Bereshit: la Creazione del mondo

Bereshit

La Torah e i miti pagani sulla Creazione

Il racconto dei sette giorni della Creazione nella Genesi descrive il passaggio graduale da una condizione caotica a una di ordine e armonia, attraverso dieci comandi pronunciati da Elohìm (Dio, il Giudice Supremo).

Questo brano non impiega una terminologia scientifica e non mira a trasmetterci nozioni sui segreti della natura o sui meccanismi che regolano l’universo.
Il grande ebraista fiorentino Umberto Cassuto (1883 – 1951), nelle prime pagine del suo commentario, ci offre un’impeccabile spiegazione:

“Lo scopo di questa sezione della Torah è quello di insegnarci che il mondo intero e tutto ciò che esso contiene è stato creato dalla parola dell’Unico Dio, secondo la Sua volontà, senza alcuna limitazione. In questo modo la Torah si oppone alle credenze comuni tra i popoli dell’antico Oriente, in particolare fra quelli confinanti con Israele. Il linguaggio utilizzato, tuttavia, è del tutto privo di spirito di polemica o di disputa; gli aspetti controversi si possono cogliere soltanto indirettamente, attraverso le espressioni sottili e pacate della Scrittura” (U. Cassuto, A Commentary on the Book of Genesis, Vol I, cit. p. 7).

Tramite una critica implicita e silenziosa, il racconto della Creazione intende quindi sradicare le credenze idolatriche sull’origine del cosmo e presentare una visione rivoluzionaria di Dio e del mondo. Un confronto con gli antichi miti mesopotamici e cananei risulta quindi indispensabile e illuminante.

Il poema epico babilonese noto come Enuma Elish, ritrovato a Mosul (Iraq) nel 1849, narra la formazione dell’universo nei termini di una sanguinosa guerra combattuta tra la dea Tiamat, regina del mare primordiale, e i suoi discendenti divini. La lotta si conclude quando il giovane Marduk, dopo aver superato varie prove, uccide Tiamat per poi tagliare il suo cadavere in due parti e creare con esse il cielo e la terra.
Secondo i testi epici di Ugarit, le fasi iniziali della creazione del mondo furono segnate dalla rivalità di Baal con il dio Mot e dalle sue battaglie contro i temibili mostri marini.

La spiegazione di Umberto Cassuto prosegue:

“Ci furono però alcuni pensatori fra i popoli che riuscirono a formulare concetti più avanzati rispetto a quelli diffusi nel loro ambiente culturale: uomini come Amenhotep IV, il faraone che attribuiva l’intera creazione ad un solo dio (la divinità solare Aton). Eppure anche queste poche menti più elevate riuscirono a concepire il loro dio creatore solo come uno fra i tanti dei, e benché esso fosse considerato il più importante, rimaneva comunque legato alla natura o associato a uno degli elementi dell’universo fisico.
Poi arrivò la Torah, che si innalzò come il volo di un’aquila sopra tutte queste credenze. Invece di tante divinità, essa proclamava infatti l’esistenza di un Unico Dio, privo di origini e di genealogie. Al posto delle guerre e degli scontri fra divinità, la Torah pone una sola Volontà che regna sovrana e incontrastata su ogni cosa. Per la prima volta, il Creatore non è identificato con l’universo o con una sua parte, ma è ritenuto superiore alla natura e separato da essa. Il sole, gli astri e tutti gli altri elementi del cosmo, grandemente esaltati nei racconti degli altri popoli, sono visti soltanto come creazioni dell’Unico Dio”.

Tra la Torah e i poemi epici precedenti possiamo individuare anche un’altra importante differenza. I miti antichi avevano spesso la funzione di legittimare il potere politico: Marduk, l’eroe del poema Enuma Elish, è il dio nazionale di Babilonia, città che, secondo il medesimo testo epico, sarebbe stata costruita proprio dalle divinità. Similmente, secondo il mito di Eridu, furono le divinità a fondare la nazione sumera subito dopo la creazione del mondo. Nei primi undici capitoli della Genesi, al contrario, il racconto ha un carattere chiaramente universale. La Terra d’Israele non è mai menzionata, e il popolo ebraico non compare. Il patriarca Abramo, padre degli Ebrei, entrerà sulla scena soltanto dopo che la Genesi avrà descritto l’origine delle antiche nazioni.

Il numero sette

Il racconto della Creazione è costruito secondo un sistema armonioso di corrispondenze numeriche. In questa struttura, il numero sette appare fondamentale sia nel tema principale che nei suoi dettagli testuali. Si tratta infatti di un numero che gli Israeliti e molti altri popoli dell’antichità associavano all’idea di completezza e all’instaurazione dell’ordine nella natura. Seguendo l’antica simbologia numerica, l’opera del Creatore viene quindi distribuita in sette giorni per evidenziare l’assoluta perfezione e il carattere impeccabile dell’ordine universale.

Nel racconto della Creazione, l’importanza attribuita al numero sette e ai suoi multipli è dimostrata anche dal fatto che essi compaiano continuamente all’interno del testo:

  • Il primo verso è formato da sette parole (Bereshit barà Elohim et HaShamayim veet Haaretz).
  • Dopo il primo verso, che serve da introduzione, il racconto appare diviso in sette paragrafi (uno per ciascun giorno della Creazione), separati dalla frase “E fu sera e fu mattina…” .
  • Il nome Divino Elohim compare trentacinque volte (7×5). I termini Shamayim (cielo) e Haaretz (terra) compaiono entrambi ventuno volte (7×3). Dio, il cielo e la terra sono i tre componenti principali del racconto.
  • La frase “E Dio disse…” (Vayomer Elohim) ricorre sette volte in riferimento al mondo della natura, e tre volte in relazione all’umanità.
  • La parola “acqua” (mayim) compare sette volte nel secondo e nel terzo paragrafo, quelli in cui viene descritta la divisione delle acque e la creazione dei mari.
  • La parola “buono” (tov) ricorre sette volte.
  • Il secondo verso è formato da quattordici parole (7×2).
  • Il settimo paragrafo, dedicato al settimo giorno, è formato da trentacinque parole (7×5), e comprende al suo interno tre frasi consecutive che contengono l’espressione “settimo giorno”; ciascuna di queste tre frasi è formata da sette parole.
  • L’espressione “secondo la loro specie” è usata sette volte in riferimento al mondo animale, e tre volte in riferimento ai vegetali.

La struttura

La cronologia della Creazione riportata nella Genesi è spesso divenuta oggetto di critiche basate su osservazioni razionali e scientifiche, in quanto in essa è possibile riscontrare alcune apparenti illogicità: fra queste ricordiamo in particolare l’esistenza del giorno e della notte prima della creazione dei corpi celesti, e il fatto che la comparsa delle piante sulla superficie terrestre preceda la creazione del sole.

Tali critiche, tuttavia, non prendono in considerazione il carattere letterario e teologico del racconto della Genesi, un racconto che non si presenta di certo come un resoconto di carattere scientifico. Quella dei sette giorni della Creazione è infatti una narrazione concettuale che si sviluppa seguendo uno schema basato su un sistema di parallelismi facilmente individuabili:

Prima triade Seconda triade
1 – La luce 4 – I luminari
2 – Il mare e il cielo 5 – Le creature marine e i volatili
3 – La terra asciutta e la vegetazione 6 – Gli animali terrestri e l’uomo

Il lavoro iniziato nei primi tre giorni viene completato nella triade successiva. Alla creazione della luce e alla separazione del giorno dalla notte (primo giorno) corrisponde la costituzione del sole e della luna come segni distintivi di tale separazione (quarto giorno). L’aria e l’acqua, i due spazi creati nel secondo giorno, vengono popolati nel quinto giorno dagli uccelli e dalle creature marine. Allo stesso modo, le terre emerse compaiono nel terzo giorno, e vengono poi popolate dai loro abitanti animali e umani nel sesto giorno. Soltanto lo Shabbat, il settimo giorno, non ha alcuna corrispondenza, poiché segna il completamento dell’opera divina e la sua consacrazione.

Vuoi approfondire l’argomento?
Per un’analisi completa del racconto della Creazione consulta il nostro libro La tua voce ho udito – Viaggio nel Libro della Genesi, disponibile su Amazon.

Libro

Lascia un commento