La stella e lo scettro: gli ultimi oracoli di Bilam

Vieni, io ti annuncierò ciò che questo popolo farà al tuo popolo negli ultimi giorni (Numeri 24:14).

Il singolare profeta e indovino Bilàm, convocato dal re di Moav per maledire Israele, non potendo però resistere al volere di Dio, si ritrova alla fine a pronunciare splendide benedizioni e profezie. Di questa vicenda tratta dal Libro dei Numeri (Bemidbar) ci siamo già occupati in passato nel nostro articolo “Quando gli asini parlano“, concentrandoci tuttavia solo sulle parti puramente narrative.

Questa volta vogliamo proporre invece un’analisi delle profezie vere e proprie pronunciate da Bilam, e specificamente dei suoi ultimi oracoli relativi al futuro del popolo ebraico e di altre nazioni, partendo dal famoso annuncio della “stella che sorge da Giacobbe”, spesso interpretato in senso messianico.

Profezia sul futuro di Israele

24:15-16 – Così dice Bilam figlio di Beor; così dice l’uomo i cui occhi sono stati aperti,  così dice colui che ode le parole di Dio, che conosce la scienza di Elyon, che mira la visione di Shaddai, colui che cade, ma ha gli occhi aperti.

Il discorso che si apre con queste parole è il quarto oracolo pronunciato da Bilam. In totale, il profeta pagano ne pronuncerà sette, proprio come i sette altari che egli fa edificare, e i sette giovenchi e i sette arieti che vengono sacrificati su di essi (23:1).

Oltre al termine generico El (“Dio”), in questi versi compaiono due nomi divini meno comuni: Elyon, ossia l'”Altissimo”, e Shaddai, tradotto spesso con “Onnipotente”, ma che indica in realtà – come scrive Umberto Cassuto – “la Divinità che regna sulla natura e che dona agli uomini la fertilità” (vedi Genesi 17:1-2 ; 28:3).

Bilam è “colui che cade, ma ha gli occhi aperti”: la visione profetica è un’esperienza così intensa da far perdere le forze e l’equilibrio a chi la sperimenta. Secondo Robert Alter, in questi versi si nasconde una certa ironia: Bilam, che qui si vanta delle proprie doti profetiche, poco prima era stato incapace di vedere un’apparizione divina che tuttavia non era sfuggita alla sua asina.

24:17-19 – Lo vedo, ma non ora. Lo contemplo, ma non da vicino. Spunta una stella da Giacobbe, e uno scettro sorge da Israele. E colpirà i confini di Moav e annienterà tutti i figli di Shet. E diverrà Edom suo possesso, e diverrà suo possesso Seir, suo nemico, e Israele farà grandi imprese. E dominerà da Giacobbe e distruggerà i resti delle città.

Con i suoi prodigiosi “occhi aperti”, Bilam riesce a vedere molto lontano. Non nello spazio, ma nel tempo: egli contempla un futuro distante che descrive in termini allusivi.

La stella e lo scettro sono due immagini regali: la prima indica lo splendore di una dinastia che sorge e si innalza, la seconda il controllo e il potere detenuti da questo futuro sovrano.

Il re di cui parla questa profezia sconfiggerà i popoli di Moav, Edom (chiamato anche “Seir”, dal nome del monte su cui si stabilirono gli Edomiti) e i “figli di Shet”. Sull’identificazione di questi ultimi esistono opinioni discordanti. Ricordando che Shet (figlio di Adam) è menzionato nella Genesi come uno dei capostipiti dell’umanità (Genesi 5:3), il Targum Onkelos e Rashi sostengono che qui si intenda l’intero genere umano. Se tuttavia fosse davvero così, saremmo davanti a un caso unico in tutta la Bibbia.

Piuttosto, per comprendere chi siano davvero i figli di Shet dobbiamo considerare che questi versi sono costruiti su una serie di parallelismi poetici basati sull’accostamento di sinonimi: innanzitutto, troviamo due frasi (“Lo vedo, ma non ora” e “lo contemplo, ma non da vicino”) che hanno lo stesso significato. La stella corrisponde poi allo scettro, così come Giacobbe a Israele e Edom a Seir. Dal momento che l’espressione “figli di Shet” è posta in parallelo a “Moav”, è altamente probabile che Shet non sia qui il personaggio antidiluviano, bensì un nome in qualche modo associato alla nazione di Moav.

Il re israelita che sottomise per primo gli Edomiti e i Moabiti fu David, come narra 2 Samuele 8. Molti commentatori hanno visto però nella parole di Bilam anche (o persino esclusivamente) un’allusione alla venuta futura del Messia. Nachmanide, ad esempio, basandosi sull‘identificazione rabbinica di Edom con Roma, scrive: “La caduta di Edom sarà compiuta per opera del Messia: il nostro attuale esilio sotto il dominio di Roma è considerato come Edom” . Restando però fedeli al contesto e al senso originario del brano, dobbiamo però seguire l’interpretazione di Ibn Ezra, che riconosce come la profezia abbia trovato il suo completo adempimento al tempo delle gloriose imprese militari di David.

Profezia sul futuro delle nazioni

24:20 – E vide Amalek e pronunciò il suo discorso e disse: “Prima delle nazioni è Amalek, ma la sua fine culminerà nella distruzione”.

Dopo aver concluso il suo oracolo sul popolo d’Israele e i suoi trionfi futuri, Bilam si volge, dall’alto del monte su cui si trova, in direzione di Amalek, cominciando così ad ampliare il suo discorso parlando di altri popoli.

In che senso la piccola tribù seminomade di Amalek è chiamata “prima delle nazioni”? Rashi spiega che l’espressione si riferisce al fatto che gli Amalekiti furono i primi a muovere guerra a Israele, evento che si verificò subito dopo l’uscita dall’Egitto; eppure, questa nazione andrà incontro alla rovina proprio a causa del popolo che essa attaccò per prima. Fu infatti Shaul a infliggere una terribile sconfitta ad Amalek (1 Samuele 15), e in seguito anche David combatté con successo contro questo popolo (1 Samuele 30:16-17).

24:21-22 – E vide i Keniti e pronunciò il suo discorso e disse: “Solida è la tua abitazione, e posto nella roccia è il tuo nido. Nondimeno il Kenita dovrà essere rimosso, finché Ashur ti deporterà”.

Una parte del clan dei Keniti risiedeva in un territorio molto vicino a quello occupato da Amalek (1 Samuele 15:6). Bilam può scorgere quindi entrambe le nazioni con il suo sguardo.

Al contrario degli Amalekiti, peggiori nemici di Israele, i Keniti erano alleati degli Ebrei fin dall’epoca dell’Esodo, e godevano della loro protezione abitando nella terra santa. È probabilmente per questo motivo che il testo ci presenta i Keniti come coloro che vivono in una dimora sicura.

Anche la sorte di questo popolo sarà tuttavia nefasta: Ashùr (l’Assiria) lo rimuoverà dal suo nido e lo porterà in esilio. Il potente impero assiro, che secondo le parole di Isaia si vantava di aver “rimosso i confini dei popoli” (10:13), devastò il regno d’Israele deportando i suoi abitanti, verosimilmente senza risparmiare i Keniti. Nella sua profezia, Bilam omette però che tale sventura riguarderà anche gli Ebrei, evitando così di rovinare il quadro favorevole del glorioso futuro di Israele che è stato appena descritto.

L’ultima frase andrebbe in realtà intesa probabilmente come una domanda: “fino a quando (o fino a dove) l’Assiro ti deporterà?”.

24:23-24 – E pronunciò il suo discorso e disse: “Ahimè! Chi vivrà [più di quanto] Dio ha stabilito? E delle navi [verranno] da Kittim e affliggeranno Ashur, e affliggeranno Ever, e anche lui sarà per sempre distrutto”.

L’ultimo oracolo è introdotto da un’espressione di angoscia e da una domanda retorica formulata in maniera oscura (che qui abbiamo riportato seguendo la traduzione di Alter).

Dopo aver trionfato su altri popoli, il temibile Ashur sarà a sua volta sopraffatto da un nemico più potente che giungerà da Kittìm, termine che indica propriamente l’isola di Cipro, ma che, come spiega Cassuto nel suo commento alla Genesi, assunse fra gli Ebrei un significato più ampio, indicando talvolta genericamente le coste mediterranee.

Il riferimento, secondo alcuni studiosi contemporanei, è alle invasioni dei “popoli del mare“, antichi predoni che giunsero nel Vicino Oriente dall’Europa Orientale. Queste invasioni avvennero però secoli prima dell’epoca di David, per cui tale interpretazione non aderisce al meglio al contesto, che sembra riferirsi invece a un tempo successivo alla vittoria degli Assiri sui Keniti (e su Israele).

Il primo capitolo del libro dei Maccabei ci racconta che “Alessandro il Macedone, figlio di Filippo, uscito dalla regione dei Kittim, sconfisse Dario, re dei Persiani e dei Medi”. Ibn Ezra collega la profezia a questo evento, sostenendo che essa si riferisce alla conquista del Vicino Oriente (Ashur e Ever) da parte delle flotte mediterranee di Alessandro Magno.

L’oracolo si conclude affermando che anche lui sarà per sempre distrutto. Non è chiaro chi sia questo “lui”: potrebbe trattarsi di Ashur, di Ever, o dell’invasore stesso giunto da Kittim. Il messaggio, in ogni caso, non cambia sostanzialmente: Bilam ci presenta la storia dei popoli come un avvicendarsi di lotte e sopraffazioni, dove ogni vincitore, benché si senta al sicuro, è destinato alla fine a soccombere.

Si comprende ora il senso della domanda: Chi vivrà [più di quanto] Dio ha stabilito? Per quanto gloriosa e trionfante, nessuna potenza umana può sfuggire al volere del Creatore e sottrarsi con le proprie forze alla rovina preannunciata. Un insegnamento di certo pertinente alla vicenda di Bilam, il quale era stato ingaggiato dal re di Moav nel vano tentativo di contrastare il piano divino attraverso la magia e di causare la distruzione del popolo d’Israele.

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