infatti] andò a Roma alla fine del periodo del Secondo Tempio, e fu [anche] a causa di questo suo viaggio che il Tempio fu distrutto. In particolare, il testo non dice: il re che governerà su di te, ma piuttosto: “il tuo re che tu stabilirai su di te”. Con questo Dio allude al fatto che [Agrippa] non era idoneo a essere re, e gli era infatti proibito regnare su Israele secondo le leggi della Torah, e tuttavia [i Giudei] nominarono lui e i suoi antenati [per regnare] su di loro, in violazione della legge, come affermato in Sotah (41a). Tutti questi indizi indicano chiaramente [che le maledizioni in Deuteronomio] riguardano il nostro attuale esilio.

Ora, la redenzione a cui si allude in questa seconda alleanza [in Deuteronomio] è una redenzione completa, superiore a tutte le altre. Il testo dice: “E avverrà che quando tutte queste cose ti saranno accadute, la benedizione e la maledizione”, e Dio promette: “Ed Egli sarà buono con te e ti moltiplicherà più dei tuoi antenati”. Questa è una promessa per tutte le tribù di Israele, non [solo] per un sesto della nazione. E lì [in Deut. 30:7] Dio promette che abbatterà e distruggerà coloro che ci hanno esiliato.

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