E [degli uomini] riferirono a David: «Ecco, i Filistei fanno guerra a Keilah e saccheggiano le aie». E David consultò HaShem, dicendo: «Andrò io a sconfiggere questi Filistei?». HaShem rispose a David: «Va’, sconfiggi i Filistei e salva Keilah» (1 Samuele 23:1-2).
Chi è il vero re di Israele? Da una parte abbiamo Shaul, che ormai sembra dedicarsi quasi unicamente alla sua battaglia personale contro David in modo sempre più spietato, come abbiamo visto nell’articolo precedente. Dall’altra emerge invece David, che pur essendo in fuga da Shaul non rinuncia a scendere in campo per difendere il popolo dai Filistei.
Concentrando tutte le proprie forze nella sua paranoica persecuzione di David, il re di fatto abbandona la nazione lasciandola in balia degli invasori esterni. Tale vuoto è tuttavia prontamente colmato da David, che agisce già da vero custode e difensore di Israele con il suo intervento militare contro i Filistei.
Il testo sottolinea questo contrasto attraverso le espressioni che utilizza: “HaShem rispose a David: «Va’, sconfiggi i Filistei e salva (veHoshata) Keilah»” (23:2). Lo stesso verbo, proprio in relazione agli stessi nemici, era già stato impiegato quando Dio aveva detto al profeta Shmuel: “…Egli salverà (vaYoshà) il mio popolo dalle mani dei Filistei, poiché ho visto il mio popolo, perché il suo grido è giunto fino a me» (9:16). In questo caso, però, il soggetto era naturalmente Shaul.
Salvare Israele dai Filistei era dunque la missione originaria di Shaul fin da quando era stato unto da Shmuel; una missione che egli aveva iniziato a compiere con successo. Ora, difendendo la città di Keilah dagli invasori, David dimostra di essere divenuto il vero erede della promessa divina, anticipando così la sua ascesa al trono.
Shaul nella grotta
E Shaul prese tremila uomini scelti da tutto Israele e andò a cercare David e i suoi uomini di fronte alle rocce delle capre selvatiche. E giunse ai recinti delle pecore, lungo la strada, e lì c’era una grotta. Shaul vi entrò per coprirsi i piedi, e David e i suoi uomini se ne stavano in fondo alla grotta (1 Samuele 24:2-3).
Con l’espressione “coprirsi i piedi”, la Scrittura allude eufemisticamente ai bisogni naturali del re. Shaul è dunque colto in questa scena in un momento di grande vulnerabilità, una situazione singolare che gli uomini di David interpretano subito come un segno della volontà divina che sta offrendo al futuro sovrano l’opportunità di liberarsi del suo oppressore (24:4).
Spinto dai suoi impetuosi alleati, David si avvicina in silenzio a Shaul, ma non lo uccide: si limita a recidere un lembo del suo mantello, un gesto di cui sembra però pentirsi a causa della riverenza che ancora nutre nei confronti di Shaul e della sua carica:
Ma dopo ciò a David battè il cuore, perché aveva tagliato il lembo del mantello di Shaul. E disse ai suoi uomini: «Mi guardi HaShem dal fare questa cosa al mio signore, all’unto di HaShem, [cioè] dallo stendere la mia mano contro di lui, perché è l’unto di HaShem» (24:5-6).
Il lembo reciso del mantello di Shaul ci ricorda un’altra scena narrata in precedenza, al tempo della guerra contro Amalek, quando Shaul stesso aveva strappato il mantello di Shmuel nel tentativo di trattenerlo, un atto che il profeta aveva subito indicato come un presagio simbolico della fine del regno di Shaul:
Come Shmuel si voltò per andarsene, Shaul afferrò il lembo del suo mantello, ed esso si strappò. E Shmuel gli disse: «HaShem oggi ha strappato da te il regno d’Israele e lo ha dato a un altro, che è migliore di te (15:27-28).
È dunque significativo che David, l’uomo “migliore di Shaul” a cui faceva riferimento tale profezia, compia ora proprio lo stesso gesto nei confronti del re, preannunciando così (senza esserne consapevole) l’imminente adempimento delle parole di Shmuel.
Il capitolo prosegue con un toccante dialogo tra David e Shaul: il primo esce allo scoperto e dimostra al sovrano di non avere alcun intento malevolo nei suoi confronti; il secondo chiama David “figlio mio” e riconosce apertamente la sua giustizia. Dopo una serie di narrazioni intrise di intrighi, violenza, crudeltà e follia, questo scambio emotivo ci rivela che il rispetto e la pietà sono ancora vivi nell’animo dei protagonisti.
Tra i due sembrerebbe esserci persino una sincera riconciliazione, se non fosse per il verso conclusivo del racconto: “E Shaul andò a casa sua, e David e i suoi uomini salirono alla roccaforte” (24:22); una frase che ci fa comprendere, emblematicamente, che le strade di David e Shaul restano ancora separate.