Oracoli sulla fine dei giorni: guerre apocalittiche

Nell’articolo precedente abbiamo parlato della profezia di “Gog e Magog“, contenuta nel Libro di Ezechiele, in cui si preannuncia un futuro attacco al popolo d’Israele sferrato da varie nazioni, le quali saranno sconfitte grazie all’intervento salvifico di Dio.

Ezechiele, tuttavia, non è l’unico ad aver parlato di un simile evento apocalittico. Vi sono almeno altri due profeti della Bibbia ebraica che, nei rispettivi libri, predicono una terribile guerra che segnerà l’inizio dell’era messianica: si tratta di Gioele (capitoli 3-4) e di Zaccaria (capitoli 12 e 14).

Le tre profezie appaiono molto affini poiché descrivono scenari simili e presentano temi e immagini in comune. Ezechiele, Gioele e Zaccaria concordano infatti su alcuni elementi fondamentali:

  • Il conflitto ha inizio con un’invasione della Terra d’Israele da parte di una coalizione di popoli agguerriti (Ez. 38:7-9; Gioe. 4:9-12; Zac. 14:2).
  • L’attacco avviene in un tempo in cui gli Israeliti sono già stati riscattati dall’esilio e si sono radunati nella loro patria (Ez. 38:8; Gioe. 4:1; Zac. 14:1-2).
  • L’azione diretta di Dio crea una svolta che conduce alla redenzione completa d’Israele e alla manifestazione universale della giustizia divina (Ez. 39:27-29; Gioe. 4:17-20; Zac. 14:9-11).

Nonostante queste forti analogie, da una lettura comparata dei tre oracoli emergono anche delle interessanti differenze su cui ora vogliamo soffermarci. Potremo così fare tesoro della molteplicità di prospettive che la Bibbia ebraica ci offre in merito all’affascinante tema della “fine dei giorni”.

Gioele: il giudizio sulle nazioni

Poiché, ecco, in quei giorni e in quel tempo, quando avrò fatto tornare gli esuli di Giuda e Gerusalemme, riunirò tutte le nazioni e le farò scendere nella valle di Yehoshafat, e là verrò a giudizio con loro per il mio popolo Israele, mia eredità, che essi hanno disperso fra le genti e si sono spartiti la mia terra (Gioele 4:1-2).

Come Ezechiele, anche il profeta Gioele (Yoèl) preannuncia che molte nazioni saranno attirate a uscire in battaglia con i loro eserciti per poi essere umiliate dall’Altissimo.

Dal momento che l’epoca in cui visse Gioele non è nota, come anche la data di composizione del suo libro, non è possibile affermare con certezza quale delle due profezie sia stata scritta per prima.

Rispetto al testo di Ezechiele, qui troviamo un dettaglio nuovo: le schiere degli invasori saranno sconfitte in un luogo chiamato “Valle di Yehoshafat“.

Il Midrash Tehillim riporta che non esiste alcuna valle con questo nome. Considerando che Yehoshafàt significa “Dio giudica” o “giudizio di Dio”, è possibile che non si tratti di un luogo geografico preciso, bensì di un nome simbolico che rappresenta appunto il giudizio divino.

Da questo brano ha avuto origine la credenza, richiamata anche da Alessandro Manzoni nel capitolo III dei Promessi sposi, secondo cui la “Valle di Giosafat” sarebbe il luogo in cui avverrà il giudizio universale (il giudizio dei vivi e dei morti alla fine dei tempi).

Gioele, tuttavia, si riferisce qui a un contesto molto più terreno e concreto, parlando di eserciti che si lanciano in battaglia e non di anime convocate dal tribunale celeste per andare incontro al loro destino eterno.

Un altro elemento del tutto assente in Ezechiele 38-39 ma presente invece in Gioele è il ruolo di Sion e Gerusalemme in questa guerra: “Sul Monte Sion e a Gerusalemme vi sarà scampo” (3:5). La città santa, secondo Gioele, sarà un rifugio sicuro per coloro che “invocheranno il nome di HaShem”.

Il profeta dichiara che “HaShem ruggirà da Sion, e da Gerusalemme farà udire la sua voce” (4:16) per punire le nazioni nemiche, e che dopo questo evento la città non sarà più invasa dagli stranieri (4:17).

La differenza più significativa tra questa profezia e quella di Ezechiele riguarda però l’identità dei nemici: come abbiamo visto, Ezechiele predice un attacco da parte di popoli giunti da paesi lontani, persino dalle “estremità della terra”: i misteriosi e temuti arcieri del nord, la Persia, alcuni regni dell’Anatolia e dell’Africa, nazioni con cui gli Israeliti non avevano relazioni dirette.

Nella prospettiva di Gioele, a essere radunati e puniti sono invece i popoli ostili vicini a Israele, e più precisamente quelli che avevano tratto vantaggio dalla distruzione del Regno di Giuda ad opera dei Babilonesi.

Vengono infatti menzionati i Fenici (Tiro e Sidone), colpevoli di aver rubato le ricchezze del Tempio di Gerusalemme (4:5) e di aver venduto come schiavi i superstiti ebrei ai mercanti della Grecia (4:6).

Al v. 19 si parla poi dell’Egitto, luogo dove molti Israeliti furono deportati, e degli Edomiti, condannati “per la violenza contro i figli di Giuda”. Da altre fonti bibliche sappiamo che gli Edomiti catturarono i fuggiaschi del Regno di Giuda godendo della loro sventura (Abdia 11-14), e che avanzarono dei diritti sulla loro terra rimasta spopolata (Ezechiele 36:5).

Zaccaria: l’attacco a Gerusalemme

E avverrà in quel giorno che io renderò Gerusalemme una pietra pesante per tutti i popoli: quelli che vorranno sollevarla saranno di certo lacerati, e si raduneranno contro di essa tutte le nazioni della terra (12:3).

Ancor più di Gioele, il profeta post-esilico Zaccaria (Zechariàh) pone Gerusalemme al centro del suo oracolo escatologico. La capitale ebraica, secondo la sua profezia, sarà prima devastata dagli invasori, che compiranno saccheggi, stupri e deportazioni (14:2); ma in seguito sarà difesa da Dio, che “uscirà a combattere contro quelle nazioni” (14:3).

L’intervento divino porterà terremoti e altri sconvolgimenti della natura (14:4-8); il Dio unico sarà riconosciuto come “re di tutta la terra” (14:9); e i sopravvissuti fra i popoli ostili dovranno celebrare ogni anno la festa ebraica di Sukkot a Gerusalemme (14:16-17).

Rispetto a Ezechiele e a Gioele, Zaccaria si esprime in maniera molto più vaga circa l’identità dei nemici, parlando iperbolicamente di “tutte le nazioni“, (seppure al capitolo 9 parli di uno scontro tra i “figli di Sion” e i “figli della Grecia”).

La sua profezia è comunque la più aspra, dal momento che descrive anche le stragi compiute dai nemici prima della redenzione, parlando di un lutto che affliggerà il popolo nel contesto della guerra (12:10-14; vedi il nostro articolo: “Colui che hanno trafitto”: di chi parla Zaccaria?“).

Inoltre, mentre gli altri due profeti presentano la sconfitta degli avversari solo nei termini di un intervento provvidenziale “dall’alto”, Zaccaria attribuisce un ruolo attivo anche ai guerrieri israeliti, che diventeranno più forti del re David (12:8) e combatteranno a Gerusalemme (14:14).

Cosa possiamo comprendere da queste differenze? Le tre profezie appaiono indubbiamente simili, ma differiscono in alcuni aspetti (in particolare la provenienza dei nemici), e si distinguono per l’enfasi che in ciascuna di esse si pone su determinati temi (la centralità di Gerusalemme, il ruolo dei combattenti israeliti).

In base alle interpretazioni tradizionali, si ritiene spesso che le profezie si riferiscano allo stesso evento escatologico descritto da tre punti di vista complementari, o a fasi diverse della medesima guerra.

Sarebbe forse più corretto affermare però che, piuttosto che preannunciare gli stessi identici avvenimenti futuri, i tre profeti propongano (ciascuno nel suo linguaggio) un certo modello condiviso, uno schema che resta invariato nei suoi elementi fondamentali: una guerra premessianica; un’invasione della Terra d’Israele; la straordinaria salvezza di Dio; il trionfo della giustizia nel mondo.

All’interno di questo modello, ciascun profeta definisce alcuni dettagli in maniera indipendente, in accordo con i temi a lui più cari, veicolando un proprio messaggio specifico. Ciò è in armonia con la concezione biblica che intende la Redenzione come un evento che può realizzarsi in tempi e in modi differenti, a seconda delle circostanze storiche e dell’operato degli uomini.

Ezechiele, che affronta il problema della “dissacrazione del nome di Dio” scaturita dal misero stato in cui Israele era caduto, vede la disfatta di Gog e Magog come un rimedio a questo male, con la potenza del Creatore che si manifesta agli occhi di nazioni remote.

Gioele, afflitto dall’umiliazione subita dagli Ebrei venduti come schiavi nei paesi vicini, invoca la punizione divina contro questi popoli, auspicando un capovolgimento delle sorti di Sion.

Infine Zaccaria, il cui libro è ampiamente dedicato al tema del destino di Gerusalemme, vede la città santa come il fulcro di una catena di eventi apocalittici che coinvolgono l’intera umanità.

L’adempimento storico della profezia di Zaccaria

Quando si pensa alle oscure profezie messianiche che abbiamo analizzato, è naturale guardare al futuro, immaginando scenari ipotetici che non si sono mai concretizzati nella Storia.

L’interpretazione dei capitoli apocalittici di Zaccaria potrebbe però richiedere un approccio diverso: qui, infatti, è possibile notare una certa aderenza tra gli eventi poeticamente descritti e alcuni fatti accaduti oltre duemila anni fa.

Come abbiamo già mostrato in passato in un altro articolo (vedi “Il Messia e il suo asino: commento a Zaccaria 9“), il capitolo 9 di Zaccaria menziona alcuni eventi che ci suggeriscono coordinate storiche precise: la distruzione della città di Tiro (9:3-4) e di alcune città dei Filistei (9:5-7); la salvezza di Gerusalemme, che sarà invece risparmiata dalla devastazione che colpirà i popoli confinanti (9:8); una guerra tra gli Ebrei e i “figli della Grecia” (9:13).

Tutti questi avvenimenti si sono effettivamente verificati in una certa fase della storia ebraica: il periodo della dominazione ellenistica, tra il IV e il II secolo a.e.v., con la conquista del Vicino Oriente da parte di Alessandro Magno (che risparmiò però Gerusalemme), e il successivo conflitto tra il popolo ebraico e i greco-siriani (eredi di Alessandro).

È forse possibile dunque che anche gli oracoli conclusivi del libro (capitoli 12-14) facciano riferimento allo stesso periodo storico?

Zaccaria, come si è detto, preannuncia una spaventosa invasione di Gerusalemme, con la successiva vendetta divina contro i nemici e la grandiosa liberazione della città. È mai accaduto qualcosa di simile all’epoca della dominazione ellenistica?

Se non si intendono alla lettera gli sconvolgimenti cosmici descritti nel testo, l’intero brano appare come un riflesso poetico degli straordinari eventi narrati nei libri dei Maccabei: la brutale occupazione di Gerusalemme ad opera di Antioco Epifane e la vittoriosa rivolta di Giuda Maccabeo che ne scaturì. Possiamo notare infatti una serie di suggestive corrispondenze:

  • Gerusalemme devastata: secondo il profeta, la città sarà saccheggiata e conquistata da forze straniere, che esilieranno gran parte dei suoi abitanti (Zac. 14:2). In 1 Maccabei 1:31 si legge che il re Antioco “mise a sacco la città, la diede alle fiamme e distrusse le sue abitazioni e le mura intorno”. Il v. 38 riporta inoltre: “Fuggirono gli abitanti di Gerusalemme a causa loro, e la città divenne abitazione di stranieri”.

  • “Tutte le nazioni”: Secondo Zaccaria, la guerra contro Gerusalemme coinvolgerà “tutti i popoli”. I libri dei Maccabei riportano che ad appropriarsi delle spoglie della città furono molte popolazioni (1 Mac. 2:10); sappiamo inoltre che l’esercito di Antioco poteva contare su truppe giunte “dalla Siria e da paesi stranieri” (1 Mac. 3:41), e persino che egli aveva al suo servizio “gente d’ogni nazione” (2 Mac. 8:9). 

  • Guerrieri vittoriosi: Zaccaria dichiara in nome di Dio: “Farò dei capi di Giuda come un braciere acceso […]  ed essi divoreranno a destra e a sinistra tutti i popoli vicini” (Zac. 12:6). I libri dei Maccabei narrano le notevoli imprese di Giuda, non solo contro le forze di Antioco, ma anche contro le nazioni confinanti, che egli sconfisse dando alle fiamme numerose città (1 Mac. 5).

  • Intervento divino: Zaccaria afferma che “HaShem uscirà a combattere contro quelle nazioni” (14:3). Le vittorie dei Maccabei sono attribuite a Dio (1 Mac. 3:18-22; 2 Mac. 1:11-12). In 2 Mac. 11:8 si parla a questo proposito di una visione sovrannaturale a cui le truppe di Giuda assisterono, e che fu per loro una prova del sostegno divino.

  • Punizione dei nemici: Zaccaria predice che i guerrieri nemici saranno sconvolti dal panico e che cominceranno a colpirsi fra loro (14:13). In 2 Mac. 12:22 si legge: “All’apparire del primo reparto di Giuda, si diffuse tra i nemici il panico e il terrore perché si verificò contro di loro l’apparizione di colui che dall’alto tutto vede, e perciò cominciarono a fuggire precipitandosi chi da una parte chi dall’altra, cosicché spesso erano colpiti dai propri compagni e trafitti dalle punte delle loro spade”.
    Zaccaria descrive anche un’insolita piaga che colpirà gli invasori: “le loro carni imputridiranno” (14:12). Curiosamente, secondo 2 Mac. 9:9, il malvagio Antioco morì proprio a causa di una malattia che faceva decomporre la sua carne mentre egli era ancora in vita.

  • Sukkot: Nel suo oracolo, Zaccaria parla della festività di Sukkot, che sarà celebrata universalmente dopo la guerra (14:6). Pur non trattandosi in questo caso di un adempimento, è comunque interessante notare che la festa di Hanukkah, istituita per commemorare la cacciata dei greco-siriani dal Tempio, è chiamata appunto “la festa di Sukkot nel mese di Kislev” (2 Mac. 1:9).

È possibile dunque che la guerra escatologica di cui parla il Libro di Zaccaria abbia già avuto luogo al tempo dei Maccabei? Gli indizi forniti dal testo ci portano su questa strada. In fondo, come abbiamo già ricordato, e come i Saggi d’Israele insegnano, la Redenzione può materializzarsi in varie epoche e in modi alternativi, talvolta appassendo prima di realizzarsi del tutto, in attesa che sorga una generazione degna di vedere l’adempimento completo delle antiche promesse.

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